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IAB Seminar, performance marketing entra in una nuova fase più “olistica” e programmatica

Autore: A Rocca


Aziende e addetti ai lavori hanno preso in esame la necessità di abbandonare un approccio classico al comparto che oggi in Italia è pari al 50% degli investimenti digital.

Un performance marketing sempre più “olistico” è quello preso in esame dallo Iab Seminar dedicato al tema che si è tenuto ieri presso la sede di Talent Garden a Milano. “The best is yet to came”, recita il titolo dell’incontro moderato da Marco Montemagno, che con la consueta verve ha aperto i lavori, introducendo gli interventi di apertura di Daniele Sesini, direttore generale IAB Italia, e Paolo Mardegan, consigliere IAB Italia oltre a coordinatore del tavolo di lavoro “performance marketing”. Il primo ha spiegato che sempre di più si parla e si parlerà di performance non nell’accezione classica, ovvero come approccio di compra-vendita, ma come il frutto del lavoro di tech agency e di dati che offrono opportunità incredibili per migliorare i kpi. «Fare performance significa investire in modo intelligente e pagare il valore del contatto per quello che è», ha detto Sesini. «Bisogna andare oltre il concetto di “cost per qualcosa” e ampliare lo sguardo per capire come il performance marketing possa essere strategico anche per il mondo fisico e viceversa». Mardegan ha aggiunto che il seminar è la degna prosecuzione della ricerca avviata lo scorso ottobre dal tavolo di lavoro dedicato al performance cui hanno aderito moltissime aziende e operatori del settore. «Il nostro obiettivo è quello di definire con chiarezza che cos’è il perfomance marketing conferendogli la dignità che gli spetta all’interno di tutte le leve del marketing e della comunicazione. Dobbiamo lavorare per azzerare le distanze tra performance e le attività di branding. Il prossimo passo è quello di mappare il mercato e sopperire alla scarsità di dati ad oggi disponibile».  

Performance in politica

In collegamento via Skype da Montecitorio, il deputato Stefano Quintarelli ha fatto il punto sull’Agenda Digitale del Governo, ricordando che la pubblica amministrazione è elemento fondamentale nell’aiuto a trascinare il paese e la sua cultura digitale. Ha affrontato temi come la banda larga, l’identità digitale e l’anagrafe unica e a causa di una non trascurabile difficoltà nella connessione ha rimandato alla sezione “Avanzamento crescita digitale” del sito Agid.gov.it per conoscere a fondo le “performance” del digital nel nostro Paese. Iab-Seminar-e1412937119193

I numeri del performance

È stata poi la volta degli interventi dedicati ai “numeri” del performance marketing e la parola è passata a Marta Valsecchi, direttore osservatori Internet Media e Mobile Strategy degli Osservatori Digital Innovation Polimi, Fabrizio Angelini, ceo & founder Sensemakers - comScore Italy, e Giorgio Galantis, presidente FCP-Assointernet. Proprio secondo l’Osservatorio FCP, il performance nel 2015 vale poco più di 40 milioni di euro, cioè una quota di poco inferiore al 10% dei 470 milioni di fatturato totale generato dalla industry, con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. «Performance è secondo il nostro statuto, tutto ciò che non è venduto a CPM, fatta eccezione per quella tipologia di vendita che non garantisce risultati», ha detto Galantis. Il search a performance venduto a CPC, secondo Valsecchi, vale circa un terzo del mercato, con una crescita dell’11% YoY. «Noi stimiamo che il performance sia pari in Italia a circa la metà del mercato online, escludendo il video. Ma si stanno facendo strada modelli ibridi di difficile categorizzazione. Anche a livello internazionale non è semplice stimarne il valore. Negli Stati Uniti, il performance marketing ha raggiunto una quota del 65%, ma facendo una media dei mercati si potrebbe parlare di una media del 30/35% solo a livello di search. Sempre secondo Valsecchi, è diverso guardare al performance come modalità d’acquisto/vendita o come obiettivo d’azienda. E anche il programmatic si basa sulle performance. Galantis ha poi parlato di un trend negativo nel performance classico, che ha registrato quasi un -5% dall’inizio dell’anno, contro un -1,9% dell’adv digitale italiana nel complesso. Valsecchi ha ricordato l’importanza del mobile e della crossmedialità. «L’utente comincia a prendere decisioni d’acquisto da mobile per poi finalizzare su altri canali. Avere modelli di attribuzione per il mobile è ormai fondamentale così come il tema della geolocalizzazione o quello dei click non voluti». Si torna a parlare di formati di valore personalizzati per l’utente. E Angelini aggiunge una considerazione sullo shift del consumo da desktop a mobile: «Il 40% del traffico è multipiattaforma, il 25% esclusivamente da mobile e il resto da desktop. Il 40% delle persone che ha cercato un prodotto/servizio da mobile ha poi perfezionato l’azione su desktop. La multimedialità ha un peso maggiore sulla conversione e l’utilizzo multidevice è un indicatore dell’evoluzione del mercato. Il 90% di chi converte è multi touchpoint. È, quindi, fondamentale capire come si sviluppa la conversione e non misurare solo l’ultimo click».  

