Autore: Redazione
03/03/2017

Certamente 2017, come sfruttare le neuroscienze a servizio del marketing

L’incontro organizzato da Neuromarketing in Italia coniuga la divulgazione delle ultime ricerche neuroscientifiche e la presentazione di case history internazionali e italiane, per dimostrarne gli effetti positivi sul business

Certamente 2017, come sfruttare le neuroscienze a servizio del marketing

L’edizione di Certamente 2017, il primo e unico evento italiano con lo scopo di portare il mondo accademico nelle applicazioni reali del business, indaga anche quest’anno come il nostro corpo e le nostre emozioni possano essere studiate dalle neuroscienze e utilizzate per apportare benefici ad ambiti come il marketing e la comunicazione. L’evento, si è aperto con una tavola rotonda da titolo: “Misurare ed interpretare l’attività cardiaca durante stimoli di consumo”. Un ricco panel di relatori ha chiarito come lo studio approfondito di alcune dinamiche sensoriali possa offrire validi spunti di ricerca e di applicazione nelle strategie dei brand per ingaggiare i consumatori. Le prospettive del marketing management sulle neurometriche Alberto Mattiacci, Presidente Società Italiana Marketing e Marketing Professor Università La Sapienza Roma, ha delineato una breve storia del marketing per aiutare il pubblico a comprendere il suo paradigma fondamentale, la centralità del cliente, e ragionare sulla sofisticazione di questo settore che lo ha portato oggi ad assumere svariate forme e sfaccettature che partono dal marketing management e si sviluppano tramite implicazioni come il consumer behavior, la digital transformation e così via. “Il marketing si presenta ancora oggi come un’idea antica, il commercio, sofisticata da una serie di ricerche e scoperte che lo hanno portato a questa sua grande frammentazione e ad assumere diverse forme, basti pensare a quante applicazioni possibili esistono, dallo strategic marketing al creative marketing fino a comprendere il neuromarketing e così via”, spiega il relatore. Il paradigma centrale del marketing è sempre il cliente, le prime applicazioni di questa disciplina sono iniziate con il fine di convincerlo, passando poi per il tentativo di capirlo e infine, come accade oggi, di ingaggiarlo. Non si parla di qualcosa di nuovo, già negli anni 70 ci furono i primi tentativi avveniristici di applicazione ma oggi ha raggiunto il massimo della sua affinazione, soprattutto grazie al supporto di elementi come i big data, che permettono alle imprese una conoscenza sempre più robusta e oggettiva dei comportamenti, dei desideri e delle esigenze dei consumatori. Le neuroscienze, possono addirittura misurare l’attività cerebrale per raffinare ulteriormente la conoscenza dell’evoluzione di queste ultime, soprattutto nell’ambito della digital experience dove ormai ogni prassi commerciale deve rientrare. Ciò, tuttavia, apre una discussione sul piano etico, poiché per entrare in ambiti così intimi della persona sono necessarie leggi ad hoc che purtroppo si muovono molto più lentamente del progresso e delle idee. Algoritmi e modelli matematici rivelano stati emozionali Riccardo Barbieri, Bioengineering Professor Politecnico di Milano, ha spiegato come il cuore possa essere realmente una finestra per misurare le emozioni, precisamente tramite la misurazione della frequenza cardiaca, ossia il numero di battiti del cuore in un certo lasso di tempo. Il battito del cuore non è metronomico, ma varia nel tempo con battiti più veloci o più lenti e l’analisi di queste variazioni può essere utile in quanto sono controllate dal cervello e sono collegabili a determinati stati di attenzione, emozione, allerta. Ci sono tecnologie come l’elettrocardiogramma che, in modo assolutamente non invasivo, consentono di digitalizzare questo tipo di variabili per poi estrapolarne delle informazioni utili all’osservatore per stabilire il loro significato. Si tratta d’informazioni visibili in modo quantitativo che possono essere processate in maniera avanzata e, se inserite in un algoritmo, restituire dati precisi sullo stato delle emozioni del soggetto. Un progetto a questo proposito è stato avviato dal Politecnico di Milano con la collaborazione dell’Università dell’Essex e quella di Pisa. Gli studiosi stanno cercando di quantificare le emozioni in modo bidimensionale per categorie e processarle in modo tale da fargli assumere la valenza di indici del dato emozionale. Quindi, l’algoritmo