I giornalisti sui social per promuoversi, la fotografia di due indagini in Italia e in America
Uno studio qualitativo dell’Istituto Ixè con il supporto di Encanto Public Relations intervista 50 casi nel nostro Paese che vengono confrontati con un'analoga iniziativa nordamericana firmata Cision
Si intitola Audit Italian Press ed è un’indagine qualitativa dell’Istituto Ixè con il supporto di Encanto Public Relations, in pratica la prima fotografia di come i giornalisti utilizzino i social network nel loro lavoro. L’anteprima della ricerca, che a dicembre sarà riproposta ai 18 mila iscritti al portale Giornalistisocial.it, indaga 50 casi in Italia (confrontati con un campione negli Stati Uniti e Canada raccolto da Cision), da cui emerge un’istantanea dell’utilizzo dei social network da parte dei giornalisti in primis per promuovere il proprio lavoro (83% contro il 73% degli americani) e per costruire relazioni (54% contro il 73%). Solo in seconda battuta i social vengono utilizzati per monitorare l’opinione pubblica (52% contro il 64%) e secondariamente per trovare storie (41% contro il 52%), verificare i fatti e approfondire (41%).
Tra urgenza e affidabilità, tra scoop e verifica, le differenze di vedute
Le piattaforme più utilizzate sono Facebook (87%), YouTube (70%) e Twitter (67%), mentre si prevede una crescita di rilievo soprattutto di Instagram e Snapchat. Per il rapporto di Cision, è Periscope a farla da padrone in particolare perché consente di accedere a trasmissioni live. Il 50% dei giornalisti ritiene i social fonti di informazione affidabili con la maggior fiducia assegnata dagli utilizzatori di YouTube, Instagram (piattaforme largamente visual) e Twitter. Quasi univoca l’asserzione di pubblicare notizie verificate e complete (91%) piuttosto che inseguire lo scoop per essere i primi. Anche gli americani condividono questa posizione anche se una percentuale minoritaria ma più consistente che in Italia preferisce l’urgenza all’affidabilità. Le immagini e i video utilizzati dai professionisti sono in larga parte ricavati da banche dati a pagamento o gratuite online; seguono le fonti interne alle testate e solo infine la produzione propria. Il 25% dei giornalisti dichiara di utilizzare il materiale postato sui social.
Andrea Tortelli
Giornalisti con tutela contrattuale e colleghi senza garanzie
Andrea Tortelli, giornalista professionista e fondatore di Giornalisti Social (www.giornalistisocial.it), la più grande comunità italiana di giornalisti sui social media con oltre 26 mila iscritti, interpellato su questi dati dice: “Da una parte cresce la consapevolezza che i social siano strumenti di promozione e autopromozione sempre più importanti, dall'altra in pochi hanno capito che la carta non può rappresentare il futuro, e che non rappresenta già più il presente. In questo contesto, la parte più conservativa è rappresentata, a mio avviso, da coloro che sono rimasti all’interno dei giornali e vedono con diffidenza il nuovo scenario del digitale, del mobile e dei social, guardando alla professione con una visione più tradizionale. Poi ci sono i colleghi che le garanzie del Contratto nazionale giornalistico le hanno perse o non le avranno mai, che interpretano il lavoro del giornalista in maniera più aperta, ma a volte contraddittoria, nella consapevolezza che - come indica anche una ricerca del Censis - oggi i social siano la prima fonte di informazione per la gran parte degli italiani".
Vuoi fare il giornalista? Meglio di no
Inoltre nelle 2 indagini viene evidenziata la tendenza dominante nell’industria editoriale in merito alla compatibilità dei format della testata con gli smartphone (54%), convinti della fruizione di notizie da parte del pubblico tramite apparecchi mobili. Segue la necessità di offrire contenuti multimediali (41%), per raggiungere il target “always on” che ha bisogno di una molteplicità di canali. Sul futuro dell’advertising, ne individuano il futuro nella forma “native” mentre gli americani sono nel 47% dei casi neutrali (e il 28% negativi). Il giornale cartaceo sembra avere ancora lunga vita per gran parte del campione: il 35% si dichiara sicuro che ci sarà ancora fra 10 anni, un ulteriore 48% ritiene che sia probabile. Tuttavia, il 61% dei giornalisti italiani non consiglierebbe a un giovane di intraprendere la carriera di giornalista.