Autore: Redazione
27/06/2016

Vivendi, l’entertainment non è brand friendly ma è efficace

Secondo Lucien Boyer, cmo di Vivendi, intervenuto a Cannes nel panel “Branded Entertainment – the New Age of Marketing?”, la pubblicità deve prendere una nuova direzione per avere effetto

Vivendi, l’entertainment non è brand friendly ma è efficace

Gli impacci nel fornire formati pubblicitari graditi agli utenti sta bloccando la crescita di un comparto dalle potenzialità enormi. Gli investimenti degli advertiser negli Stati Uniti dimostrano la scarsa fiducia in uno dei segmenti che produce i contenuti più apprezzati dalle audience di tutto il mondo L’interruzione di un contenuto non è certamente il modo migliore per catturare l’attenzione di chi ne fruisce. L’esempio più evidente è dato dal second screening. La tendenza a guardare la televisione mentre si utilizza un device mobile porta l’audience a ignorare l’advertising e dedicarsi alle attività su quest’ultimo dispositivo. Secondo Lucien Boyer, cmo di Vivendi, intervenuto a Cannes nel panel “Branded Entertainment – the New Age of Marketing?”, la pubblicità deve prendere una nuova direzione per avere effetto. Deve proporre contenuti interessanti, e deve diventare “advertainment”. “In alcune occasioni questa teoria è già pratica. Il Super Bowl ne è un perfetto esempio. Purtroppo però non è frequente imbattersi in contenuti del genere” spiega. Anzi è molto facile imbattersi nella situazione opposta: l’84% degli utenti si dice infastidito dalle digital ads, perché avanzano proposte ritenute irrilevanti andando solo a nuocere a i business; il 50% invece installerebbe un ad blocker se si dovesse accorgere che i suoi dati sono utilizzati per personalizzare le ads.
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Lucien Boyer, cmo di Vivendi

Branded content assenti a Cannes

Il programmatic diventa quindi problematico, la user experience un problema, i branded content hanno un ruolo strategico ma sono un po’ abbandonati a se stessi, “tanto che non hanno neanche un premio a Cannes”. E fuori dal digitale la televisione perde di potenza negli ultimi due anni, almeno secondo l’87% degli advertiser, e solo il 26% dei brand provocherebbe reazioni nella gente nel caso dovesse scomparire. La generazione dei millennial è impaziente e non aspetta, e allora bisogna invertire rotta alla svelta.”Per catturare la loro attenzione la soluzione è far leva sulle storie, utilizzando forme e formati differenti, sfruttando la potenza del digitale e dei social network” continua Boyer. “Per stimolare l’engagement, ci sono diverse logiche, ma alla base di queste resta il fatto che il 67% degli user parla di media ed entertainment.

Il ruolo strategico della musica e dello sport. Anche per Vivendi

La musica nello specifico è l’arte che più cattura l’attenzione, e anche a livello fisico è stato dimostrato che è capace di alzare i livelli di dopamina nel cervello dal 5 al 21%. Uno studio poi riporta che tra le cose a “irrinunciabili” il 33% del campione ha risposto musica, contro il 31% che non vivrebbe senza libri e poi tutte le altre fonti di entertainment a cascata” spiega. Avvicinarsi alla musica per raccontare storie potrebbe rivelarsi davvero una strategia vincente, bisogna infatti far leva sulle passioni. Lo sport è in pista da molto tempo e ha sviluppato modelli di business ormai più definiti ed evidenti. “Facendo paragoni con l’entertainment, calcio e cinema hanno metodi molto diversi per mettere in atto sponsorship: basti pensare che praticamente tutte le quadre delle massime serie hanno un brand stampato sul petto, mentre sono davvero pochi i film che hanno lavorato fianco a fianco con i marchi. Solo 007 e pochi altri sono riusciti in questa impresa. La industry dell’entertainment non è ancora abbastanza brand friendly, e questo è confermato dagli investimenti degli advertiser. La total spending sull’adv negli States raggiunge i 203 miliardi di dollari, quella riguardante lo sport 16 miliardi e quella sull’entertainment appena 2,1. Sebbene sia dimostrato che probabilmente è la più efficace” conclude Boyer.