Autore: Redazione
14/04/2017

Audiweb: ma il J.I.C. è ancora attuale?

Dopo quasi due anni la selezione del partner per le rilevazioni sembra volgere al termine. Ma il beauty contest più lungo a memoria di mercato fa sorgere alcune riflessioni sull’attualità di un sistema collegiale che mostra qualche inefficienza nell’adeguarsi all’evoluzione tecnologica

Audiweb: ma il J.I.C. è ancora attuale?

Alla fine, forse, ce l’abbiamo quasi fatta: il beauty contest indetto da Audiweb per l’individuazione dei partner commerciali con cui realizzare il programma di sviluppo “Audiweb 2.0 per l’assegnazione dei servizi di rilevazione alla base della striscia di pianificazione, è finalmente giunto al termine. E fra i tre fornitori rimasti in gara, ovvero Gfk, comScore e Nielsen, ad aggiudicarselo è stata quest’ultima. Forse. Quasi. Perché a dire il vero, a essersi conclusa è soltanto la terza fase del beauty contest, quella relativa alla scelta dei partecipanti. Selezionato, dunque, il fornitore della tecnologia di ricerca per i prossimi anni (il beauty contest non chiarisce l’effettiva durata dell’affidamento), vale a dire Nielsen, ora ai due interlocutori non resta che sedersi al tavolo e “negoziare” il contratto di fornitura vero e proprio.

Occorrerà, quindi, ancora un po’ di pazienza per vedere il mercato italiano dotato di una metodologia di analisi delle audience online che risulti moderna, efficiente, adeguata alle esigenze di operatori e clienti. La stessa pazienza che tutti - operatori, clienti, istituzioni (e mezzi di informazione) - stanno avendo ormai dal lontano 27 maggio del 2015, giorno in cui il beauty contest fu ufficialmente indetto. Quasi due anni impiegati per attuare “una scelta all’insegna della piena continuità”, come ha elegantemente commentato il responsabile di una delle due società “sconfitte”, interpellato da DailyNet dopo la recente notizia dell’assegnazione. Un tempo che più di un operatore ha giudicato, nel corso dei mesi passati, eccessivamente lungo, soprattutto considerando l’accelerazione tecnologica che l’introduzione delle modalità programmatic sta comportando. Troppo lungo, di certo, per non rilevare criticità, da parte di molti osservatori, sull’efficacia dei processi decisionali di Audiweb ed eccessivamente riservata, dal nostro punto di vista di editori specializzati, soprattutto per una società privata che ha tra i suoi primi obiettivi quella di essere “super partes”, come recita la mission di Auditel (ma non di Audiweb).

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Marco Muraglia, Presidente di Audiweb

Così la cronaca

La notizia dell’avvenuta scelta del partner, in effetti, non è stata diramata da Audiweb ma anticipata mercoledì 12 aprile dal Corriere della Sera, nonostante la lettera di intenti sia stata firmata, secondo quanto dichiara la società sul proprio sito, il precedente 5 aprile e, appunto, pubblicata online il 10. E mai comunicata agli organi di stampa. Una prassi inusuale, motivata da Audiweb con l’esigenza di avvertire in prima istanza, e in forma scritta, tutti gli interessati diretti: partecipanti al contest e decisori del comitato scientifico. Evidentemente il mercato non è stato considerato come un portatore di interessi sufficientemente qualificati da essere informato tempestivamente, o magari anche dopo una settimana dall’avvenuta decisione. Sia chiaro: Audiweb è un soggetto privato e, come tale, è libero di assegnare le proprie commesse per la fornitura di beni o servizi a qualunque fornitore. E per la stessa ragione, non è tenuto ad alcuna trasparenza né sulle modalità di svolgimento né sull’esito di un’eventuale gara. Basta questo per sgomberare il campo da ogni eventuale polemica sull’esito della gara che, peraltro, neppure è una gara vera e propria, quanto un beauty contest. Le due aziende sconfitte, almeno per il momento, non hanno rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale, tantomeno polemica.

