Autore: Redazione
05/02/2016

Le quattro sfide del Super Bowl numero cinquanta

Una radiografia dell’evento dal campo al divano, dove siedono i tifosi che guardano la partita: Pepsi organizza lo spettacolo di fine primo tempo per il quarto anno di fila, gli advertiser spendono la cifra record di 376 milioni di dollari, i tre network tv principali hanno un contratto da 3,2 miliardi di dollari all’anno, per assicurarsi una finale su tre. E i social si inseriscono con nuove funzionalità

Le quattro sfide del Super Bowl numero cinquanta

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Al Levi’s Stadium di Santa Clara, California, è tutto pronto per il kick-off del Big Game. I Denver Broncos, campioni della AFC, sfideranno i Carolina Panthers, vincitori della NFC e favoriti, nel 50° Super Bowl, la finale del campionato professionistico di football americano. È questo l’incipit del grande spettacolo del 7 febbraio, anzi del match sul campo centrale. Non si tratta, infatti, solo di una partita di football. Tensione, passione, speranza, battaglia, orgoglio, epica sportiva si respirano già da giorni, settimane, forse mesi prima del fischio d’inizio. Un evento quasi magico che stringe tutti, nelle proprie case, a tifare più forte che si può. E che non lascia indietro alcun disperso nel disinteresse. Tv, radio, giornali e web ne parlano di continuo, l’attesa cresce, così come l’attenzione alla salute dei giocatori, alle tattiche e alla ricerca delle magliette degli idoli nei negozi. Sono proprio questi contorni magici, tracciati su un territorio ambizioso e fortemente competitivo, a portare la sfida su campi ben diversi dal manto erboso, a quanto si dice nemmeno ottimale, del Levi’s Stadium. E così, i network si combattono la trasmissione del match, gli advertiser gli spazi pubblicitari, i social gli utenti connessi. La partita allo stadio I più attenti tra i tifosi presenti allo stadio si accorgeranno delle zone di carico-scarico passeggeri brandizzate Uber. La app di trasporti ha stretto un accordo con il Super Bowl Host Committee, che si dice sia stato raggiunto intorno ai 500 mila dollari, per l’esclusiva sui car services. È la prima volta che il comitato organizzatore permette a un servizio di trasporti privato di accedere allo stadio. Ad esempio, l’anno scorso, in New Jersey, dove si giocava la finale, era stato vietato l’accesso all’area dell’impianto sia a Uber che ai taxi. “Siamo molto contenti di celebrare la nostra città come partner del Super Bowl Host Committee. La partita di quest’anno è praticamente nel nostro cortile, e vogliamo offrire agli abitanti della Bay Arena e ai fan di tutto il mondo un facile accesso all’area dello stadio, schiacciando un semplice bottone” ha fatto sapere Uber. In un’occasione del genere, fatta di emozioni e passione, ogni secondo è prezioso per associare un brand a tali sentimenti. Tempo che la Pepsi non ha perso per assicurarsi ancora una volta - ed è la quarta di fila - l’organizzazione dello spettacolo dell’intervallo. Sul grande palco, al centro del campo, saliranno i Coldplay, scelta un po’ contestata dagli utenti di Twitter, Bruno Mars e Beyoncè. Seth Kaufman, chief marketing officier di Pepsi, e Ram Krishnan, chief marketing officier di Frito-Lay (divisione snack della multinazionale), si sono trovati d’accordo nel dire che “the big game” va considerato il culmine di mesi e mesi di attività di marketing. “Non ci siamo concentrati su una singola interazione in un singolo giorno, ma abbiamo investito su tutti i sei mesi coperti dalla stagione di NFL attivando tutti i brand. Il Super Bowl, però, è un punto esclamativo, sebbene non sia più l’unico momento di contatto su cui puntare tutto” ha precisato Krishnan. La partita sui media I 75 mila seggiolini del Levi’s Stadium, per tanti che siano, non possono contenere l’intera nazione. La seconda battaglia è quindi tra i broadcaster. O meglio, sarebbe. Perché lo show, che nel 2015 ha registrato la più vasta audience tv della storia con 114,4 milioni di spettatori medi negli Stati Uniti e dal 2010 ha una media superiore ai 100 milioni di viewer solo in America, viene trasmesso ad anni alterni dai maggiori canali tv americani. Nbc, Cbs e Fox - nell’elenco manca Abc, che non fa parte dell’intesa e dal 2006 non ha più trasmesso l’evento -  nel 2011 hanno firmato il prolungamento del contratto, da 3,2 miliardi di dollari annuali complessivi, con la National Football League, per trasmettere a turno la partita, dividendosi così i diritti, e le spese, fino al 2022. Una soluzione che mette tutti d’accordo anche dal delicato lato delle revenue. Le smisurate quanto diversificate audience sono ovviamente molto ambite dagli advertiser, tanto che gli spazi pubblicitari offerti sono i più costosi in assoluto e i brand cercano di sfruttarli al meglio con spot confezionati ad hoc. Quest’anno il Super Bowl sarà ospitato sulle frequenze della Cbs, che ha scelto di affidare il post-partita al “The Late Show with Stephen Colbert”, invece della tradizionale serie in prime-time, consegnando a Colbert un’audience nell’ordine di grandezza dei 100 milioni, la più elevata di sempre per un late-show. Da settembre, quando ha debuttato, il programma ha accresciuto il suo share di una quota pari al 18%, scalzando dal primo posto il “Jimmy Kimmel Live” per quanto riguarda gli spettatori tra 18 e 49 anni di età, e questa sembra l’occasione giusta per recuperare terreno sull’altro top competitor, il “Late Night with Jimmy Fallon. In occasione dell’evento, poi, Cbs Sports ha deciso di cambiare il suo logo dopo 35 anni. “Abbiamo deciso di rendere il nostro logo più contemporaneo - ha dichiarato Sean McManus, presidente di Cbs Sports - . Non c’è strumento migliore del Super Bowl per lanciare un simile cambiamento. Era da due o tre anni che ci stavamo lavorando”.