Oltre l’awareness

Gianpaolo Vincenzi, managing director Italy Connect Part of GroupM, Francesco Lucchetta, managing director Mediacom, e Valentina Torrusio, connection strategy & media manager Coca Cola, hanno presentato la prima case history della giornata. Coca Cola Italia non ha bisogno di awareness. Da questo presupposto si sviluppa l’intervento che punta a far luce sull’importanza della consideration, cioè ciò che il consumatore si chiede rispetto ad un prodotto/servizio, momento centrale all’interno del funnel di conversione. L’azienda, spiega Torrusio, lavora su due strade parallele: «SEA e SEO sono i due strumenti fondamentali di presidio digitale. Li abbiamo usati entrambi per supportare la visibilità del nostro nuovo portale coca-colarisponde. it e per sviluppare un dialogo rapido e soddisfacente con il consumatore. In particolare, grazie alla search engine advertising siamo in grado di intercettare le tematiche più delicate proprio nel momento in cui l’utente ha più bisogno di risposte. Con la search engine optimization invece sedimentiamo l’idea di consideration positiva. Attiviamo e lavoriamo su diverse leve per arrivare alla transazione finale. Siamo in grado di misurare tutto. Abbiamo un’awareness altissima, ma una grande brand of score non sempre si tramuta in transazioni. Noi dobbiamo capire il perché e poi adeguare la strategia». Parlando di performance, quindi, Coca Cola spinge a ragionare su tutto il funnel per aiutare la consideration in maniera positiva. Awareness è una condizione necessaria, ma non più sufficiente. ESecondo la company è necessario misurare tutto il funnel per comprendere al meglio le relazioni causa-effetto. E la potenzialità del digitale consiste proprio in questo: nella sua capacità di misurare ed essere misurato. iab seminar1

Programmatic trading

Secondo i dati di IAB Europe, presentati da Anthony Rhind, member of IAB Europe & chief strategy officer Adform, quasi tutti gli stakeholder dell’ecosistema digitale stanno adottando il programmatic trading - ultima frontiera del performance marketing che permette di ottimizzare i costi e raggiungere l’audience desiderata in un’ottica di miglior performance - e potenziando la loro strategia in questo senso. Nel 2015 in UK il 60% del digital display è stato venduto in programmatic. 4.500 advertisers hanno speso 1,3 miliardi di sterline in performance nel 2015. Soltanto il 13% delle aziende, l’8% degli editori e il 7% delle agenzie media ha dichiarato di non utilizzare tecnologie datadriven. Il 56% degli advertisers e il 72% delle agenzie mette in luce, infatti, come il programmatic consenta di ridurre le inefficenze grazie a un maggior controllo e a una migliore targettizzazione; il 68% dei publishers conferma che l’approccio programmatico permetta una maggior efficienza nella gestione degli spazi.  

