Autore: Redazione
13/10/2016

I giornalisti sui social per promuoversi, la fotografia di due indagini in Italia e in America

Uno studio qualitativo dell’Istituto Ixè con il supporto di Encanto Public Relations intervista 50 casi nel nostro Paese che vengono confrontati con un'analoga iniziativa nordamericana firmata Cision

I giornalisti sui social per promuoversi, la fotografia di due indagini in Italia e in America

Si intitola Audit Italian Press ed è un’indagine qualitativa dell’Istituto Ixè con il supporto di Encanto Public Relations, in pratica la prima fotografia di come i giornalisti utilizzino i social network nel loro lavoro. L’anteprima della ricerca, che a dicembre sarà riproposta ai 18 mila iscritti al portale Giornalistisocial.it, indaga 50 casi in Italia (confrontati con un campione negli Stati Uniti e Canada raccolto da Cision), da cui emerge un’istantanea dell’utilizzo dei social network da parte dei giornalisti in primis per promuovere il proprio lavoro (83% contro il 73% degli americani) e per costruire relazioni (54% contro il 73%). Solo in seconda battuta i social vengono utilizzati per monitorare l’opinione pubblica (52% contro il 64%) e secondariamente per trovare storie (41% contro il 52%), verificare i fatti e approfondire (41%).   Tra urgenza e affidabilità, tra scoop e verifica, le differenze di vedute Le piattaforme più utilizzate sono Facebook (87%), YouTube (70%) e Twitter (67%), mentre si prevede una crescita di rilievo soprattutto di Instagram e Snapchat. Per il rapporto di Cision, è Periscope a farla da padrone in particolare perché consente di accedere a trasmissioni live. Il 50% dei giornalisti ritiene i social fonti di informazione affidabili con la maggior fiducia assegnata dagli utilizzatori di YouTube, Instagram (piattaforme largamente visual) e Twitter. Quasi univoca l’asserzione di pubblicare notizie verificate e complete (91%) piuttosto che inseguire lo scoop per essere i primi. Anche gli americani condividono questa posizione anche se una percentuale minoritaria ma più consistente che in Italia preferisce l’urgenza all’affidabilità. Le immagini e i video utilizzati dai professionisti sono in larga parte ricavati da banche dati a pagamento o gratuite online; seguono le fonti interne alle testate e solo infine la produzione propria. Il 25% dei giornalisti dichiara di utilizzare il materiale postato sui social.
schermata-2016-10-13-alle-18.04.09
Andrea Tortelli Giornalisti con tutela contrattuale e colleghi senza garanzie Andrea Tortelli, giornalista professionista e fondatore di Giornalisti Social (www.giornalistisocial.it), la più grande comunità italiana di giornalisti sui social media con oltre 26 mila iscritti, interpellato su questi dati dice: “Da una parte cresce la consapevolezza che i social siano strumenti di promozione e autopromozione sempre più importanti, dall'altra in pochi hanno capito che la carta non può rappresentare il futuro, e che non rappresenta già più il presente. In questo contesto, la parte più conservativa è rappresentata, a mio avviso, da coloro che sono rimasti all’interno dei giornali e vedono con diffidenza il nuovo scenario del digitale, del mobile e dei social, guardando alla professione con una visione più tradizionale. Poi ci sono i colleghi che le garanzie del Contratto nazionale giornalistico le hanno perse o non le avranno mai, che interpretano il lavoro del giornalista in maniera più aperta, ma a volte contraddittoria, nella consapevolezza che - come indica anche una ricerca del Censis - oggi i social siano la prima fonte di informazione per la gran parte degli italiani".     Vuoi fare il giornalista? Meglio di no Inoltre nelle 2 indagini viene evidenziata la tendenza dominante nell’industria editoriale in merito alla compatibilità dei format della testata con gli smartphone (54%), convinti della fruizione di notizie da parte del pubblico tramite apparecchi mobili. Segue la necessità di offrire contenuti multimediali (41%), per raggiungere il target “always on” che ha bisogno di una molteplicità di canali. Sul futuro dell’advertising, ne individuano il futuro nella forma “native” mentre gli americani sono nel 47% dei casi neutrali (e il 28% negativi). Il giornale cartaceo sembra avere ancora lunga vita per gran parte del campione: il 35% si dichiara sicuro che ci sarà ancora fra 10 anni, un ulteriore 48% ritiene che sia probabile. Tuttavia, il 61% dei giornalisti italiani non consiglierebbe a un giovane di intraprendere la carriera di giornalista.