La partita giocata dall’adv tradizionale Come detto, sull’evento i brand spingono sia dal lato creativo sia da quello economico. La conseguenza è uno show nello show. Secondo eMarketer, i maggiori cinque advertiser hanno prodotto uno sforzo totale da 745,1 milioni di dollari negli ultimi dieci anni. Anheuser-Busch ha speso da solo, tra il 2006 e il 2015, 278,3 milioni di dollari, PepsiCo 172 e Coca Cola 118,4 (ma con un anno di pausa). Dal 1967, prima edizione del Super Bowl, a oggi sono stati spesi 50 miliardi di dollari. Un solo secondo di pubblicità costa qualcosa come 160 mila euro, ma questo non spaventa i brand, che hanno prenotato i loro 30 secondi per cifre intorno ai 5 milioni. Una stima di Kantar Media e Ad Age Datacenter, valuta che il totale adv spending durante la partita raggiungerà i 376,8 milioni. E l’audience accoglie gli spot con piacere. Secondo un’altra ricerca di eMarketer, il 77,1% degli spettatori americani ha dichiarato di considerare le ads una parte dell’entertainment proposta dal canale. Strategie creative Inquadrate le cifre, e dunque l’importanza economica assegnata al fenomeno, anche le strategie creative hanno bisogno di un’analisi. Al contrario dei contenuti forti delle scorse edizioni, sulla falsariga di cyber bullismo, abusi domestici e temi sociali di diversa fattura, questo sarà il “Celeb Bowl”: dei 50 spot che verranno proposti, almeno 33 conterranno celebrities. Non tutte le pubblicità, infatti, sono state già rivelate. Amy Schumer e Seth Rogen recitano per Bud Light, T.J. Miller per Shock Top (marca di Anheuser-Busch), Keegan-Michael Key e Jordan Peele per Squarespace, Alec Baldwin per il primo spot in assoluto al Super Bowl di Amazon, Steven Tyler per Skittle e così via. “I personaggi famosi, all’interno della partita, fanno scattare un meccanismo di amore verso la marca, e portano un seguito sui social” ha dichiarato Dean Evans, chief marketing officer di Hyundai MotorAmerica, che ha già prenotato lo spot precedente al kick-off, in cui appaiono Ryan Reynolds e Kevin Hart. Proprio i social, e il digital in generale, sono l’ultimo tassello del grande mosaico mediatico. Social e digital Il placet degli spettatori agli spot si lega a doppio filo con le strategie digitali dei brand. In particolare con “Crash the Super Bowl”, un concorso attraverso cui Doritos, appartenente al re degli ad spender del 7 febbraio, PepsiCo, chiama i fan a produrre loro stessi uno spot e caricarlo in rete, con la possibilità di vincere un milione di dollari e lavorare con Zack Snyder, regista di film come “300” e “Man of Steel”. Il filmato migliore, scelto dagli utenti, sarà trasmesso durante la partita. “Il 40% del nostro investimento sull’evento sarà diretto al web, è li che si sviluppano le conversazioni. Twitter è la piattaforma da scegliere per eventi come questi. Il Super Bowl dell’anno scorso ha generato 29 milioni di tweet, ma non sarà l’unico social” ha dichiarato Krishnan. Un’alternativa valida è Facebook, che qualche settimana fa ha lanciato la sezione Sport Stadium (attiva solo per iPhone negli Stati Uniti), all’interno della quale compariranno aggiornamenti in tempo reale sulle azioni di gioco, commenti tecnici di esperti, statistiche, video e contenuti postati da altri utenti che seguono le partite. Un modo per contrastare non solo Twitter, ma anche le app di Espn e Cbs. Inoltre, la partnership stretta con Nielsen permetterà di incorporare queste conversazioni nei Social Tv Ratings. La piattaforma di microblogging deve guardarsi anche da Google, che ha lanciato i “Real Time Ads”. Potranno essere consegnati all’interno dei video di YouTube e dei suoi 2 milioni di siti partner durante momenti di grande rilevanza come, neanche a dirlo, il Super Bowl. L’abilità di Twitter nel raccogliere target real time è adesso minacciata, così come le conversazioni sui programmi tv. Cosa manca? Snapchat. Il social del fantasmino ha raccolto le sponsorizzazioni di Marriott, Budweiser, l’immancabile Pepsi e Amazon, i cui spot saranno lanciati nella sezione Live Story durante la partita. Adesso il mosaico è completo. Che vinca il migliore.