Un contest da record

Tuttavia, alla luce di uno dei più lunghi beauty contest che il mercato ricordi, vale forse la pena riflettere se il modello organizzativo del J.I.C. (Joint Industree Commitee) sia ancora, dopo così tanti anni e incredibili cambiamenti, come recita sempre il sito di Auditel, “il più evoluto a livello internazionale”. E soprattutto se sia ancora in grado di fornire le risposte più efficienti in termini di costi, flessibilità e capacità di adeguamento alle trasformazioni tecnologiche. Il J.I.C., come noto, è un organismo che riunisce tutte le componenti del mercato: aziende che investono in pubblicità, agenzie, centri media e, ovviamente, le aziende editoriali, tutte rappresentate dalle associazioni di riferimento che partecipano il suo capitale sociale. Quindi, si tratta a tutti gli effetti di una società privata, dove la garanzia di indipendenza è garantita dagli equilibri interni, amministrativi e organizzativi, attraverso una formula di controllo e responsabilità reciproci. La contemporanea presenza tra gli azionisti di tutti gli attori della filiera - in particolare domanda e offerta - garantisce, secondo il J.I.C., l’imparzialità della società nei confronti del mercato. Una scelta che appare dettata dal buon senso e che, almeno nel nostro Paese, sembra essere riuscita nell’intento di fornire una striscia di pianificazione e una metodologia trasparente ed equilibrata.

Dall’equidistanza all’inefficienza?

Ma una tale collegialità, nata per garantire equidistanza tra le parti, nel momento dell’applicazione agli aspetti più operativi, rischia di tradursi, inevitabilmente, in una possibile fonte di inefficienza o, quantomeno, di lentezza decisionale, considerando anche che le scelte e le istanze “tecniche” vengono discusse in sede Audiweb all’interno di appositi tavoli di lavoro, divisi per competenza, che coinvolgono ulteriori portatori di interessi. Il risultato è che tra incontri, prese di visione, eccezioni e verifiche, per rinnovare la tecnologia di rilevazione delle audience possono essere impiegati anche più di due anni. Un periodo che - come sa bene chi opera nel marketing digitale -, corrisponde a un intero ciclo industriale nei settori manifatturieri. E che, altrettanto inevitabilmente, fa presumere che la tecnologia alla base di Audiweb, una volta messa a regime nel nuovo nastro di pianificazione, rischia davvero di risultare subito “vecchia”. In realtà, un J.I.C. che realizzi (o controlli) le misurazioni della pubblicità, a ben vedere esiste, nel mondo, soltanto in tredici Paesi: Finlandia, Spagna, Francia, Germania, Romania, Norvegia, Austria, Svizzera, Olanda, Ucraina e Belgio, oltre al Sudafrica. E ovviamente, tutti nascono, come nel nostro Paese, per misurare la televisione. In qualche caso al J.I.C. “televisivo” si è affiancato quello digitale, in altri è stata ampliata la ricerca di base iniziale.

La maggior parte di loro è costituita in forma di società di diritto privato non profit. Dunque, oltre alle tredici nazioni citate, non se ne trova traccia nel resto del mondo, in particolare nei due maggiori mercati mondiali per dimensioni e dinamismo, vale a dire quello statunitense e quello anglosassone. Infatti, entrambi hanno optato per assegnare direttamente al mercato sia la parte di rilevazione delle audience sia quella relativa al controllo: le stesse rilevazioni vengono svolte da società private con capitale non partecipato da alcun membro della filiera, e queste ultime vengono controllate nella loro efficacia ed efficienza tecnologica direttamente dal mercato, vale a dire da clienti e competitor. In altre parole, se il fornitore delle misurazioni non fornisce un servizio all’altezza delle aspettative dal punto di vista della qualità delle metodologie e dei risultati, è il mercato stesso che tende a “espellerlo” dal proprio organismo, un po’ come accade per le definizioni di Wikipedia, controllate dagli stessi utenti che ne fruiscono. Va da sé che il mercato, o la singola azienda (e parliamo di autentici colossi della ricerca), sono decisamente più rapidi ad adattarsi ai cambiamenti tecnologici rispetto a una società con una governance troppo distribuita per ragioni di controllo, che ricorre a un fornitore esterno. D’altro canto, non sono stati registrati, almeno fino a oggi, casi di conflitti societari generati dalla mancanza di un player “terzo”.