ha come input il battito cardiaco e come output restituisce la classificazione dello stato emozionale in base alla categorizzazione iniziale. Il prossimo step è affinare ulteriormente la capacità di stima delle emozioni, andando oltre quelle di base come felicità e tristezza. Il battito cardiaco non è l’unico indice per ottenere informazioni, ad esempio, anche i segnali pupillari, ossia la reazione degli occhi, sono altrettanto collegati al sistema cerebrale e rappresentano allo stesso modo una finestra sulle emozioni di un soggetto. Una ricerca del Politecnico e dello IULM ha proprio come oggetto l’applicazione delle informazioni estrapolate dall’analisi del segnale pupillare, che al momento viene rilevato tramite una telecamera, e su come esso rifletta attività autonome del cervello umano. I test vengono effettuati tramite degli stimoli di consumo, mostrando, ad esempio, immagini che inducano delle emozioni come la calma o lo stress, ma anche immagini di prodotti, spot e una serie di stimoli che abbiano una qualche valenza per un utilizzo nel marketing. Le scelte dei consumatori attraverso l’elettroencefalografia Doriana de Marco, Researcher, Istituto di Neuroscienze - CNR, è scesa nel merito degli strumenti a disposizione di chi volesse misurare determinati segnali del corpo. Uno di questi è l’elettroencefalografia, o EEG, che misura i segnali emessi dal cervello e in tempi talmente brevi da poter essere considerati quasi in real time. Si tratta dei processi cognitivi del cervello ed è stato scoperto che queste attività possono essere rivelatrici anche delle emozioni. Già da anni queste onde sono utilizzate per studiare i possibili atteggiamenti di acquisto dei consumatori che pare abbiano una reazione particolare, proprio a livello di onde cerebrali, che possono rivelare che tipo di modalità di acquisto, scelta di prodotto e così via un consumatore è maggiormente orientato a compiere. Emotiv evoc+, si chiama così l’oggetto realizzato proprio per delle EEG mirate a questo tipo di misurazioni e utilizzabile anche fuori dal contesto sanitario, in quanto più economico, facile da utilizzare e pensato proprio per questa performance metric in risposta a comportamenti di consumo. Si tratta di una sorta di caschetto dotato di elettrodi e può misurare, ad esempio, il grado d’interesse o avversione verso uno stimolo o un compito. Parametro che è stato dimostrato essere piuttosto responsive. Questo già evidenzia l’utilità potenziale del metodo nell’ambito del marketing. Lo studio sul metodo è attualmente in corso e in fase di test nonostante molti esperimenti siano già stati applicati con un buon grado di successo. I parametri misurati sulle reazioni di un soggetto, possono essere poi confrontati con i parametri di giudizio standard realizzati in base al contesto di interesse (target, età, luogo di provenienza ecc). Il sistema Emotiv evoc può, dunque, contribuire alla rilevazione di stime sul grado di piacevolezza e acquistabilità di un prodotto in alcuni casi specifici. Ovviamente vi sono ancora delle criticità che gli studiosi stanno cercando affinare ad esempio cercando di definire pattern di variazioni comuni legati ad alti o bassi livelli di gradimento (desiderability, intention to buy e altri) in modo tale da inserirli in un algoritmo in grado di stimare in tempo reale la probabilità di risposta del target e possibilmente integrarlo anche ad altri sistemi di misurazione. Un campo di applicazione possibile potrebbe essere quello delle ricerche di mercato, che si basano sul dichiarato verbale e che potrebbero godere di un valore aggiunto basato sugli stimoli involontari. Il ruolo della componente tattile nella valutazione di prodotto e della strategia di vendita Il tatto è una modalità sensoriale spesso sottovalutata soprattutto in ambiti come il marketing e il retail. Tuttavia, “le valutazioni tattili sono piuttosto importanti per determinare le strategie da applicare a tali comparti, non meno delle componenti visive che veicola un prodotto”, spiega Alberto Gallace, Psychobiology Professor Università di Milano Bicocca. Basti pensare, ad esempio, alla sensazione che si prova all’interno di una nuova automobile, il tocco del volante o la comodità del sedile che sono tutti indici d’induzione all’acquisto e d’influenza nella valutazione del prodotto stesso. Le caratteristiche tattili, ad esempio, sono fondamentali nell’ambito del product design, dove la