Autore: Redazione
07/10/2016

Meng: «La forza di un brand proviene dal suo posizionamento, e solo lo storytelling può definirlo»

Tham Khai Meng, co-chairman e worldwide chief creative officier di Ogilvy & Mather, ritiene fondamentale per il successo dei marchi la loro capacità di raccontarsi

Meng: «La forza di un brand proviene dal suo posizionamento, e solo lo storytelling può definirlo»

Al Teatro Franco Parenti di Milano è in corso da ieri IF!, il Festival promosso da AssoCom e dall’Art Directors Club Italiano, che proporrà alcuni tra i migliori lavori creativi a livello mondiale. Terminerà sabato, e proprio durante l’ultimo giorno, alle 19:15, prenderà la parola sul palco Tham Khai Meng, co-chairman e worldwide chief creative officier di Ogilvy & Mather, nello speech intitolato “The Power of Creativity”. DailyMedia è riuscito a incontrarlo in anteprima e  raccogliere la sua visione su alcuni degli argomenti che contraddistinguono l’approccio alla creatività di un’agenzia che ha vinto il Network of the Year al Festival di Cannes per 4 anni di fila, dal 2012 al 2016. Nell’abstract dello speech che terrà a IF! citerà la “pervasive creativity”. In cosa consiste? “Pervasive creativity”, vuol dire che la creatività è ovunque. I muri dei dipartimenti creativi sono stati abbattuti, e così abbiamo liberato la creatività. I capi account, gli strategist, i planner, e tutti quanti lavorano in Ogilvy & Mather sono dei creativi a tutti gli effetti. La metafora dell’acqua riassume questo nostro approccio al meglio. L’acqua è presente nell’atmosfera, è la componente principale del corpo umano. Sale nell’atmosfera, diventa nuvola e quando è pronta ritorna giù sotto forma di pioggia sulle montagne, sulle valli. Forma i fiumi, arriva al mare e poi ricomincia il processo. Quello che non possiamo fare è costruire argini e dighe, in cui rinchiuderla. E così come le creatività, se questi argini ci sono bisogna abbatterli come un uragano. La creatività deve pervadere ogni fattore, anche la tecnologia. In cosa consiste la rivoluzione dei contenuti? Oggi tutti quanti pubblicano contenuti. Con i social media siamo tutti registi, fotografi, scrittori. Le foto, i video e i pensieri prodotti sono immediati, grezzi e real-time. Aggiungiamo a questi la realtà aumentata e la realtà virtuale, ma anche l’intelligenza artificale. HoloLens (un visore che aggiunge al luogo reale in cui si trova l’utente contenuti in realtà aumentata interattivi a, n.d.r.) e Magic Leap (un dispositivo che legge i movimenti del corpo e permette di interagire con un contenuto digitale, n.d.r.) sono strumenti di realtà aumentata e, come altri, trasformano la tecnologia in un abilitatore. L’intelligenza artificiale si sta facendo strada e raggiungerà una grande diffusione. E dietro ognuna di queste tecnologie e piattaforme, ar, vr, ai, ci sarà sempre bisogno di un’idea. Pokemon Go è un prodotto dell’ar, ma è nato comunque da un’idea. Gli abilitatori tecnologici non servono a niente senza grandi idee. è la tecnologia che stimola nuovi modi di fare storytelling o lo storytelling che stimola la nascita di nuove tecnologie? Dipende. Se l’idea è quella di Pokemon Go, la tecnologia viene prima dallo storytelling. È molto semplice: devi andare in giro e catturare i mostri. Ti servono un gps e la tecnologia, ma non c’è dietro una grande storia. È un gioco molto basic. La sfida è sviluppare il gioco, come fare a farlo diventare più coinvolgente. Cosa succede se viene inserita una storia all’interno di Pokemon Go, il viaggio dell’eroe, i nemici? Se tu sei l’eroe e devi percorrere una storia? Va oltre il banale utilizzo della tecnologia. Questo è quello che succede se la tecnologia viene prima dello storytelling. La televisione è uno schermo che contiene le storie. Era composta da tubi che ora non servono più, e infatti i dispositivi stanno diventando sempre più piccoli. Presto questi schermi non saranno più solidi, galleggeranno nell’aria, saranno schermi di fumo. Non sto parlando di un futuro lontano, sono già in via di sviluppo. E noi attraverso questi racconteremo storie. L’agumented reality ci permetterà di essere storyteller in diretta, o di essere immersi in racconti in cui lo spettatore non è solo spettatore, ma anche un attore. Interagisce con la trama, le dà una forma. In generale, alcune idee non hanno bisogno di una storia, altre non hanno bisogno di una tecnologia specifica. Se c’è bisogno le due cose si combinano, ma lo storytelling non ha per forza bisogno della tecnologia. Sviluppare un racconto che coinvolge tutti i media è un modo per massimizzare il coinvolgimento di un consumatore o è un limite per la qualità della creatività? Qual è il bilancio tra i due fattori? Penso che dipenda dal brand, basta essere presenti sui device digitali e sulle app. è li che si trova il target, non c’è bisogno di fare affissioni, magari in posti in cui non passa frequentemente. Bisogna scoprire quali sono le abitudini delle audience a cui ogni marchio vuole rivolgersi ed essere molto precisi nell’uso dei media. Una storia non può essere adatta a tutti i mezzi. Le migliori creatività partono da un’idea particolare, è impossibile poi pensare di adattarla a tutti i media disponibili. Potrebbe essere molto funzionale sui social, ma essere davvero inefficace sulla tv, o viceversa. Quant’è importante un buon storytelling per un brand? Lo storytelling è tutto per un brand. È la nostra capacità di inventare storie ad averci portato fuori dalle caverne, e non smetteremo mai di raccontarle. I marchi che saranno più forti domani sono quelli che oggi fanno lo storytelling più forte. La forza di ogni brand proviene dal suo posizionamento, e l’heritage dipende dai messaggi che manda, da come si racconta. La tecnologia può sostituirsi alla creatività, nel momento in cui porta il messaggio giusto alla persona giusta al momento giusto? Se mi chiedi cosa è più importante tra storytelling e tecnologia, io rispondo: l’idea! Dietro a entrambe c’è l’idea. The idea is king about everything.