Autore: Redazione
20/06/2016

Come i “walled gardens” ostacolano il sogno programmatico in-house dei brand

Secondo Dan de Sybel, chief technology officer di Infectious Media, i mercati chiusi intorno ai dati dei loro utenti creati da Amazon, Google e Facebook rendono più difficile per le marche gestire direttamente la pianificazione automatizzata

Come i “walled gardens” ostacolano il sogno programmatico in-house dei brand

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Dan de Sybel Gli inserzionisti stanno cercando sempre di più di gestire direttamente il programmatic, ma per farlo si scontrano con i “walled gardens” dei giganti del web, mercati chiusi intorno ai dati dei loro utenti, creati da Amazon, Google e Facebook. Perché e, soprattutto, cosa possono fare i marchi per superare quest’ostacolo? Ecco le risposte e i consigli di Dan de Sybel chief technology officer di Infectious Media. “E’ comprensibile che Facebook, Amazon e Google vogliano usare la loro forza per costringere la gente in un ambiente più controllato in cui possa seguire più da vicino il modo in cui i dati e le inventory vengono utilizzate per scopi pubblicitari. Tuttavia, per chi non è uno di loro si tratta di un monopolio della pubblicità, e gli inserzionisti finiscono nella non invidiabile posizione di dover gestire la spesa su più piattaforme. Perché tutto questo è un ostacolo al programmatic in-house? In primo luogo, i “walled gardens” ostacolano le promesse di efficienza del programmatic. Pianificare campagne attraverso un certo numero di piattaforme diverse rallenta il processo di esecuzione. La gestione dell’ad inventory di ogni piattaforma rende difficile raggiungere interamente la frequenza della campagna, così come sapere quando e come ridistribuire l’investimento per ottimizzare le prestazioni. Infine, come si può capire veramente il percorso intrapreso dagli utenti fino alla conversione se ogni piattaforma utilizza un proprio spazio cookie e presenta i dati in un modo diverso? Gli inserzionisti si sono a lungo affidati alle loro agenzie media nella gestione di questi problemi, ma la realtà è che la maggior parte di queste semplicemente non sa come fare. Quindi, se molte agenzie media stanno lottando per risolvere il problema dei “walled gardens”, come può farlo un inserzionista alle prime armi nella gestione del programmatic in-house? Il marketing digitale è già troppo complicato con troppe metriche e problemi, e le piattaforme multiple sono solo un’ulteriore complicazione. Ma visto che i “walled gardens” non scompariranno, almeno in tempi brevi, il chief technology officer di Infectious Media fa quattro raccomandazioni ai marchi per cercare di gestire direttamente il programmatic.

I quattro punti di Dan de Sybel

1. Assicuratevi di avere un ad server proprietario: anche se non tutte le piattaforme supportano gli ad server in tutte le loro fasi d’acquisto, è possibile avere una visione du tutti gli utenti nel loro complesso per consentire analisi cross-platform e di raddoppiare le conversioni. Pur perdendo alcuni insight specifici della piattaforma, si avrà una visione del percorso dell’utente fino alla conversione. Ci sarà anche una comprensione generale delle attività cross-device (se si utilizza Atlas di Facebook o DoubleClick di Google). 2. Ridurre il numero di piattaforme da utilizzare il più possibile: non voler a tutti i costi  testare ogni nuova tecnologia / dati / inventory, non appena viene resa disponibile. Non tutto funzionerà per ogni inserzionista, quindi i test devono essere condotti in modo sequenziale. Anche se si dispone di budget ingenti, l’esecuzione di più test su più piattaforme, allo stesso tempo, richiederà un notevole sforzo di gestione. 3. Quando si pianificano più piattaforme, provatene una nuova solo in virtù della sua USP: ad esempio, Amazon ha un certo numero di siti web di proprietà e una quantità enorme di dati unici su ciò che la gente compra. Quindi, se la vostra principale demand-side platform è DoubleClick Bid Manager di Google, non pianificate attraverso la DSP di Amazon sulla stessa inventory, ma utilizzate solo l’inventory specifica di Amazon per testare quanto i suoi dati siano importanti per voi. 4. Non aspettatevi miracoli: non sarete in grado di gestire costantemente e in modo affidabile la frequenza su più piattaforme, e non aspettatevi una grande quantità di intelligence cross-platform. Come accennato in precedenza, se si utilizza il proprio server, è possibile ottenere una vision generale del percorso di conversione attraverso le piattaforme, ma capire come i clienti di Amazon si comportano su YouTube non è possibile.   Questi passaggi saranno certamente utili, ma i “walled gardens” renderanno ancora a lungo il programmatic in-housing un processo difficile. Gli inserzionisti devono garantire di non venire coinvolti nei test di ogni nuova piattaforma, ma, al contrario, di rimanere focalizzati sui dati cruciali e sugli insight che il programmatic fornisce. Attingere a uno di questi “walled gardens” richiede tempo e competenze e, a volte, i benefici semplicemente non valgono l’investimento”.