L’impatto è stato forte. A dieci mesi di distanza dall’insorgere della pandemia, le conseguenze del Covid-19 sul business dell’adv digitale si fanno sentire; gli operatori provano a delineare le prime stime su quanto avverrà nei prossimi mesi
L’impatto è stato forte. A dieci mesi di distanza dall’insorgere prepotente della pandemia, le conseguenze del Covid-19 sul business dell’advertising digitale si stanno facendo sentire e nella fase di avvio della nuova stagione commerciale targata 2021 gli operatori provano a delineare le prime stime su quanto avverrà nel corso dei prossimi mesi. In base alla media delle valutazioni espresse dalle diverse fonti su base quinquennale - ricerche di mercato, analisi degli investitori, forecast delle principali merchant bank, monitoraggi svolti da centri media e istituti specializzati -, secondo la rielaborazione di DailyNet -, le entrate del mercato globale della pubblicità digitale dovrebbero raggiungere un valore complessivo non superiore a 608 miliardi di dollari entro il 2026, rispetto a una previsione pre-Covid-19 che era attestata a quota 664 miliardi di dollari, rappresentando, quindi, un Cagr 2019-2026 pari al 9,1%, con un significativo declassamento dal precedente 11,2%. Ma nonostante il regresso, del tutto inevitabile in relazione alla decisiva influenza dell’epidemia sui consumi internazionali e sugli investimenti delle aziende spender, l’advertising digitale continua a recitare la parte del leone nell'intera industry della pubblicità sui media.
Condizioni mutate
Mentre mutano, dunque, le condizioni del mercato a causa della pandemia, rimangono, però, inalterate le esigenze delle aziende, che esprimono la perdurante necessità di introdurre nuove formule e strumenti per ottimizzare i risultati e i ricavi. Come andrà, allora, il 2021 in termini di marketing e pubblicità digitale, al di là del prevedibile rialzo delle quote di investimento rilevato praticamente da tutte le indagini in circolazione? Le tendenze più marcate individuate per l’anno appena iniziato sono, in realtà, ormai definite da qualche tempo: incremento del traffico online e conferma del native; maggiore adozione degli assistenti virtuali; crescita degli investimenti sui social network; integrazione dei processi; propensione all’omnicanalità, tanto che una fra le parole d’ordine caratterizzanti il 2021 sarà, appunto, “integrazione”, sia attraverso l’utilizzo di nuove soluzioni di customer relationship management, per disporre di servizi più strutturati, sia attraverso una cooperazione differente tra i reparti interni alle imprese. Dunque, quest’anno, è opinione comune che il digital avrà sempre più bisogno di sistemi integrati che consentano di finalizzare gli obiettivi di business con tempi e costi di investimento ridotti. E in questo quadro, un maggiore allineamento tra le divisioni impegnate sul sales e i reparti di marketing potrebbe rivelarsi estremamente utile per il raggiungimento dei risultati, in un rapporto sempre più stretto dove la possibilità di intercettare nuovi consumatori attraverso campagne online integrate vada a intersecarsi con la sempre più rinnovata attività della forza vendita, pronta a sfruttare l’abbattimento del muro tra online e offline integrando tutti i touchpoint raggiungibili, sia fisici che digitali. Nel 2021, allora, essere omnichannel non sarà più un plus, ma un requisito fondamentale, inteso come una sinergia totale tra online e offline.
Le sfide del 2021
Anche il digital advertising, dunque, sta uscendo profondamente cambiato dall’anno che si è appena concluso. A crescere, soprattutto, sono state l’accelerazione e il focus sulla necessità di potenziare la trasformazione digitale. E anche nel 2021 la industry sarà chiamata a fronteggiare enormi sfide, che, se ben sfruttate, potrebbero trasformarsi in preziose opportunità per editori e publisher, concretizzandosi nella possibilità di interagire con il pubblico in modo realmente innovativo. Nella vision proposta da LiveRamp - piattaforma statunitense leader nella gestione dati su base Id, struttura con una lunga storia alle spalle, nata nel 1969 in Arkansas, poi confluita nella galassia Acxiom, a sua volta acquistata dalla holding Interpublic nel 2017, headquarter attuale in California, a San Francisco - saranno tre le tendenze principali che caratterizzeranno il digital advertising nel 2021, anno di transizione verso l’ecosistema senza cookie che culminerà l’anno successivo. E tre sono le parole utili a sintetizzarle. Innanzitutto, fiducia: monitorare i dati degli utenti serve sempre di più per offrire loro un’esperienza personalizzata, con l’opportunità di servirsi di dati di prima parte al fine di garantire una migliore esperienza ai clienti. In questo modo, le società impegnate nel media business possono fornire una proposta di valore più performante e raccoglierne i frutti, diventando un partner strategico e un fornitore di dati molto ambiti, in diretto e costante raffronto con l’effettivo andamento delle vendite. La chiave, però, sta in una collaborazione fiduciaria: per riuscire a lavorare insieme e creare esperienze più personalizzate, media agency e partner non possono compromettere la privacy e la sicurezza. Campagne, misurazione, tecnologia back-end: tutto deve essere progettato appositamente con l’individuo al centro. Anche perché il 2020 ha comportato cambiamenti complessi in ambito programmatic, a partire dall’aumento delle restrizioni emesse da browser e produttori di dispositivi in corrispondenza dell’inasprimento delle stesse normative sulla privacy. Aspetti delicati che hanno modificato sensibilmente le modalità di funzionamento dell’ecosistema digitale, contribuendo a rafforzare l’importanza delle infrastrutture basate proprio sul consenso e la trasparenza.
