Autore: Redazione
10/10/2016

Sassoli: «Ad blocking e programmatic, serve trasparenza. Entro Pasqua pronto il Libro Bianco»

Si è svolta la prima riunione con Fieg, AssoCom, Iab Italia, Fedoweb, Unicom, Fcp e Netcomm, e da questa sono stati stabiliti gli argomenti che saranno discussi nel prossimo incontro, che si terrà a gennaio. «Il documento sarà pronto indicativamente per la primavera», anticipa in questa intervista a DailyMedia il presidente degli utenti

Sassoli: «Ad blocking e programmatic, serve trasparenza. Entro Pasqua pronto il Libro Bianco»

Durante l’assemblea annuale di UPA, nello scorso maggio, era stata annunciata la costituzione di un tavolo di discussione che avrebbe portato alla stesura di un Libro Bianco relativo all’ad blocking e al digitale. I lavori hanno fatto significativi progressi, e proprio pochi giorni fa i presidenti di Fieg (Maurizio Costa), AssoCom (Marco Testa), Iab Italia (Carlo Noseda), Fedoweb (Giancarlo Vergori), Unicom (Alessandro Ubertis), Fcp (Massimo Martellini), la stessa UPA (Lorenzo Sassoli de Bianchi), e Netcomm (Roberto Liscia), hanno concluso il primo incontro, durante il quale sono stati affrontati gli argomenti definitivi che verranno dibattuti nelle prossime sedute. «A gennaio faremo una nuova riunione dei presidenti durante la quale metteremo insieme tutto il materiale e vedremo quali sono i punti di convergenza e quelli di divergenza per arrivare indicativamente entro Pasqua al libro bianco definitivo che, comunque, non sarà esaustivo, perché il contesto cambia costantemente e perché sicuramente ci saranno dei temi su cui le discussioni si protrarranno più a lungo. Sottolineando che il mercato digitale vale il 28% dell’intero investimento in comunicazione», spiega Lorenzo Sassoli de Bianchi a DailyMedia. La vicenda delle metriche sbagliate di Facebook, che dopo due anni ha ammesso un’incongruenza sostanziale tra i dati relativi al tempo medio di visione dei contenuti video consegnati a editori e inserzionisti e quelli effettivi, è stato un ulteriore stimolo per il tavolo di lavoro, sostenitore della necessità di una maggiore trasparenza di tutte le vicende della rete. Durante l’incontro, il presidente ha svelato i punti su cui si svilupperà il Libro Bianco.  

Dati e misurazioni di terze parti

  Il primo punto su cui Sassoli concentra l’attenzione è «la certificazione dei dati di internet da parte di terze parti indipendenti. Oggi, i feedback ricevuti provengono molto spesso dalle parti coinvolte. L’audience televisiva, per esempio, è misurata da Auditel, un organismo autonomo, mentre le informazioni sui social network provengono direttamente dalle piattaforme stesse. Una pratica in sostanziale antitesi con il principio su cui sono state fondate le audi», spiega sempre il presidente di UPA. Facebook, Twitter, Instagram e così via rispondono all’obiezione facendo notare il possesso di dati molto puntuali, e più puntuali rispetto agli altri media, sottolineando quindi che non è necessario un organismo esterno per svolgere la pratica misurativa. «In realtà l’episodio di Facebook dimostra invece l’effettiva necessità di una contro-prova, di un occhio esterno che ne verifichi l’attendibilità», continua.  

Viewability

  «In America la viewability è definita secondo parametri che noi non riteniamo equi: lo scontrino per un banner parte dopo che questo appare nella schermata dell’utente per 1 secondo, con almeno il 50% dei pixiel, quello per un video, invece, dopo due secondi con almeno il 50% dei pixel in schermata. Noi non abbiamo ancora proposte da fare, ma sia il tempo che la quantità di pixiel che definiscono una impression saranno oggetto di confronto nelle prossime riunioni», svela sempre Sassoli.
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Trasparenza della filiera programmatic

  Il programmatic, a oggi, «è una nebulosa opaca, e noi abbiamo intenzione di attivarci affinchè i processi di questa tecnologia vengano messi in chiaro». La questione non riguarda le provvigioni che trattengono i vari attori della filiera programmatica, quanto invece la possibilità, lato inserzionisti, di poter calcolare l’effettiva cifra arrivata ai publisher. «Trasparenza della filiera vuol dire rendere noti, contrattualmente, tutti i fornitori e gli attori che prendano parte al processo del programmatic. Il nostro obiettivo è arrivare a un contratto-tipo, in cui si definiscono da una parte l’investimento e, dall’altra, tutti coloro che partecipano alla sua gestione», specifica Sassoli.  

Disponibilità dei dati

  Anche le dmp hanno bisogno di essere regolamentate. «Di chi sono i dati? Chi li processa? Come li usa? Queste domande alzano evidenti interrogativi riguardo la responsabilità del trattamento. Un argomento delicato, che è importante definire meglio», continua il presidente di UPA.  

Traffico non umano

  Bisogna che le aziende sappiano che c’è una quota di traffico non umano che ogni azienda sconterà nella propria pianificazione. «Proprio perché potrebbe incidere sui budget, è importante misurarlo. Negli USA, il traffico generato dai robot è piuttosto diffuso, in Italia non lo sappiamo e, quindi, è necessario favorire sistemi tecnologici aperti che misurino la qualità dei contatti», dice.  

Brand safety

  L’accostamento tra la pubblicità di una marca e un particolare tipo di contenuto è delicato «e il Libro Bianco proverà a stabilire linee guida per evitare collocazioni spiacevoli all’interno dei siti web».
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Ad Blocking

  «Questo è un tema che si riflette sugli advertiser, che dovranno fare una seria riflessione sull’affollamento della pubblicità, sul suo posizionamento, sui formati, sui contenuti e sulla durata dei video. Ma anche gli editori devono pensare ad adeguare le inventory a una user experience rispettosa verso gli utenti. L’ad blocking è un problema di entrambi: le ads bloccate non vengono pagate e questo costituisce un danno economico per gli editori, ma la parziale erogazione è un danno anche per gli advertiser, che non riescono a raggiungere il target e di conseguenza il business ne risente», afferma Sassoli.  

Quantificazione degli investimenti

  Sui media tradizionali gli investimenti delle aziende sono completamente trasparenti. È possibile controllare quali risorse hanno investito le aziende e su quale canale, e questa è una pratica di fondamentale importanza strategica. La “quota di voce” corrisponde, sul medio–lungo periodo, alla quota di mercato, e sapere chi ha la quota di voce più alta dà vita a ragionamenti di grande rilevanza nel marketing di un’azienda. Su internet, invece, non è possibile. «Stiamo parlando di oltre un quarto del mercato e, quindi, è necessario che il media si adegui alla trasparenza. Questo sforzo è richiesto a tutti quelli che non dichiarano gli investimenti - dice Sassoli -. Per risolvere questa situazione abbiamo previsto un tavolo dove parteciperanno società tra cui Nielsen e l’Osservatorio del Politecnico di Milano per discutere qual è la strada migliore, e poi applicarla, per rivedere una misurazione quantitativa totale, e poi per settori», conclude.