Autore: Redazione
21/01/2016

L’Italia Creativa genera ricavi per 47 miliardi di euro nel 2014, il 2,9% del Pil nazionale

Ernst & Young ha realizzato il primo studio sull’industria della creatività italiana; il settore pubblicitario cresce nelle agenzie, ma cala sensibilmente nell’area concessionarie

L’Italia Creativa genera ricavi per 47 miliardi di euro nel 2014, il 2,9% del Pil nazionale

Il lavoro intellettuale paga. e crea valore. In Italia, l’industria della cultura e della creatività ha generato nel 2014 ricavi complessivi per 47 miliardi di euro, pari al 2,9% del Pil nazionale. Sono dimensioni simili alla media europea, dove l’industria creativa rappresenta tra il 3,1% e il 3,5% del Pil. Ma si può fare di meglio: per esempio, in Francia la creatività “vale” quasi il 4% del Pil, e se nel nostro Paese l’industria riuscisse a esprimere quote simili guadagnerebbe ulteriori 15 miliardi. Questi dati emergono da Italia Creativa, il primo studio sull’argomento condotto da Ernst & Young in collaborazione con le principali associazioni di categoria, tra cui la Fieg e Confindustria radio televisioni. La ricerca ha misurato le performance degli undici settori più rappresentatici dell’industria creativa: architettura, arti performative, arti visive, cinema, libri e musica. In termini occupazionali impiega quasi un milione di persone, il 4,5% del totale forza lavoro italiana, di cui il 41% sono persone tra i 15 e i 39 anni. Gli occupati diretti sono 850 mila, vale a dire il 3,8% del totale lavoratori. Tra i settori, quelli che esprimono i fatturati più importanti sono tv e home entertainment, a 12,2 miliardi di euro; per le arti visive 11,2 miliardi; e la pubblicità a 7,4 miliardi. Segue la categoria quotidiani e periodici con 7,4 miliardi, mentre tra i media la radio viene molto dopo con 0,8 miliardi. Come noto, il settore pubblicitario è in calo: nel triennio 2012-14 ha perso l’11,4% dei ricavi che nel 2014 si attestano a quota 7,4 miliardi di euro. Il dato interessante riguarda il trend degli occupati del settore: se l’area agenzie cresce del 44,1%, quella delle concessionarie perde il 40,4%. Il settore è dominato dalle multinazionali straniere, con un’unica struttura italiana nel ranking delle prime 15 centrali media nel 2013: Media Italia. La rivoluzione digitale, oltre a pesare sempre di più nei ricavi, genera nuove forme di advertising e di figure professionali. In particolare, si osserva la crescita della pubblicità mobile, +50% nel 2014 rispetto al 2013. Molto in crisi è il settore della carta stampata che nel triennio ha perso il 19,5% dei ricavi tra diffusioni e raccolta pubblicitaria, e l’8,9% dei lavoratori. L’unico trend positivo, anche perché nuovo e spinto dalla generale evoluzione tecnologica, è quello delle diffusioni digitali, cresciute del 130% tra il gennaio 2013 e il gennaio 2015, passando da 230 mila copie a 526 mila, ma non riuscendo ancora a coprire il calo delle diffusioni cartacee. La radio, invece, contiene le perdite al 3,3%, sempre nel triennio, laddove la performance peggiore la fa sempre la pubblicità (-8,1%) che si attesta a quota 453 milioni nel 2014. Nello stesso periodo gli occupati scendono del 6,3% tra diretti e indiretti. La ricerca evidenzia quanto già emerso da anni relativamente alla stretta relazione tra la radio e le piattaforme digitali, in particolare il web con la diffusione in streaming e le web radio, e i social network che fanno da ulteriore collante tra il mezzo e il suo pubblico.