Zalando e zanox

La zeta non è l’unica cosa che accomuna queste due società, che hanno entrambe headquarter in Germania e vasta esperienza nel campo della moda. Chiara Basalini, senior affiliate marketing manager Italia, Spagna e Polonia Zalando, e Sheyla Biasini, country manager Italia zanox, hanno raccontato in breve i frutti di una partnership ben oliata. Zalando genera 2,9 miliardi di euro di fatturato in 15 mercati, ha 18,4 milioni di consumatori attivi e circa il 90% di brand awareness, più di 160 milioni di visite mensili, circa il 62% di traffico da mobile. La strategia messa in campo da zalando si basa su tre pilastri fondamentali: content (campagne di affiliazione, progetti speciali…); publisher mix (content partner, cobranding, blogger, app…); innovation (in-app tracking, engagement kpi…).  

Eolo

Luca Spada, presidente Eolo, Laura Rovizzi, senior advisor marketing e strategie Eolo, Giordana Artibani, key account manager DigiTouch Agency, hanno descritto alla platea l’attività di lancio sul mercato dell’operatore che vende connettività a banda ultralarga. I numeri: 70 milioni di euro di ricavi con un ebidta positivo del 30%, percentuale con cui Eolo cresce anno su anno; oltre 200mila clienti, pari a uno nuovo al minuto. DigiTouch ha lavorato insieme al cliente a una strategia commerciale integrata a 360° per poter giocare al tavolo dei grandi player. Il web è l’asset strategico legato a tutte le leve, tanto che l’investimento per l’anno fiscale 2015/2016 di Eolo è pari al 70% del budget advertising. I risultati non si sono fatti attendere: +50% delle vendite grazie a test continui sui canali, velocità di reazione, ottimizzazione, creatività efficace.  

IMS Healt

IMS Health è una multinazionale che supporta l’industria farmaceutica attraverso la fornitura di informazioni, analisi e servizi di consulenza, con un fatturato pari a 7 miliardi di dollari. Manlio Sanna, Marketing Director IMS Health ha presentato alcune case history di prodotto per spiegare come il digital sia ormai una delle principali leve di marketing dell’azienda insieme all’infrastruttura tecnologica, alla creatività, e ai touch point fisici sul territorio che possono avere una possibile evoluzione/trasformazione in contenuto digitale. L’esempio dell’attività svolta sul brand di birra Grimbergen ha portato a +33% di vendite in Francia nel 2015, anno in cui IMS Health ha spostato più del 50% del budget su performance e programmatic. IAB-Seminar-2

La lead generation nell’era mobile

Protagonista di questo intervento, Laura Bergo, account director di Clickpoint, azienda specializzata in soluzioni di marketing e pubblicità online performance oriented. L’argomento della discussione, la lead generation mobile, è anche un tema molto caldo al momento, essendo oggi, il mobile, il primo canale di contatto con gli utenti, nonché quello più strategico per per marketer e advertiser. L’84% della popolazione possiede oggi un telefonino. Non si parla volutamente solo di smartphone che registra, invece, una penetrazione del 70%, poiché anche gli sms, sebbene in forte calo, sono considerati ancora un mezzo di contatto importante poiché essendo tendenzialmente percepiti come più personali, registrano un buon tasso di click (il 23% degli utenti riceve in media 20 sms al giorno). Il traffico mobile è in aumento del 48% insieme a quello multipiattaforma che registra un +11%. In calo il desktop. Interessanti i dati riportati da Bergo, che delineano anche uno scenario delle abitudini degli utenti: il 79% abbandona lo smartphone non più di due ore al giorno, il 74% lo utilizza come mezzo primario di ricerca e il 23% conclude acquisti e transazioni direttamente in mobilità senza passare dal desktop. Ma quali sono i vantaggi per gli addetti ai lavori? Il mobile ha aperto nuove strade per la profilazione, oggi molto più dettagliata grazie a tool come la geolocalizzazione, le informazioni che il device stesso delivera (uomo/donna, iOS/android e così via) ed è statisticamente provato che oggi è il canale più usato dagli utenti per un primo contatto con aziende e adv. Ad esempio, il 65% delle DEM è aperto da mobile. Per competere in questo scenario, per prima cosa, le landing page dove si spera di far approdare gli utenti devono essere mobile responsive ed estremamente veloci per poter generare conversione ma anche semplicemente per non indurre l’utente a scappare. Tuttavia questo oggi non basta e studiare in modo sempre più dettagliato le abitudini di navigazione è diventato un passaggio cruciale. Il 45% degli utenti, infatti, non rimane più di 10 secondi su una pagina e il 39% non ritorna mai più. Anche i social hanno un ruolo fondamentale nella generazione di lead, basti pensare al fatto che il 70% dei marketer ottiene la maggior parte dei suoi clienti da Facebook. Per quanto riguarda il futuro, ha sottolineato Brembo, “probabilmente riceveremo mail che leggeremo indossando un visore per la VR, parleremo con assistenti automatizzati ma intelligenti e chiacchiereremo del più e del meno con i chatbot”.  

