Autore: Redazione
03/10/2017

Il Vp International di SpotX, Alex Merwin, illustra le alternative ai walled garden

Il VP International della società affronta la tematica raccontando l’esperieza del Consorzio DigiTrust, nato con l’obiettivo di favorire l’esperienza dei consumatori

Il Vp International di SpotX, Alex Merwin, illustra le alternative ai walled garden

Articolo a cura di Alex Merwin, Vp International di SpotX

Molte delle discussioni relative ai “walled garden” - i giganti del web che hanno il potere di associare le identità dei consumatori su diversi dispositivi – sono spinte da un atteggiamento di ostilità nei loro confronti. Certamente queste potenze digital, che raccolgono circa la metà di tutta la spesa pubblicitaria digitale, hanno interesse a mantenere il controllo dei dati della propria audience e dei conseguenti budget che riescano ad attirare.

Tuttavia, per gli sviluppatori di app, gli editori di siti web, le società di broadcasting e gli altri player digital media, i wall creano un ambiente dove le opportunità di inserzioni premium in contenuti ugualmente premium (a cui si affidano Facebook, Google e altre potenze di tale calibro per il loro pubblico, ma senza crearle) faticano a competere. Questa situazione è stata oggetto di approfondite discussioni nel settore, ma finora è stato fatto ben poco per trovare una soluzione.

Prendiamo ad esempio la televisione, che vede un sempre più crescente consumo on demand attraverso un qualsiasi dispositivo connesso a internet. Queste opportunità di inserzioni al di fuori dei wall garden consentono ai marketer di raggiungere i consumatori in situazioni di relax con annunci video targetizzati, immersivi e coinvolgenti. Ma, con la presenza dei wall, il targeting basato sulla audience risulta costoso, poco pratico e poco coerente.

Avrai probabilmente sentito parlare di DigiTrust, un consorzio non-profit costituito da piattaforme tecnologiche di marketing online e da editori digitali che supportano un ID utente standardizzato. L’obiettivo del consorzio è quello di creare un identificatore a livello di settore in modo che editori e walled garden possano avere le stesse opportunità.

Perché l’identità è importante

Il targeting basato su audience senza identità derivata dall’ID degli utenti è solo run-of-network (RON). I nostri profili demografici, sociografici e psicografici creano valore per gli editori che sono in grado di attirarli e per gli inserzionisti che pagano il giusto per riuscire ad entrare in contatto con loro.

Naturalmente le nostre identità sono anonimizzate e aggregate per proteggere la privacy personale. Il livello di riservatezza dipende dai servizi digitali che utilizziamo e dal paese in cui viviamo.

I walled garden sono maestri nella gestione dell’identità. Il loro rapporto diretto con il consumatore genera un database di identità deterministiche. Sono in grado di aggregare e anonimizzare pur mantenendo la profilatura. Riescono a ricondurre ogni esposizione ed azione media direttamente ai singoli individui attraverso i firewall che ne proteggono la privacy.

Poiché forniscono piattaforme multimediali digitali full stack che collegano gli investimenti dei brand al pubblico, riescono a mantenere le identità deterministiche in tutto il processo. Le piattaforme indipendenti dipendono dalle integrazioni dei “cookie di sincronizzazione” per riuscire ad ottenere lo stesso obiettivo, il che ne limita inevitabilmente la portata. Considerando questa situazione, non sorprende che oltre la metà di tutta la spesa pubblicitaria digitale passi attraverso i walled garden e che se ne preveda una continua crescita tra il 2016 e il 2018. (eMarketer, settembre 2016).

Perché lasciare il garden?

Se sono un brand, perché dovrebbe interessarmi se Facebook, Google, Twitter e gli altri giganti tecnologici americani assorbono tutto il mio investimento nei media digitali?

Il dipendere esclusivamente da questi player crea una posizione difficile nella negoziazione delle tariffe. Con la crescente ingerenza del reparto acquisti nelle spese di marketing, la promessa della pubblicità digitale di assumersi maggiori responsabilità attira sicuramente l’attenzione dei dirigenti delle aziende. I CMO sono soggetti alla pressione costante di ottenere di più pur riducendo i costi. Le funzionalità di marketing personal-based di Facebook consentono proprio ciò. Tuttavia, se sono dipendente da queste e non riesco a trovare altre soluzioni da nessun’altra parte, non sono in grado di negoziare tariffe migliori sui media. Inoltre, tutta la mia strategia pubblicitaria potrebbe rischiare di essere stravolta se il walled garden con cui opero decide di cambiare un algoritmo all’interno della propria piattaforma.

Infine, se è vero che gli strumenti di reportistica funzionano benissimo all’interno di questi walled garden, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la capacità di reporting attraverso i vari walled garden. I nostri clienti non consumano media solo su Facebook. Con la presenza di queste barriere, la visibilità attraverso i diversi garden risulta costosa, poco pratica e poco coerente. È necessaria una strategia per una visione olistica del consumatore attraverso i diversi walled garden e all’esterno degli stessi.

L’aspetto più critico è il tempo in cui i nostri consumatori non si trovano affatto all’interno dei walled garden. I consumatori, ad esempio, possono attingere a contenuti televisivi on demand attraverso un dispositivo connesso a internet. Ciò crea un’opportunità senza precedenti per i distributori per raggiungere i consumatori con una pubblicità video affidabile, immersiva e coinvolgente in ambienti senza barriere.

Pensate che i proprietari dei contenuti premium che attraggono questo pubblico si affideranno ai wall garden che da anni sminuiscono la pubblicità tv?

DigiTrust e la strada da seguire

Fondamentalmente, è necessario separare la tecnologia di gestione dell’identità dai media erogati al pubblico che derivano da tale tecnologia. Nell’ecosistema delle app mobili, questo si è già verificato con la creazione e l’adozione dell’ID per gli inserzionisti (IDFA). L’IDFA fornisce un modo di gestire l’identità all’interno e attraverso i walled garden per tutte le inserzioni mobili in-app. Abbiamo bisogno di un’IDFA anche per il web.

DigiTrust è un consorzio di settore senza scopo di lucro costituito da piattaforme tecnologiche di marketing online e da editori digitali che supportano un ID utente standardizzato, al fine di migliorare l’esperienza online del consumatore e fornire una soluzione per gli inserzionisti che consenta loro di collegarsi in modo più efficace con il pubblico in rete, al di fuori degli ecosistemi dei “walled garden”.

Come membro del consorzio DigiTrust, SpotX riconosce che la creazione di un ID utente per l’intero settore possa consentire alle piattaforme indipendenti di offrire funzionalità di gestione delle identità simili a quelle dei “walled garden”. Ciò comporta tempi di caricamento ridotti, una migliore esperienza per l’utente, una maggiore resa per l’editore e una maggiore scelta per gli inserzionisti a livello globale. In questo modo, la perdita di portata e di miliardi di ad call derivanti dal processo di sincronizzazione dei cookie che si verificano al giorno d’oggi saranno un problema superato.