Autore: Redazione
06/10/2016

È il momento del rebranding. Il nuovo claim è “Connections That Matters”

La società intende comunicare l’espansione del suo focus dal soggetto alla persona immersa nel suo contesto sociale. È capace infatti di raccogliere informazioni relative alle azioni effettuate anche sui dark social e i social network abbattendo la prigione dei walled garden

È il momento del rebranding.  Il nuovo claim è “Connections That Matters”

Le persone sono il fulcro del marketing, perché è a loro che ci si rivolge. Gesti, azioni, toni e maniere sono un biglietto da visita per un brand che vuole avvicinarsi ai suoi consumatori, e lo stesso vale per le aziende che operano nel segmento. Sarà forse per questo che RadiumOne ha deciso per un light restyling. Il nome non cambierà, a trasformarsi sarà il claim. Il percorso dal vecchio “We know your next consumer” al nuovo “Connections that matters” è un viaggio attorno alla persona, dove si mantiene il suo studio specifico pur aprendosi alla sua collocazione in mezzo a un insieme. Un passaggio che pone l’accento sulle connessioni, sull’engagement e sul raccoglimento di dati decisivi per scavalcare i walled garden. «Siamo in grado di abbattere i walled garden, liberandoci dal limitato ecosistema dei siti web per andare a capire cosa succede anche sui social e nelle app di messaggistica. È fondamentale per un advertiser evincere chi parla del suo brand, come e dove. Insomma, conoscere come si comportano i suoi consumatori su tutte le piattaforme che utilizzano», spiega Mattia Stuani, managing director per l’Italia. Il nuovo approccio di RadiumOne Il nuovo modo di interpretare le campagne poggia tre colonne portanti. In primo luogo, è molto importante l’identificazione dei touch point utilizzati dagli utenti. «Oltre al behaviour misuriamo anche l’interazione (sia sui social che sul dark social), aggiungendo al percorso dell’utente le azioni che dimostrano il suo interesse verso i contenuti e i prodotti. Questi dati vengono immagazzinati dalla dmp, in un passaggio che chiamiamo “identificazione”», continua Stuani. Poi è il momento dell’ ”amplificazione”, ovvero l’ampliamento dei destinatari dell’adv attraverso la ricerca di utenti che abbiano comportamenti simili a quelli misurati, attraverso un approccio probabilistico «che diventa deterministico quando l’user con cui viene condiviso il contenuto ci interagisce», precisa. Completato questo passaggio, una volta raccolta la seed audience necessaria a raggiungere una determinata reach, incomincia il processo di “attivazione”. «Una volta costruita l’audience seed, è possibile attivarla automaticamente, senza costruire manualmente il segmento e incrociando i segmenti per migliorare l’affinità col target richiesto », conclude Stuani. Gli strumenti Anche gli strumenti a supporto hanno cambiato nome, e sono fondamentali per capire come si mette in pratica il nuovo approccio. Smart Link permette l’accorciamento dell’url e lo parametrizza. «Una volta cliccato, il nuovo indirizzo rilascia un cookie al cliente e ci permette di sapere come, e da dove, quest’ultimo è arrivato sul sito», dice Stuani. Sharing Analytics, invece, riesce a proporre dati diversi e complementari a quelli presenti sul mercato, andando a misurare anche le condivisioni sui social e sui dark social. «I link parametrizzati riescono a individuare la provenienza degli utenti, siano essi arrivati da un indirizzo passato da un amico su una app di messaggistica o dai social network. Questi dati si aggiungono a quelli “classici”, arricchendo le informazioni sull’utente», continua. Mobile Analyticsindaga i comportamenti degli user in-app e offre la possibilità di comprare cross-device. È sufficiente che un utente faccia log in sullo stesso sito, appartenente agli editori che montano la nostra sdk, sia da mobile sia da desktop, per avere a disposizione gli spazi su profili di cui sono definiti gli interessi e la propensione all’acquisto. Quest’ultima suggerita dalle azioni sui siti, da quelle sui dark social e dalle interazioni con i link. È possibile quindi avvicinare gli utenti più prossimi alla fine del funnel, conoscendo la loro propensione all’acquisto», rivela Stuani. «Siamo in grado di attivare i dati paid, earned, shared e owned del brand allo stesso modo degli altri advertiser, ma a questi aggiungiamo anche quelli che ad oggi vanno persi. In questo modo offriamo un vantaggio per quanto riguarda il performance marketing, andando a inquadrare precisamente anche la propensione all’acquisto determinata dal comportamento, dalle azioni e dalle condivisioni».