Autore: Redazione
07/07/2016

Il native targato Sharethrough arriva in Italia

La società ha presentato la propria offerta con il vendor esclusivo Prime Real Time nel corso di un evento ieri a Milano. Scalabilità la parola d'ordine per editori e inserzionisti

Il native targato Sharethrough arriva in Italia

Sharethrough è definitivamente arrivata in Italia per cambiare il modo di fare native advertising. Per farlo ha stretto una partnership con Prime Real Time (PRT), azienda acquisita da Triboo Media lo scorso dicembre, che agisce nel mercato locale in qualità di vendor esclusivo. Proprio questo importante accordo è stato al centro di un evento organizzato ieri a Milano, in cui si è fatta un po’ di chiarezza sull’intesa annunciata di recente. Come affermato dal Managing Director di Prime Real Time Cristina Pianura, «Sono già state effettuate le prime campagne test, siamo sicuri che la tecnologia Sharethrough potrà presto conquistare il mercato, che forse non è ancora pronto ma siamo sicuri lo sarà per la fine dell’anno». PRT agisce da rivenditore: tutti gli editori, infatti, possono rivolgersi alla sigla per integrarne la tecnologia, che si caratterizza per elevato livello di controllo e analytics di qualità. «Non sono molti i concorrenti in questo momento nel nostro Paese», ha chiosato Pianura, facendo riferimento a una offerta full stack native unica attorno a una SSP.

La storia di Sharethrough

All’incontro erano presenti anche i vertici europei della società fondata nel 2008 a San Francisco, con uffici sparsi in tutto il mondo e un fatturato 2015 da 100 milioni di dollari, grazie a collaborazioni con clienti del calibro di Nestlé, Netflix, Uber e L’Oréal per citarne alcuni e a partner come AppNexus, Oracle, Moat, TheTradingDesk. Sharethrough, ha spiegato Chris Quigley, a capo della società nell’area EMEA, opera come SSP e funge da cerniera tra il mondo dell’offerta, per cui distribuisce branded content, e della domanda, per cui costruisce e ottimizza l’offerta native. «Ovviamente le nostre unità pubblicitarie, principalmente costruite attorno all’in-feed, si adattano a tutti gli schermi», ha precisato indicando come il mobile contribuisca ormai all’80% del business.
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Cristina Pianura risponde alle domande del pubblico

Il native di Sharethrough

Quindi Quigley ha inquadrato le tre tipologie di native advertising: sponsored content, in-feed e recommendation widget. «La nostra proposta si concentra sulle prime due tipologie», ha spiegato il manager, evidenziando come sia però l’in-feed il vero campo di specializzazione della società americana. «L’obiettivo è portare i formati disponibili sulle più note piattaforme social come Facebook all'interno dei siti degli editori». Questo perché, come emerso dalle ricerche i risultati che la comunicazione in-feed è in grado di generare sono generalmente superiori grazie alla capacità di catalizzare l’attenzione degli utenti meglio di quanto non facciano i banner.

Un settore in grande crescita

Al di là delle varie forme di native, non ci sono dubbi che questo sia un settore dalle grandi opportunità. Secondo uno studio di Yahoo ed Ender Analysis, il comparto in Europa crescerà del 156% da qui al 2020, quando avrà superato i 13 miliardi di euro. E i grandi gruppi editoriali internazionali se ne sono accorti: «Guardian ha creato Guardian Labs, con più di 100 persone impegnate a produrre contenuti branded mentre T Brand Studio del New York Times ha fatturato 35 milioni solo nel 2015», ha proseguito Quigley.

Le modalità di vendita: la parola d’ordine è scalabilità

Uno dei punti di forza della piattaforma tecnologica è il tema della scalabilità: gli inserzionisti possono comprare annunci nativi con la stessa modalità di banner e video, potendo contare su avanzati strumenti di analytics. I rapporti tra domanda e offerta, invece, possono essere diretti così come automatizzati, sia in ambienti private sia open. Tra gli elementi di grande interesse del native e dell’offerta di PRT c’è sicuramente la crescente importanza che stanno assumendo il video e il programmatic, oltre al già citato mobile, nell’ecosistema del native. «La metrica di transazione del native di Sharethrough è quella del CPM», ha spiegato Pianura.

Il native in Italia

«I budget sul native ci sono, guardiamo a Facebook per esempio, noi dobbiamo solo ottimizzare l’offerta per creare una alternativa in grado di concorrere con soluzioni del genere», ha continuato Pianura. Attualmente la tecnologia Sharethrough è abilitata in 22 DSP, di cui però solo due sono attualmente presenti in Italia, AppNexus e TheTradingDesk. «Prevediamo un importante sviluppo nei prossimi mesi in questo senso, che contribuirà a colmare il gap tecnologico del Belpaese - ha concluso Pianura -. Il cerchio si chiuderà entro la fine dell’anno».