Autore: Redazione
10/11/2016

Trump alla Casa Bianca, cosa succederà in Silicon Valley?

I mercati azionari non l’hanno presa molto bene, registrando un calo del dollaro a livello mondiale. L’economia degli Usa è destinata a essere ridisegnata, con ovvie implicazioni sul polo tecnologico californiano

Trump alla Casa Bianca, cosa succederà in Silicon Valley?

Gli Stati Uniti hanno dato il benvenuto al presidente che nessuno si aspettava. Donald Trump, da oggi, risponderà al citofono della Casa Bianca (metaforicamente, s’intende) grazie a quella che i media a stelle e strisce definiscono “la più irreale e improbabile delle vittorie elettorali della storia americana”. I mercati azionari non l’hanno presa molto bene, registrando un calo del dollaro piuttosto diffuso a livello mondiale. L’economia degli Usa verrà presto ridisegnata, con ovvie implicazioni sulla Silicon Valley. Ma in che modo l’elezione di Trump influirà sulle company tecnologiche americane? Le prospettive a breve termine della tech economy e della Silicon Valley sono piuttosto sinistre stando al parere degli economisti a conoscenza del piano-Trump. Mentre il presidente è stato piuttosto vago sulle sue idee governative durante la campagna elettorale, i maggiori tratti con cui ha dipinto la sua politica economica non danno buoni presagi ai venture capitalist e alla community tecnologica. Mentre Gregory Autry, un assistant professor dell’USC Marshall School of Business, crede che i lavori di manifattura, compresi quelli high-tech, beneficeranno della nuova presidenza, ma non sarà lo stesso per le industrie tecnologiche.

Scambi Globali

   

“Trump è chiaramente un problema per il modello della Silicon Valley. Le sue policy economiche sono concentrate sul contrasto agli abusi cinesi sugli scambi e sul riportare le industrie manifatturiere negli States”, spiega Autry. Se il nuovo presidente continuasse con il suo piano di imporre alti dazi ai prodotti made in Cina (abbandonando l’interdipendenza economica in favore delle policy di 20 anni fa), gli auspici per le company americane che si basano sulla filiera internazionale (ovvero quasi tutte) non saranno per niente buoni. “Sarà un periodo duro per loro”, ribadisce Autry.

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Immigrazione

   

Oltre ai dazi che renderanno i prodotti tecnologici più costosi, Trump avrà un forte impatto sull’immigrazione. La Silicon Valley ha impiegato molte energie per supportare ed espandere il programma H-1B relativo ai visti, necessario per permettere a risorse talentuose provenienti dall’estero di rimanere negli Stati Uniti e ottenere una green card mentre soddisfano la domanda proveniente dalle tech firm di staff altamente preparato. E Trump potrebbe sventrare questo programma. L’H-1B è un’iterazione del messaggio scritto sulla Statua della Libertà, differente solo per il fatto che gli immigranti sono lavoratori altamente preparati, piuttosto che masse che mirano a essere liberi. “Le industrie tecnologiche dovrebbero preoccuparsi per i programmi relativi al visto, e per la possibilità di importare quelle che considerano risorse lavorative necessarie”, aggiunge Autry.

Cybersecurity

   

Data tutta l’attenzione che l’hacking e la sicurezza informatica negli Stati Uniti hanno ricevuto durante la campagna elettorale, il piano di Trump per affrontare la questione è incredibilmente e forse pericolosamente vago. Dall’attacco hacker subìto da Sony nel 2014 a quello del mese scorso che ha buttato giù una la rete in gran parte degli Stati Uniti, l’infrastruttura internet americana ha tutta l’aria di essere pericolosamente esposta e, questo è, ovviamente, un aspetto di cruciale importanza. Nel frattempo, la posizione della campagna di Trump sulla questione sembrava essere niente di più che un modo per gettare ombra sul Segretario di Stato Clinton e per la sua cattiva gestione delle e-mail. Per le aziende della Silicon Valley, ci sono probabilmente pochi problemi critici quanto la protezione delle reti che sono, di fatto, la loro linfa vitale. E, trasformare una delle loro principali preoccupazioni in una partita politica il cui unico scopo è quello di segnare alcuni punti a basso costo su un avversario sembra, come dire, una strategia sbagliata. Soprattutto quando queste reti sono fondamentali per sostenere le imprese che si collocano tra le prime 10 più preziose nell’economia globale.

Il mercato delle IPO e le Big Corporate M&A

   

Ricordate quella finestra IPO che si era aperta nella seconda metà dell’anno? E come la gente si aspettava sarebbe rimasta aperta nel 2017? Secondo Autry, lo scenario sta cambiando. È la finanza, quindi nulla è certo (e prima che il mercato si apra negli Stati Uniti ci sono alcuni segnali che fanno pensare maggiormente a una stabilizzazione), ma la rapida caduta degli indici di borsa americani, unita ad un periodo di incertezza normativa, mentre il Paese e il mondo intero cercano di capire quale Donald Trump sia stato eletto (l’eroe populista o il magnate immobiliare miliardario e senza scrupoli?) – probabilmente le offerte pubbliche potrebbero subire un momento di stallo. Le offerte pubbliche, però, non sono gli fatti economici che potrebbero indebolirsi sul fronte della liquidità. Negli ultimi giorni della sua campagna Trump, infatti, si è scagliato contro le grandi operazioni societarie di M&A, come l’offerta di AT&T fatta per Time Warner. Pochi giorni prima del voto, Trump ha tuonato contro l’accordo: “Come esempio delle strutture di potere che sto combattendo, AT&T che sta comperando Time Warner e, quindi, la CNN, rappresenta un accordo che non approveremo sotto la mia amministrazione, perché implica troppa concentrazione di potere nelle mani di pochi.”

È soprattutto “morte e distruzione”, ma non del tutto

   

Nonostante le prospettive piuttosto tristi per la Valley, le aziende possono prendere fiato contando nel fatto che l’attuale mancanza di supervisione regolamentare potrebbe fare miracoli a livello di raggiungimento degli obiettivi di business. La proposta di sventramento del Consumer Finance Protection Board, probabilmente, significa che le aziende di Fintech troveranno più facile allontanarsi da esso (in particolare gli istituti di credito). Oltre a ciò, Autry vede grandi guadagni per le aziende attraverso tagli fiscali aziendali e affari vantaggiosi legati al rimpatrio degli asset esteri. “Ci saranno incentivi positivi per chi riporterà indietro capitali che sono stato all’estero”, continua Autry, il quale si aspetta che questo rimpatrio sarà disponibile con richieste di reinvestimento nello sviluppo del lavoro nazionale.