Autore: Redazione
23/06/2016

Unilever e le "3i": individual, influencer e impact

Sono questi i tre asset sui quali gli operatori commerciali di settore devono fare leva per dar vita a strategie aziendali, secondo l'intervento del cmo Weed a Cannes

Unilever e le "3i": individual, influencer e impact

Che cosa riserverà il futuro ai marketer e ai brand che si muovono in un ecosistema sempre più dinamico e iper connesso? Con questo interrogativo si è aperto l’intervento di Keith Weed, chief marketing officer di Unilever, che sul palco del Lumierè Theatre di Cannes ha illustrato la teoria delle “3i”: individual, influencer e impact. Sono questi, infatti, i tre asset sui quali gli operatori commerciali di settore devono fare leva per dar vita a strategie aziendali che possano interessare un’audience sempre più frammentata. «Una crescita esponenziale alternata a momenti di stallo è diventata oggi la normalità e le aziende devono imparare a fare i conti con questa situazione. Linearità e incrementi progressivi sono concetti ormai obsoleti, ce li dobbiamo dimenticare. I brand, per necessità e sopravvivenza, dovranno imparare a trovare il giusto equilibrio tra fattore umano e tecnologico arrivando a interagire con la propria audience di riferimento attraverso messaggi personalizzati, che riflettano la complessità della mente umana e delle emozioni che può provocare, di fronte a qualsiasi situazione», esordisce Weed. «I brand, inoltre, svolgono un ruolo critico in quanto rappresentanti dei cittadini, e devono avere il coraggio di sfidare gli stereotipi, imboccando strade in cui altri hanno paura di incamminarsi». Le donne, spiega, sono l’emblema dello stereotipo in campo pubblicitario e i marketer, per le responsabilità e l’influenza che hanno, possono migliorare questa condizione, puntando soprattutto sulla progressive ads. Dunque, i fondamentali su cui progettare e sviluppare un marchio devono essere ripensati, e il discorso è valido a tutti i livelli e per qualsiasi brand, anche per una soup and soap company come Unilever.  

Il primo cardine della filosofia Unilever: Individual

«Da un tipo di comunicazione così personalizzata non si può tornare indietro e quello che dobbiamo fare è sfruttare le potenzialità che oggi le tecnologie ci offrono per incrementarla ancora di più. In questo contesto, un ruolo fondamentale lo svolgono i dati, sempre più numerosi, complessi e precisi, e l’interpretazione che i marketer riescono a dargli per poi tramutarli in un messaggio comunicativo efficace. “The power of data” - continua il chief marketing officer di Unilever - emerge quando si guarda alle più recenti pratiche di compravendita di spazi pubblicitari, in grado di colpire all’interno di un’audience altamente targetizzata specifici cluster di persone, dando l’opportunità al team creativo di lavorare con i giusti elementi». La campagna “Romeo Reboot” realizzata da Axe, brand di Unilever, in programmatic per il mercato brasiliano ne è un chiaro esempio: «Abbiamo suddiviso il target di consumatori di Axe in 4 segmenti, offrendo 25mila varianti creative a cluster, per un totale di 100mila. Il risultato è stato un aumento del 77% del tasso di retention».  

Influencer

«Un brand da solo non può avere la pretesa di raggiungere tutti i potenziali consumatori unicamente con le proprie forze. Per questo motivo oggi gli influencer giocano un ruolo di primo piano nel coinvolgimento del pubblico. Esistono quattro tipi di influencer: celebrity, social media platform, expert e i leader di settore, che remano tutti nella stessa direzione, pur utilizzando diverse modalità di engagement: informare sulle novità del marchio e coinvolgere le persone. È stato il caso della campagna “Release the beast”, lo spot di Magnum, che grazie a un massiccio utilizzo dei social network ha incrementato di 5,2 volte l’engagement. E anche in occasione di questa edizione dei Cannes Lions siamo riusciti a stilare un ranking delle “Most influencial celebrities” e dei principali “Cannes Topics”». Parlando di influencer, inoltre, nel corso dell’intervento ci sono stati anche i contributi di Sir Ken Robinson e Richard Curtis, rispettivamente educational influencer e sceneggiatore e regista britannico. Mentre il primo ha collaborato con una campagna di Unilever che mette in evidenza l’importanza del gioco nella crescita di un uomo, il secondo ha messo l’accento sulle skills di un marketer: cogliere le opportunità di mercato, fissare degli obiettivi, conoscere la propria audience e i business profittevoli nei quali investire.  

Impact

L’impatto reale di una campagna può cambiare in base alle tematiche scelte, modalità di comunicazione e tante altre varianti. La questione della sostenibilità ambientale, per esempio, è oggi un tema molto sensibile, soprattutto se si pensa che il 54% dei consumatori vuole comprare un prodotto che sia sostenibile, e realizzare contenuti di questo genere può generare risultati soddisfacenti. «Il nostro scopo è fare in modo che il vivere sostenibile sia la norma. Stiamo sviluppando delle nuove prassi finalizzate alla crescita della nostra azienda e delle comunità in cui operiamo. È nostra intenzione soddisfare il crescente desiderio di prodotti più sostenibili e creare un futuro più splendente per tutti. Negli ultimi anni i marchi che fanno attenzione a questo tema sono cresciuti e in due anni sono aumentati del 30%. Unilever è da tempo attiva in questo senso tanto che ha realizzato diverse campagne a favore della sostenibilità dei prodotti, tra cui quella con il brand Ben & Jerry’s in favore di una maggiore “climate justice”. Il filmato ha avuto buone performance in termini di impression e social sharing, arrivando anche a raccogliere fondi per sposare progetti di “climate equity”. Dunque, l’impatto reale è stato importante, l’argomento scelto è stato azzeccato e le tempistiche di diffusione altrettanto», conclude Weed.