Autore: Redazione
28/09/2017

Open Influence: fake influencer, è tutta colpa nostra!

Nei mesi passati i media hanno spesso parlato del fenomeno dei  finti influencer, ne parliamo con Karim De Martino di Open Influence in questo nuovo numero della rubrica dedicata all’Influencer Marketing

Open Influence: fake influencer, è tutta colpa nostra!

di  Karim De Martino    Karim@openinfluence.com

Influencer che comprano follower! Influencer che comprano like! Brand che pagano influencer che comprano follower! Brand che gioiscono di like comprati dagli influencer. Questo lo scenario descritto qualche settimana fa da una serie di articoli internazionali che svelavano un meccanismo banale quanto efficace: influencer che acquistano follower, raggiungono un certo livello e quindi iniziano a collaborare con le aziende attraverso piattaforme di micro-influencer o contattando direttamente i dipartimenti PR dei brand. Non serve dire che questo non è influencer marketing, ma una truffa, alla pari dei clickbait o dei siti che gonfiano il proprio traffico acquistando click. Fortunatamente il mercato sta andando nella direzione della trasparenza e pulizia, ma procediamo con ordine.

Come nascono i falsi influencer

Ognuno su Instagram sogna di diventare Chiara Ferragni. Utenti  con poche migliaia di follower iniziano a pubblicizzare marchi noti ed ecco che nascono delle soluzioni veloci per acquisire follower: siti internet che aggiungono in una notte 10.000 seguaci BOT (profili gestiti da computer che simulano interazioni), oppure piattaforme che generano “follower per follower” o “like per like” (ogni 5 like messi a utenti a caso, se ne riceve 1 in ritorno). L’aspirante influencer sceglie la strada breve: in tre giorni arriva ad avere 20.000 follower spendendo poco più di 200 euro e poi si iscrive ad una piattaforma che considera questi 20.000 BOT (o se va bene utenti sparsi per l’Asia) alla stregua di un’audience qualificata e vendibile ai brand. Il nostro influencer inizia quindi a postare per il famoso marchio di beauty o a promuovere il nuovo smartphone ed ecco che altre aziende iniziano a contattarlo perché “se lavora con i nostri competitor dobbiamo assolutamente collaborarci anche noi”.

È davvero colpa nostra?

Sì, è decisamente colpa nostra fintanto che non facciamo un giro su Social Blade (tool gratuito) per controllare se quei 20.000 follower sono arrivati tutti in una notte. Ed è colpa nostra se anche sapendo che i follower sono finti vogliamo lavorare con quell’influencer perché “ha delle belle foto”. Come dire che se uno ci ruba la macchina, ma è vestito bene, chiudiamo un occhio! Se quindi avete fatto una campagna con influencer, guardando solo alla reach e cercando di spendere il meno possibile, non lamentatevi se non avete avuto ritorni: se gli ingredienti sono avariati, la ricetta non viene come ci saremmo aspettati!

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“Social Blade mostra la crescita nel tempo dei follower: i gradini indicano spesso attività sospette di acquisto follower”
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In Russia il fenomeno dei fake follower è così diffuso che è possibile acquistare pacchetti di seguaci e like da macchinette nei centri commerciali
Come difenderci?

Per prima cosa niente panico: parliamo di una piccola percentuale di influencer e soprattutto chiunque abbia un minimo di tempo (e voglia) da dedicare alla verifica dei profili vede immediatamente quando i follower sono veri. Il fenomeno non è così diffuso da danneggiare il mercato e per ogni influencer “tarocco” ce ne sono centinaia validi. Secondo: i social network stessi stanno arginando questi fenomeni mettendo a disposizione semplici tool a brand e agenzie. In parallelo questi colossi stanno facendo una guerra contro tutte le società che promettono di "pompare" gli account, facendo periodica pulizia di BOT. Infine ci sono agenzie specializzate come Open Influence che hanno una politica di tolleranza zero verso chi compra i follower, da verifiche periodiche dei profili a contratti che impongono agli influencer onestà e trasparenza per lavorare con i nostri clienti.

Tre metodi veloci per capire se l’influencer è un fake

1. Diffidate di livelli di engagement troppo bassi (i follower sono bot e non mettono like) o troppo alti (l’influencer si è fatto prendere la mano e ha il 10% di engagement). Un buon engagement su Instagram va da 1% a 3%, solo gli youtuber arrivano al 5-6%.

2. Guardate 10 profili di utenti che seguono l’influencer e mettono like. Se sono profili “vuoti”, senza foto, che nessuno segue, ma che seguono 5.000 persone, allora sono BOT.

3. Usate Social Blade, vi permette di vedere la curva di crescita dell’influencer nel tempo. Se ci sono dei “gradini” corrispondono ad “acquisti di influencer”.