Autore: Redazione
15/06/2016

Young&Rubicam porta in Italia Labstore

L’intervista a Marco Ruggeri, managing director di Y&R Roma, che guiderà la nuova divisione italiana formata da venti professionisti e che mira a garantire più valore ai propri clienti creando una brand experience positiva

Young&Rubicam porta in Italia Labstore

Young & Rubicam Group arricchisce la propria offerta con una nuova divisione dedicata al settore, sempre più strategico, del retail e shopper marketing, grazie al lancio italiano di Labstore, agenzia del network che ha già 20 uffici in tutto il mondo e dove un team di specialisti appositamente formati e provenienti dalle altre firme del Gruppo, metterà a disposizione la sua expertise. Martin Wolf, Managing Director Labstore Europe, ha spiegato che l’intenzione di estendersi anche al mercato italiano nasce dall’intuizione che: “Labstore e gli shoppers italiani hanno in comune la passione per la sperimentazione. Con Labstore miriamo a incanalare questa energia per trasformarla in una brand experience positiva, che porti a migliorare i risultati di vendita dei nostri clienti“. Ha commentato il nuovo lancio anche Andrew Dimitriou, Y&R President Europe: “Con Labstore, Y&R offre una nuova agenzia di retail marketing per creare quella che potrebbe definirsi una “shopper chemistry’ tra i brand e i loro acquirenti in Italia, data la crescita di richieste per questo tipo di servizio e la mutata realtà del retail”. La nuova divisione sarà guidata dal Ceo di Y&R Roma, Marco Ruggeri, che ha chiarito tutti gli aspetti di questo nuovo progetto in un’intervista esclusiva per Dailymedia: Qual è l’attuale importanza strategica rivestita dallo “shopper marketing”? Abbiamo deciso di creare un team italiano specializzato, importando il marchio Labstore anche qui, per rispondere alle esigenze di un mercato sempre più maturo che si sta allineando anche i trend internazionali. Riteniamo che questa disciplina sia particolarmente rilevante e aggiungerla al ricco ecosistema di tool strategici che il gruppo può proporre ai clienti abbia un grandissimo valore. Oggi per un retailer è importante concentrarsi sulla qualità della customer journey, tenendo conto di una serie di nuovi touchpoint. Il nostro obiettivo è offrire un servizio consulenziale altamente specializzato che possa intervenire anche su questo fronte. Chi è lo shopper? Perché si differenzia dall’accezione più generica di consumatore? La figura dello “shopper” è più complessa da stimolare per quanto riguarda l’atto d’acquisto, poiché non necessariamente corrisponde a quella del consumatore finale di un prodotto. E’ quindi più difficile da targettizzare, in quanto, non si reca in un punto vendita necessariamente per acquistare qualcosa per se stesso. Il rapporto qualità/prezzo non è, ad esempio, una variabile sufficiente da considerare, per prima cosa l’utente è multicanale, quindi interagisce con vari device, sia in store che al di fuori, e questa interazione influisce enormemente sulle decisioni d’acquisto finali e ha la capacità di generare un alto livello di conversione sia online sia offline. Quindi, questo scenario che ha il consumatore al centro, unito ai trend che vengono direttamente dalle aziende, soprattutto dal Nord America dove gli investimenti in shopper marketing hanno registrato numeri importanti- si parla di una percentuale di budget di circa il 15% che quasi equivale alla spesa destinata ai new digital media- fanno chiaramente intendere che c’è spazio per questo tipo di approccio strategico. Il mindest dello shopper con cui si comunica è influenzato da una serie di variabili che non sono relative esclusivamente al rapporto che ha con il brand o alle caratteristiche del prodotto ma, soprattutto, al contesto in cui si trova in un dato momento. È importante dunque tenere in considerazione tutti i parametri possibili per individuare il momento del customer journey nel quale è più efficace intervenire. I dati sono diventati la risorsa più importante per portare avanti strategie consumer-centric. Quali sono gli strumenti che utilizzate per la raccolta e la gestione dei big data? Da una parte continuiamo ovviamente a raccogliere i dati in modo tradizionale, tramite il brand stesso, l’osservazione e gli strumenti disponibili in store. Per quanto riguarda i big data abbiamo creato delle partnership con aziende specializzate che sono in grado di deliverare preziose informazioni. Abbiamo a disposizione tool strategici, ad esempio, legati alla segmentazione del target che sono indispensabili perché tracciano le linee guida, dagli insight giusti alla giusta preposition, per arrivare poi a generare una conversion. Noi come gruppo, storicamente, puntiamo a far ottenere ai nostri clienti un ritorno sugli investimenti, ma soprattutto a costruire una brand equity e una brand image di valore, che privilegi l’experience alle soluzioni push. Vi state attrezzando anche per inserire nei vostri servizi nuove tecnologie come ad esempio i beacon? Assolutamente sì. Anche se il mercato italiano appare leggermente indietro rispetto ad altri è senza dubbio assolutamente maturo e noi abbiamo intenzione di sfruttare al meglio il valore strategico delle nuove tecnologie. Abbiamo, infatti, il supporto di un hub internazionale a Vienna indirizzata proprio allo sviluppo tecnologico e tanti altri asset specializzati. Come si fa, dunque, a mantenere una strategia unitaria che riesca a non penalizziare nessun aspetto, da un lato le vendite sul digitale e dall’altro quelle nel punto vendita, ma che sappia, piuttosto, costituire un ponte tra i due mondi? Ovviamente la cosa più importante è lavorare a stretto contatto con il cliente unendo le nostre conoscenze all’expertise del brand stesso. In base alle esigenze del singolo interlocutore cerchiamo di far convergere i due canali, in modo che non si escludano l’un l’altro ma piuttosto si rafforzino, portando la comunicazione a confluire e di conseguenza a dare risalto e aumentare il traffico su tutti i canali.