Autore: Redazione
25/05/2017

AOL, Anita Caras: «Le emozioni funzionano, ora bisogna portarle nel programmatic»

L’intervista ad Anita, all’head of International Research and Consumer Insights della compagnia, durante la prima giornata dello IAB Interact dove emerge l’importanza della differenziazione dei dati funzionali per intercettare le motivazioni che spingono l’audience a usufruire di un preciso contenuto

AOL, Anita Caras: «Le emozioni funzionano, ora bisogna portarle nel programmatic»

Quando si pensa ai dati, al programmatic, agli algoritmi, vengono in mente la complessità dei processi, l’automazione, i numeri. Tutti elementi che appaiono disumanizzati e lontani dalla caratteristica fondante dell’ecosistema digital: l’engagement dei consumatori. Quello di cui ancora non si parla molto è la possibilità di “differenziazione” dei dati a disposizione, dell’opportunità, ormai concreta, di sposare il programmatic con la creatività e utilizzarlo per indirizzare i marketer nell’allineamento del loro messaggio con le aspettative dei consumatori. Anita Caras, Head of International Research and Consumer Insights di AOL, una dei protagonisti dello IAB Interact 2017, ha affrontato alcuni dei temi più discussi dalla industry proprio dal punto di vista della “differenziazione” da un lato dei dati e degli algoritmi a beneficio della creatività e, dall’altro, dei talenti, di cui la stessa industry ha infinitamente bisogno. I dati sono diventati una valuta essenziale nella pubblicità digitale - ma il modo in cui sono utilizzati ha sempre senso a livello commerciale? Il targeting più ristretto è sempre il migliore? Lo abbiamo chiesto ad Anita Caras durante la conferenza di IAB Europe, in corso ad Amsterdam, per approfondire le due tematiche più da vicino e comprendere il suo punto di vista rispetto al digital advertising space.

Proviamo a ricordare l’ultima volta che abbiamo guardato, letto e magari condiviso un contenuto online. Qual è stata la motivazione che ci ha spinto a scegliere quel contenuto? Come cambiano le nostre abitudini di fruizione in base a come ci poniamo verso un contenuto? Le motivazioni che ci inducono a interagire con specifici argomenti possono essere di natura emotiva o razionale e una persona può comportarsi in modi diversi in base al momento che sta vivendo. Se una donna cerca un contenuto nel ruolo di madre avrà un atteggiamento diverso di quando lo cercherà per se stessa o per la coppia, ad esempio. Criteri come l’età, il sesso, la demografica, dunque, non sono abbastanza. Analizzare il comportamento del consumatore in ambito digitale non è mai stato così importante.

In un’era in cui le modalità di consumo di contenuti mediatici mutano ad una velocità disarmante con l’evolvere delle tecnologie, è essenziale che i professionisti dell’industria comprendano quali fattori sono necessari per agganciare l’attenzione dei consumatori, soprattutto online. È quanto emerso da una interessante ricerca globale di AOL  dal titolo “Content Moments” che, con un’indagine in 8 paesi e 4 continenti (Italia inclusa) ha permesso di individuare le principali ragioni che portano i consumatori a fruire i contenuti digitali.  Dunque, cosa intende per “data differentiation”?

«L’advertising esiste per attirare specifiche audience ed è necessario che si parta dalle loro esigenze e interessi per coinvolgerli prima di tutto emotivamente. La vera sfida dell’industry è di portare queste emozioni nel mondo del programmatic, differenziando i dati secondo i momenti che il consumatore vive in un determinato momento. Questo è possibile con il supporto della creatività», ci spiega Caras. Questo tipo di approccio strategico è anche quello che può aiutare i brand a costruire le cosiddette relazioni a lungo termine con i consumatori che svilupperanno un legame maggiormente intenso con i marchi capaci di rendere il proprio messaggio in linea con le loro aspettative. Basti pensare ai brand del lusso, razionalmente nessuno spenderebbe cifre così alte per un oggetto come una borsa o un abito, ma ciò che si spende è compensato in realtà dall’emozione che quel brand è in grado di veicolare attraverso un lavoro di stimolo delle affinità. I consumatori generalmente si approcciano ad un contenuto per un 40%  razionalmente ma il restante 60% è tutto connesso alle emozioni. Questo vale globalmente in tutti i mercati, per i marketer come per i publisher e così via.

La data differentiation non è l’unico topic trattato da Anita Caras in occasione dell’Interact 2017, poiché se la sfida dell’automazione è quella di abbracciare le emozioni, la sfida dei player del settore è anche quella di riflettere le differenze dei consumatori e dei clienti con cui si interfacciano attraverso un gruppo altrettanto variegato di talenti. È importante portare la varietà anche a livello di expertise nel comparto, investire in formazione ma anche educare al confronto, affinché si crei un circolo virtuoso di produttività e di risultati concreti. «Bisogna attrarre e mantenere persone in grado di sostenere la responsabilità dei media nei confronti delle proprie audience, mi riferisco alla responsabilità che risiede nel fatto di essere nella posizione di influenzare la società, di dare forma al pensiero e al comportamento delle persone», conclude Caras.

È importante, dunque, investire nella formazione, eliminare qualisiasi pregiudizio ed essere chiari sulle competenze necessarie per ruoli particolari per rendere l’ecosistema più aperto. Le organizzazioni non possono prosperare e crescere se tutti pensano allo stesso modo. È dimostrato che le aziende più produttive hanno la diversità al centro della loro cultura. Questo perché si apre davanti un pool di talenti tra i quali selezionare, migliora l’orientamento verso clienti, favorisce la soddisfazione dei dipendenti e aumenta la redditività. I media influenzano le società, le opinioni ei comportamenti delle persone e quindi è essenziale riconoscere il ruolo che svolgono nella creazione di un mondo più inclusivo ed equo.