Autore: Redazione
06/07/2016

Karim Bartoletti: al festival abbiamo Cannes-nato!

Intervento del socio ed executive producer di Indiana Production sui risultati ottenuti dall’Italia all'evento francese 2016 che si è appena concluso

Karim Bartoletti: al festival abbiamo Cannes-nato!

Articolo a cura di Karim Bartoletti
  Faccio i complimenti a noi italiani della réclame. Faccio a noi stessi i complimenti su come ci siamo abilmente nascosti dietro all’Italia di Conte, il Brexit socio-politico e calcistico, la scomparsa dei grandissimi Bud Spencer e Michael Cimino, il Palio di Siena, lo stallo creato a Roma dal sindaco neo-eletto Virginia Raggi e tante altre cose sotto le quali ci siamo rannicchiati, per non parlare della misera figura che abbiamo fatto a Cannes nelle scorse settimane. Quest’anno infatti - oltre a Publicis Italia, che ringrazio pubblicamente, per aver tenuta alta, oltre alla propria bandiera, anche quella tricolore “nella gabbia dei leoni” - abbiamo dimostrato non solo di essere lontani dal resto del mondo, ma di essere inesistenti nelle conversazioni globali e nei cambiamenti di un business che se non cambia è come se fosse morto. L’Italia non ha vinto perché non c’era. Non c’era politicamente, né come sistema-Paese e di pensiero, né come creatività che pensa in grande e si fa notare. Non c’era proprio - ed escludo sempre Publicis Italia-. E, non essendoci, ha fatto male a se stessa e a quei pochi – pochissimi - miseri progetti che avremmo potuto difendere davanti al mondo.

Non abbiamo un sistema di advertising che si muove

Quest’anno, più di qualsiasi altro, l’Italia non era “grande abbastanza” per il resto del mondo creativo… perchè l’Italia, dentro il contenitore di Cannes, si è persa… anzi, peggio, non si è proprio ritrovata. E non è che non siamo capaci (anzi, potenzialmente siamo molto molto meglio di tanti altri), è che non abbiamo un “sistema advertising” che si muove, si presenta forte anche se forte magari non è, si mette in discussione, sviluppa pensieri nuovi, compra idee originali ed esplosive, pensa al di fuori del famigerato “box”, spinge per uscire dalla “stanza dei bottoni che non funzionano più”, e che crea cose nuove, belle e giuste... Noi, tutto questo, in generale, non ce l’abbiamo, e se l’abbiamo non siamo capaci di farlo vedere agli altri, perchè non abbiamo un “sistema” appunto che lo spinga, che non lo distrugga con il lamento, e che lo valorizzi con la positività che si merita.

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Doppiati da modelli di business nuovi

Quando vediamo cose belle al Cannes Lions (anche quelle “discutibili”), è chiaro che né l’Italia di Conte, il Brexit o Bud Spencer ci devono fermare di fronte al fatto che noi creativi, i nostri clienti, le nostre agenzie e case di produzione, i nostri innovator, i grandi e i piccoli comunicator del nostro business e, quindi, tutto il mercato del brand content e della comunicazione, da subito, dobbiamo svegliarci, perchè siamo chiaramente stati doppiati da modelli di business nuovi, livelli creativi diversi, pensieri di comunicazione ambiziosi, pensieri di flusso più inclusivi, e concetti di “distruptiveness” multimediali all’avanguardia, da Paesi che hanno smesso di parlare della creatività che vorrebbero fare e hanno cominciato a fare la creatività per poterne parlare, poterla condividere, potersi far notare, e poter fare “esplodere” un brand. Insomma, l’Italia è assente da tutto questo. E’ assente dal tavolo delle “cose belle”, delle “cose giuste” e dei “pensieri nuovi”. Smettiamola di lamentarci di quello che ci sta accanto, di incastrarci nelle nostre stesse preoccupazioni e di portare dentro idee da fuori, e proviamo a spingere le nostre da dentro a fuori. Smettiamola di non mettere in dubbio le modalità con le quali abbiamo fatto le cose fino ad ora, perchè se continuiamo a pensare alla creatività come a una mera fornitura per i brand e non cominciamo a pensarla come una vera soluzione per le marche, allora affogheremo nelle stesse gerarchie e politiche nelle quali siamo incastrati.

Cambiare per far partire un sistema virtuoso

Bisognerebbe cominciare a fare sistema: cominciamo a dare valore alla creatività e all’esecuzione dell’idea. Cominciamo a mettere in discussione delle modalità obsolete, per il bene del progetto, che solo con il coraggio possiamo scardinare, cominciamo a fare le cose “giuste” per i nostri clienti, proviamo a far comprare delle idee grandi per i nostri brand, cominciamo a combattere per farle bene per i “contenitori” nei quali verranno viste, cominciamo a far capire che il digitale non è secondario, non costa di meno, cominciamo a raccontare - e insegnare - al nostro mondo le altre cose che si possono fare al di fuori delle cose che ci chiedono di fare: perché, se lo facciamo, quelle cose “giuste”, diventeranno naturalmente “belle” e, così, potremmo forse far partire un sistema virtuoso. Ora parte, su Facebook,#bestofcannes: per vedere, rivedere, condividere “cose belle”, e poterle criticare; per poter vedere i nostri limiti e quelli degli altri, per poterci, in definitiva, posizionare per quello che facciamo tutti i giorni. Non dimentichiamoci che facciamo il lavoro più bello del mondo nel momento storico più divertente e interessante. Lo credo veramente e, poi, un’altra Cannes-tonata così non ce la meritiamo.