Autore: Redazione
07/03/2016

Programmatic, i marketer americani preoccupati per le frodi

Secondo l’ANA i vantaggi del settore sarebbero invece legati a un migliore targeting e alla possibilità di ottimizzare le campagne in real time

Programmatic, i marketer americani preoccupati per le frodi

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Bob Liodice Sono sempre di più i marketer americani che tendono a gestire il programmatic in house, a causa di problemi legati alla trasparenza e alle frodi. Lo rivela uno studio dell’ANA condotto da Forrester. Dei 128 marketer intervistati, ben il 79% ha detto di aver condotto operazioni di acquisto in programmatic nel 2015, un dato più che raddoppiato rispetto al 35% dell’anno precedente. Il 31% dei rispondenti ha però precisato di aver incrementato le proprie capabilities interne per occuparsi direttamente del programmatic buying. In più, il campione ha indicato di aver intrapreso alcune azioni per migliorare la trasparenza e ridurre le frodi: richiesta di guideline dettagliate e report dalle agenzie partner (62%); update delle blacklist (51%); whitelist targettizzate (45%); acquisto di inventory attraverso private marketplace creati dalle media company. Gli intervistati hanno anche sottolineato come i vantaggi più grandi di questa innovativa modalità di pianificazione siano legati a un miglior targeting e all’ottimizzazione in tempo reale. Nonostante la crescita impetuosa del programmatic, però, frodi e mancanza di trasparenza sono gli ostacoli più grandi alla sua piena adozione.  “Mentre l’acquisto in programmatic offre vantaggi tangibili, il settore soffre a causa della complessità e di un difetto in termini di trasparenza - ha detto Bob Liodice, presidente e ceo di ANA -. La industry, e i marketer in particolare, potrebbero beneficiare di una ristrutturazione dell’intero lato offerta”.