Autore: Redazione
21/03/2016

Native Advertising e i contenuti ingannevoli

Native Advertising e i contenuti ingannevoli

La maggior parte dei publisher che operano online usano sistemi di native advertising per aumentare le proprie revenue, in un periodo in cui il problema della monetizzazione del content è ancora apertissimo. Nonostante i lettori vengano avvisati in modo chiaro ed esplicito della brandizzazione dell’articolo che stanno per leggere, questo metodo non sgombra il campo dalle perplessità che avvolgono gli sponsored content, nei quali non sempre si è in grado di distinguere tra cos’è una notizia e cosa invece non lo è. In diversi casi sono gli stessi publisher a voler creare, più o meno consapevolmente, dei “misunderstanding”, ingannando così i lettori. Questo è quanto emerge da un nuovo studio di Bart Wojdynski, direttore dei digital media alla Georgia University. Il professore, insieme ai suoi assistenti, ha rilevato che oltre un lettore su due, circa il 60%, non nota la sponsorizzazione delle news, nonostante sia segnalata in un apposito spazio in cima, specialmente quando  vengono segnalata cin termini quali “veicolato da”, “presentato da”, piuttosto che sponsored o advertising. Inoltre, spesso anche coloro che si accorgono della brandizzazione sono ignari del fatto che questa sia direttamente collegata al contenuto dell’articolo, pensando invece di trovarsi di fronte a un banner di unconventional advertising. In ogni caso, questa ambiguità si riflette sulla fiducia che i lettori ripongono nei mezzi d’informazione, pur ammettendo Wojdynski che è ancora prematuro affermare che questa sia una delle cause di disaffezione nei confronti delle testate giornalistiche.