texture o l’ergonomia di un prodotto possono determinare la sua vendibilità. I prodotti Apple che hanno un design particolarmente ricercato sono pensati anche per soddisfare al tocco. Il cervello avverte un contatto molto più intimo con un oggetto a livello tattile rispetto ad altri sensi. La sfida del marketing è determinare le caratteristiche di forma e superficie che veicolino determinate sensazioni positive, durevolezza, bellezza, piacevolezza, aspettativa di durata, facilità di utilizzo, percezione del possibile costo e così via. Anche l’ambiente dove un prodotto viene inserito deve essere studiato in quanto, essendo  multisensoriale, può determinare un comportamento d’acquisto. Quest’ultimo è quasi sempre involontario, ma attivato a livello emozionale. Lo studio di Gallace ha rilevato che l’aspetto tattile ha un potere di attivazione sensoriale più potente della vista, in particolar modo per le donne. La risposta edonica a stimoli tattili può, dunque, fornire informazioni importanti per le strategie di marketing e sviluppo prodotti ma perché risulti efficace è essenziale un rigore metodologico costante e una base scientifica seria per un applicazione efficace di questo campo delle neuroscienze. Multimetodica neuroscientifica (EEG, biofeedback, rilevazioni pupillari e così via) Michela Balconi, Cognitive Neuroscience and Neuropsychologist Professor Università Cattolica del Sacro Cuore, tornando sul tema degli strumenti, ha spiegato anche come neuromarketing e consumer neuroscience possano aiutare a cogliere alcuni aspetti del comportamento umano tramite l’uso di determinate metodiche che consentano di confrontare dei dati oggettivi con quelli soggettivi rilevati dai vari strumenti tecnologici disponibili. I comportamenti di acquisto non avvengono in un vuoto sociale ma si attivano anche in un contesto collettivo e interattivo che deve essere preso in considerazione nello studio behavioral. Un altro confronto importante è quello tra processi involontari e automatici che sono ad esempio quelli studiati tramite il battito cardiaco o la pupilla e sfuggono alla consapevolezza e alla coscienza. Proprio per questa loro caratteristica offrono informazioni molto più interessanti di quelle studiate dai processi consapevoli che sono deliberati, spesso seriali e influenzati dalla coscienza del soggetto. Entrambi questi processi sono presenti nel momento della scelta di un prodotto e del suo acquisto e le neuroscienze sono fondamentali per spiegare proprio quei fenomeni e processi di natura inconsapevole che entrano inevitabilmente in gioco nei processi di decision making. Gli studi neurologici si stanno muovendo verso la possibilità di studiare i comportamenti in un contesto interattivo tra più cervelli, in quanto la connessione sociale influenza gli stimoli e soprattutto in segmenti come l’adv e il commercio è importante anche capire il sentimento collettivo che determinate strategie possono scatenare. La parola d’ordine è “analisi interdisciplinare” John Whamaker diceva: “Metà degli investimenti in pubblicità è sprecato, il problema è che non so quale metà”. Dare importanza alla misurazione può essere un buon punto di partenza per capire come ottimizzare questi ma anche altri investimenti. Per riuscirci bisogna imparare a integrare gli strumenti a disposizione, alcuni di questi elencati durante il convegno e molti altri in fase di sperimentazione, perché aiutino a comprendere la valenza positiva o negativa di una variazione emozionale. Si tratta di un’elaborazione di dati molto complessi con innumerevoli indicatori di rilevazione disponibili, che presuppongono una conoscenza approfondita della struttura cerebrale e necessitano di basi scientifiche solide per essere interpretati e misurati. Lo ha sottolineato Vincenzo Russo, Consumer behaviour and Neuromarketing Professor IULM University, citando anche un progetto commissionato da Unicef per valutare l’efficacia di alcuni dei suoi spot televisivi. Prendendo in esame ad esempio l’eye tracking, le espressioni facciali e così via studiate per singolo fotogramma è stato possibile determinare il valore di ogni singolo momento delle pubblicità esaminate. “I dati biometrici da soli però sono insufficienti e solo con l’interconnessione di altre expertise come psicologia, tecniche di marketing, semiotica ossia una capacità di analisi interdisciplinare del dato, si possono ottenere risultati di successo”, ha concluso Russo. <