L’agenzia promuove una riflessione con il Tavolo tecnico di OBE e presenta una ricerca DOXA sull’utilizzo del contenuto audio per potenziare l’advertising
Si parla di podcast da almeno dieci anni ma questo mercato, soprattutto come mezzo di comunicazione, è ancora tutto da costruire. Infatti, se è chiaro che il consumo di contenuti audio è esploso nell’ultimo anno, è molto meno chiaro come questo fenomeno possa essere sfruttato opportunamente dai brand. Ma è senz’altro un fenomeno pieno di potenziale. Secondo Ipsos, nel 2020 gli ascoltatori di podcast sono passati dal 26% al 30% nella popolazione tra i 16 e i 60 anni.
Alla luce di questo trend, in seno a OBE si è costituito un Tavolo tecnico dedicato al monitoraggio del branded podcast guidato da Georgia Giannattasio, fondatrice dell’agenzia Mentre. Il tavolo sta lavorando alla definizione di questo mercato e un primo passo è stato fatto nei giorni scorsi con il rilascio del White Paper che indica la terminologia corretta per definire il mercato del branded podcast. Un mercato che necessita di numeri, per esempio su brand che hanno utilizzato questo strumento con successo, ancora difficili da reperire perché le piattaforme di diffusione non indicato dati sui download, «quindi non è ancora possibile creare benchmark – spiega Georgia Giannattasio, portavoce del Tavolo tecnico OBE -. Noi stiamo lavorando alla creazione di case history per cercare di dare un quadro al di là di quei casi sostenuti da attività di pr».
Georgia Giannattasio
Le analisi di PHD Italia
Nell’ultimo anno, l’ascolto di musica in streaming è stato del 60,8%, mentre quello delle radio online del 39,2%; 25,1% l’ascolto di podcast e 37,1% l’utilizzo di del voice command per le ricerche. Infine, l’uso dello smart speaker è stato del 18,1%.
Perché il ricorso a tanto audio? «Siamo sovraesposti alle piattaforme di video call, la famosa “Zoom fatigue”, e le persone stanno cercando sempre di più una esperienza d’ascolto anche sui social come dimostra il boom di Clubhouse, sebbene in frenata» spiega Daniela Della Riva, Chief Startegy Officer PHD Italia, che ha organizzato un webinar sul tema. «Oggi dobbiamo riflettere sulla costruzione di una identità audio da affiancare a quella visiva, che non è più sufficiente» anche perché se al cervello servono 0,2 secondi per registrare uno stimolo visivo, ne bastano 0,05 per uno audio. Il tema dell’efficacia audio quindi è centrale, e secondo Ipsos è un elemento che scarseggia se è vero che su oltre 2000 video adv analizzati solo il 6% ha dimostrato di avere asset sonori efficaci.
La ricerca DOXA
Secondo uno studio DOXA, condotto l’anno scorso su un campione di 1000 casi rappresentativo della popolazione digitale italiana tra i 18 e i 64 anni, il mondo dei podcast è noto al 90% degli italiani (digitali), e nel 39% dei casi è molto ben conosciuto. Sono conoscitori molto giovani: al 50% hanno tra i 18 e i 24 anni, al 48% tra i 25 e i 34. Gli heavi user sono il 64%, con una frequenza media di 2 o 3 volte alla settimana (32%).
Sono in maggioranza uomini e utilizzano soprattutto Spotify, e lo smartphone. Importante sottolineare che la modalità di utilizzo è multitasking: cioè lo si ascolta mentre si fa altro (63%). «Si crea quindi una competizione nell’ascolto ma c’è un 37% che non fa nulla e se lo gode in esclusiva» spiega Antonio Filoni, Head of Digital Offering DOXA. I peak time sono la mattina e la sera (34%), ma soprattutto il pomeriggio (47%). Gli utenti ci mettono pochi minuti per capire se gradiscono il contenuto, quindi è fondamentale conquistarli alle prime battute, ed è fondamentale che i contenuti siano facilmente rintracciabili attraverso una ricerca sul web. La durata ideale del podcast è di 30 o 15 minuti, massimo 45. È apprezzata la serialità, però deve passare poco tempo tra una puntata e l’altra.
Un media complementare
La presenza di pubblicità è ricordata nell’80% dei casi. Nell’81% dei casi, gli utenti si sono detti favorevoli all’ascolto di contenuti prodotti ad hoc dalle aziende. I brand hanno quindi l’opportunità di diventare editori: il pdocast si rivela un ottimo strumento di costruzione della marca «ma è fondamentale avere una strategia, nonché obiettivi e target chiari» spiega Giannattasio.
Un podcast, secondo il Tavolo di OBE, è un contenuto audio on demand, inedito, creato scritto e prodotto per l’ascolto a cui una volta caricato sulla piattaforma ci si può abbonare, creando una community. Non sono repliche audio, non catchup content, non sono audiolibri, non audiofile singoli, non sono registrazioni eventi, e nemmeno trasmissioni radiofoniche caricate dopo la diretta.
Perché un brand dovrebbe utilizzare il podcast come strumento complementare di comunicazione? «Perché abbiamo troppi contenuti video, un affollamento in cui è difficile scegliere e l’attenzione cala velocemente – dice Giannattasio -. Il podcast promuove un ascolto attivo e l’immaginazione, nonché copre varie aree della customer journey». Ma non è sufficiente a scalzare la comunicazione video.