Il mondo del search advertising

Uno dei provider tecnologici più noti, la Microsoft, e il suo head of marketing Europe per la sezione search advertising, Cedric Chambaz, i protagonisti di uno speech incentrato, appunto, sul presente e sul futuro della search, segmento strategicamente importante e complesso, che si è trasformato negli ultimi 10 anni insieme ai comportamenti e alle esigenze degli utenti. E, proprio i comportamenti degli utenti, sono stati il main topic dell’intervento, poiché il destino di questo settore dipende tutto dalla qualità della user experience. Ciò che realmente fa la differenza oggi, è che il metro di misurazione per impostare un efficace percorso di ricerca non può più tenere conto solo della variabile “intenzione” ma di una ben più importante: l’aspettativa. Gli utenti, oggi, da un motore di ricerca, non cercano più semplici informazioni, ma vogliono risposte. Non cercano più un capo di abbigliamento, ma un consiglio su cosa indossare, non cercano semplici documenti, ma persone ed esperienze. Sono esigenti e hanno, appunto “aspettative” sempre più elevate. È per questo, infatti, che oggi i risultati di una ricerca cambiano in base a dove un utente si trova, a cosa ha visitato online di recente, a ciò che pubblica sui social network e persino a in base a quale device sta usando. Il prossimo step è trovare metodi che rendano la search sempre più immediata e personale. Secondo Chambez il futuro della search è nei bot.  

Alla guida della performance ci sono i dati

Luca Mecca e Mattia Zara rispettivamente managing director e commercial director di Ve Interactive Italia hanno presentato alla platea del seminar una serie di dati emersi da una ricerca, condotta internamente, che hanno evidenziato un problema spesso trascurato quando si parla di conversion: gran parte del traffico online, rimane anonimo. Un problema che però è anche il core business di Ve Interactive che ha sviluppato dei tool in grado di intercettare questi dati apparentemente invisibili. I dati parlano chiaro: il tasso di conversione medio di un ecommerce è pari appena all’1,5% contro un 98% di traffico che non converte affatto. Ciò che non tutti sanno è che il traffico anonimo può generare fino al 10% di conversion. Come ha sottolineato anche Mecca, “bisogna semplicemente guardare le cose da un’altra prospettiva, non tanto in termini di media mix, ma proprio a livello di technology mix”. E, dunque, avendo avuto modo di valutare dati molto più ampi riguardo alla performance, i due speaker hanno anche elencato gli ingredienti che, secondo loro, sono basilari per ottenere buoni risultati in questo segmento. Nello specifico: Prospecting (che può riferirsi al programmatic, al native come all’omnichannel), on site engagement, retargeting e orientamento alla piattaforma perché sia concepita per semplificare o addirittura automatizzare i processi. Queste keyword girano tutte intorno a due capisaldi: dati e user experience di qualità.  