Se non si misura, non esiste
Poi, la misurazione: “se non si può misurare, non esiste”; e per i professionisti del marketing è stato un imperativo che ha accompagnato la loro attività lungo tutto il 2020: dimostrare che ogni euro speso per i media risulti misurabile, indirizzabile e strategico. Soprattutto nel settore televisivo, dove l’aumento dell’offerta e la frammentazione hanno costretto il settore a riesaminare modalità e tecniche con cui si acquistano e vendono gli annunci pubblicitari. Ora, il 2021 sarà anche l’anno della misurazione cross-channel, che tenderà a inglobare tv, media digitali e programmatic, garantendo alle aziende buy-side e sell-side di poter raggiungere, finalmente, misurazioni accurate e multipiattaforma, così da ottenere informazioni in tempo reale, consentendo loro di apportare modifiche a flusso costante, fissare parametri di riferimento sempre più orientati e massimizzare il Roi, autentico obiettivo omnicomprensivo.
Addressability, prima di tutto
E ancora, addressability, ipotizzando che il 2021 possa rivelarsi l’anno dei publisher. Alcuni osservatori parlano di una “nuova era”: attraverso i dati di prima parte, le strategie di autenticazione stanno diventando sempre più sofisticate e le relazioni di condivisione dei dati smart e affidabili si stanno arricchendo. Così come il ruolo del Cmo, negli ultimi anni, si è reinventato, quest’anno, per gli editori, emergeranno nuove posizioni incentrate sull’indirizzabilità, agenti di cambiamento che alimenteranno la crescita spingendo gli editori a riprendere il controllo e la proprietà dei loro dati, iniziando, così, a invertire la tendenza con cui hanno dovuto confrontarsi a fatica sin dagli albori di internet. Dunque, gli esperti di marketing e gli editori saranno chiamati sempre più a collaborare per reagire alla progressiva scomparsa dei cookie e anticipare il declino di quello che era, a tutti gli effetti, un vero e proprio sistema: il richiamo, allora, è a investire in una strategia sui dati che preservi l’addressability, attraverso soluzioni neutrali e interoperabili, connettendo tutti i diversi identificatori e consentendo a chiunque sia impegnato, a vario titolo, nel settore pubblicitario di operare in modo più trasparente ed efficace.
E in Borsa?
Infine, uno sguardo alle performance finanziarie e alla Borsa. Dove Alphabet, la holding di controllo di Google e YouTube, e Facebook si dimostrano leader assoluti del settore del digital advertising e rimangono le aziende che beneficeranno maggiormente del rimbalzo di crescita della pubblicità sul segmento online. Se il mercato, nonostante la flessione del 2020, appare in ulteriore espansione, i due titoli hanno ancora un margine di apprezzamento rispetto al fair value. Così, gli analisti prevedono un progresso medio dei ricavi di Alphabet a un tasso di quasi il 18% nei prossimi cinque anni e si aspettano che alla fine del periodo considerato oltre il 70% del giro d’affari complessivo provenga dagli introiti pubblicitari per effetto della continua espansione della spesa nel digital advertising. Se le stime, in media, ipotizzano che le entrate dall’advertising possano crescere di oltre il 20% nel 2021 - dopo la perdita fra il 7 e l’8% dell’anno scorso -, si valuta, tra gli esperti, che il totale delle entrate pubblicitarie possa superare la quota di 178 miliardi di dollari nel prossimo esercizio; e ciò grazie al maggior contributo di YouTube, il cui peso sui ricavi pubblicitari salirà, nel 2021, al 13%. Ma oltre a Google, il gruppo Alphabet riesce a generare ricavi anche da una molteplicità di prodotti e servizi correlati, dalla vendita di app e contenuti su Google Play e YouTube all’offerta di hardware come Chromebook, dagli smartphone ai dispositivi smart come Nest e Google Home, per arrivare a tecnologie per migliorare la salute (Verily) e la guida autonoma (Waymo). Inoltre, Alphabet ha investito molto negli ultimi anni per consolidare il posizionamento di BigG nel mercato del cloud. Sullo sfondo, un avvertimento: proprio l’aumento dell’offerta potrebbe rappresentare un freno alla crescita della profittabilità e il margine operativo si potrebbe ridurre ulteriormente quest’anno, riprendendo a salire solo a partire dal 2022 ma mantenendosi, però, su livelli più bassi rispetto a quelli registrati nel 2018.
La “galassia” Facebook
Per Facebook, invece, sono previsti ricavi in crescita a un ritmo del 37%. Le entrate pubblicitarie del colosso statunitense di Menlo Park rappresentano circa il 90% del fatturato complessivo del gruppo e la crescita dei ricavi medi per utente testimonia la maggiore disponibilità degli inserzionisti a pagare prezzi più alti per garantirsi un posizionamento migliore sulle app dell’universo Facebook, che comprende anche Instagram, Messenger e WhatsApp. Dunque, la “galassia” che fa capo a Mark Zuckerberg dovrebbe continuare a beneficiare del trend crescente degli investimenti nel digital advertising e, più in particolare, di quelli destinati ai social network e agli annunci video, due segmenti nei quali è particolarmente ben posizionata grazie al successo delle sue app, tra le più utilizzate al mondo. Facebook, inoltre, sta adottando nuove misure per monetizzare ulteriormente il traffico dei suoi utenti come, ad esempio, l’applicazione dell’intelligenza artificiale e di tecnologie di realtà virtuale per aumentare il coinvolgimento. In base alle previsioni disponibili raccolte da DailyNet, i prossimi cinque anni dovrebbero attestare una crescita media dei ricavi del 37% e un’espansione del margine operativo non inferiore a 400 punti base, con la quota di fair value di poco superiore a 305 dollari.