Autore: Redazione
21/04/2016

Creatività e dati, le informazioni sugli utenti diventano idee

Un intervento durante l’Advertising Week di Londra ha messo di fronte speaker che rappresentano i due mondi. L’intenzione è quella di avvicinare i due orizzonti, ma nel breve termine sembra che la creatività sia messa alle strette. Le agenzie devono acquisire skills per coniugare concept graffianti con le opportunità tecnologiche

Creatività e dati, le informazioni sugli utenti diventano idee

In un mondo in cui programmatc e dati possono consegnare il giusto messaggio al giusto utente al giusto momento la creatività sembra essere messa all’angolo. D’altra parte, però, per emergere in questo oceano piatto è necessaria la potenza dell’idea. Il panel “It’s Time to Collide: The Intersection Between Data, Creativity, Media & Content” in programma durante l’Advertising Week ha voluto creare un faccia a faccia tra le due realtà: scienziati e artisti. Ben Wood,  Global President di iProspect, Andrew Hirsch, Ceo di John Brown Media, Rick Hirst, Ceo di McGarryBowen, Will Gompertz, Arts Editor della BBC, KJ Weir, creative agency partner di Facebook e Nigel Gilbert, VicePresident di Strategic Development AppNexus, hanno cercato un punto d’incontro di questi due universi, sempre che si possa dire che siano effettivamente separati. «La creatività è essenziale all’advertising, non esistono due gruppi. Come Piero della Francesca era un matematico, ma anche un eccellente pittore, creatività e scienza del dato devono fare parte dello stesso corpo. La misurabilità delle opere creative, attraverso metriche indiscutibili, avvicina questa disciplina al dato, in una fusione che deve diventare sempre più virtuosa» ha spiegato Gompertz. Ma c’è chi vede il punto medio in modo diverso, come Hirsch: «In realtà, dipende dalla volontà del cliente. Se ha bisogno di dati più che di una grande idea è nostro dovere fornirgliela. È nostro dovere capire cosa vuole e adeguarci di conseguenza. Dobbiamo assomigliare a dei commedianti». A prendere parte, chi in una direzione chi nell’altra, sono invece Hirst e Gilbert. «I dati sono solo strumenti. La tecnologia si evolve più velocemente dei business, in un modo piuttosto spaventoso. Così capita che i creativi declinino l’invito al cambiamento suggerito dagli sviluppatori. La vera sfida è capire come utilizzare questi dati, fare chiarezza sul loro scopo e sulle loro frontiere. Gli utenti vogliono essere intrattenuti, vogliono che la loro attenzione sia catturata. Non vogliono che gli si dimostri di essere studiati» ha detto il primo. «Gli sviluppatori comandano il mercato. Il programmatic, che ha aggressivamente pervaso il mercato Uk, non è altro che l’applicazione dei dati alla tecnologia. I brand vogliono essere sicuri di raggiungere certe performance, ed è stata questa la fortuna, e il motivo del predominio, della tecnologia. Nonostante questo, dsp e ssp non sono strumenti di planning, e quindi c’è ancora una finestra aperta per i creativi» ha replicato il secondo. Non è certo un messaggio di ottimismo verso lo spazio di manovra delle agenzie, però. «Dalla mia esperienza - ha continuato Gilbert - ho notato che i clienti si accontentano del giusto messaggio al momento giusto. Alcune volte compongono i messaggi con termini che spaventano gli utenti, in altre mostrano di conoscerli troppo bene, quasi al livello di inserire il loro nome nelle ads. Sono comportamenti che non definirei proprio efficaci, ma rimane il fatto che ritengono la creatività un costo eccessivo. Più che alla grande idea, i brand sono interessati a saper prevedere i comportamenti». Hirst non ci sta, e ha sottolineato: «E’ vero, c’è un gap nel processo e alcuni problemi interni alle agenzie, economici e sulla capacità di interpretare i dati. Il processo creativo deve cambiare verso un orizzonte in cui le informazioni sugli utenti siano un input per la costruzione dell’idea. Adesso, però, il discorso finanziario sembra avere un certo peso. In realtà, c’è un altro punto di vista da tenere in considerazione: la tecnologia crea opportunità, nuovi spazi di movimento; e la creatività li valorizza. La pubblicità dev’essere ricordata, è questo che fa grande un brand». Gompertz ha rafforzato il concetto con una frase lapidaria che ha il sapore di una massima: «La tecnologia ha sempre guidato le grandi rivoluzioni creative».