Native & Performance

Il tema del native è stato affrontato da Sebastiano Cappa, country manager Ligatus Italia, che ha presentato il caso IBS.it insieme al loro display & media manager, Maria José Castelli. Cappa ha sottolineato la trasversalità del rapporto tra il native e i risultati in termini di performance che, come ha confermato anche Castelli, non può ridursi alla semplice rincorsa della conversion. Ciò che ha determinato il successo della collaborazione tra Ligatus e IBS, è stata, infatti, l’attenzione totale dedicata alla user experience, perché un traffico di qualità genera click interessati. I formati native di Ligatus non sono intrusivi, si mescolano con i contenuti e sono coerenti con il teaser, quindi, quasi sempre cliccati intenzionalmente dagli utenti. Lo hanno dimostrato anche i numeri di questa case study, che mostrano come il native abbia generato il maggior tasso di conversione rispetto agli altri metodi di comunicazione utilizzati da IBS (display, SEM, affiliazioni e così via). Cappa ha, infine, accennato alle ultime novità lanciate dalla company, nello specifico, la possibilità di lavorare con il native advertising anche in programmatic e la loro nuova DSP che può identificare la semantica della pagina di destinazione offrendo un dato importante per le campagne da elaborare direttamente in macchina.  

Tecniche e tattiche per raggiungere una performance ad alto ROI

Sono i topic discussi in una tavola rotonda composta da Alfonso Mariniello, country manager Adform, Stefano Masiero, amministratore delegato E-Business Consulting e Paola Colombo, head of technology and business development Mediamond. Tre le argomentazioni più importanti emerse: attribution, dati e strategie multidevice. Del resto, il performance marketing oggi è fatto di multicanalità. Prima della conversione, infatti, l’utente entra in contatto con diverse campagne e, stabilire quale di queste abbia effettivamente generato la conversion, è importante quanto complesso. Ragionare solo in termini di ultimo miglio non è conveniente per le aziende e anche a livello strategico è un metodo troppo povero di preziose informazioni che appartengono a un percorso molto più articolato. Bisogna imparare a lavorare con i dati, come ha sottolineato anche Masiero e la loro corretta interpretazione è la chiave per determinare una strategia vincente. Bisogna, però, anche sperimentare senza paura, per riuscire ad anticipare i competitor. Altro tema discusso, quello dei cookie, i relatori sono stati interrogati sulla loro attuale efficacia, messa ormai in ombra da nuove tecnologie per il tracciamento, dall’abilità degli utenti ormai in grado di svuotare le proprie cache facilmente e dalla preponderanza del mobile. I cookie non sono morti, ma quasi. Comprendere il consumer marketing per creare conversione Il comportamento degli utenti e le strategie per una resa migliore sono state raccontate da Alessio Angiolillo, managing director Performics Italia. La soddisfazione dell’utente non dipende più tanto dal suo “interesse”, ma piuttosto dalle sue “intenzioni” nei comportamenti di navigazione. Angiolillo ha, infatti, sottolineato l’importanza di strutturare una serie di checkpoint di controllo per monitorare il customer journey e poi trovare il modo di rappresentarli organicamente per farne un utilizzo strategico. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi ovviamente, è un po’ il sogno di tutte le performance agency. Il futuro è dunque “intent-based” e la scommessa è costruire efficaci sistemi predittivi che contribuiscano a raggiungere questo obiettivo.  

La performance dal vivo

Ha chiuso i lavori un intervento diverso dagli altri, dove si è parlato di performance, ma in termini decisamente meno “di settore”. È intervenuto l’atleta e recordman, Nico Valsesia, che ha mostrato ad una platea rapita le sue “performance da record” in giro tra oceani, deserti, jungle e catene montuose, dove sfida i suoi limiti fisici ma sempre divertendosi. Valsesia ha scritto anche un libro qualche anno fa, si intitola “La fatica non esiste”…magari vale per tutti.    
Anna Maria Ciardullo ha contribuito al report.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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