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DUDE, nel 2021 due nuove società nel Gruppo e la nascita di DUDE Things

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Il CEO e Founder Lorenzo Del Bianco racconta un anno controverso, in un mercato che ha vissuto diversi momenti, dal Medioevo al Rinascimento all’Illuminismo di fine stagione. I risultati ottenuti, le trasformazioni, i prossimi passi

Quando un bel mattino ti svegli e la giornata è uggiosa tendente alla tempesta, a tal punto da mettere a repentaglio tutti i programmi messi a punto la sera prima, lo sconforto potrebbe tramutarsi facilmente nell’immobilismo, nell’attendismo, in uno stato di inedia, nella perdita del controllo e nello sfociare della temibile anomia. È tutto un attimo, come si cantava a Sanremo, basta poco per perdere tutto. Oppure, ci si ferma solo per un breve lasso di tempo, quello necessario per leggersi e ridefinirsi. DUDE, marchio italiano operante nel marketing e nella pubblicità, ma anche e soprattutto un gruppo composto da 5 società differenti (presto potrebbero essere di più), miscelatore di risorse, di creativi, produttori, registi, pianificatori, project manager, scrittori televisivi, programmatori, content manager, redattori di film, tutti uniti per creare qualcosa di nuovo e soddisfare le esigenze di brand, progetti editoriali e pubblico finale, ha fatto proprio questo: ha constatato il “problema”, ha fatto una piccola pausa, e ha organizzato il contrattacco, senza isterismi, in maniera molto ragionata. In che modo? Ce lo racconta il CEO e Founder Lorenzo Del Bianco.

Un anno, e che anno… se ne va: gli obiettivi iniziali e i cambiamenti in corso d'opera?

«Confesso che mi ha strappato un sorriso. Ripensando agli obiettivi di inizio 2020 mi sembrano lontani come le vacanze dei tempi del liceo. Tutto è cambiato così radicalmente che mi sembra proprio un’altra vita. Nella mia personale fotografia del 2020 scelgo di tralasciare il fatto che abbiamo subito una discreta batosta economica nel trimestre marzo-aprile-maggio (in particolare legato al blocco delle produzioni) perché credo sia stato così un po’ per tutti. E preferisco invece concentrarmi sui lasciti positivi di questo antipatico anno. Il primo è che abbiamo portato a termine un’importante trasformazione societaria che preparavamo da tempo. Oggi DUDE è infatti un gruppo (oltre che un brand) che include cinque società. A gennaio saranno sei. E nel 2021 speriamo arrivi anche la settima sorella. E così come per la società, anche la nostra sede ha subito una piccola rivoluzione. Al posto dei muri e delle stanze ci sono infatti dei container navali. E non sto scherzando. Entrambe queste “rivoluzioni” sono avvenute per un motivo molto semplice, le avevamo intraprese a febbraio e non potevamo più fermarci. Sono le classiche scelte che da marzo in poi non avremmo più fatto. E io voglio leggerlo come un lampo di fortuna che brilla in mezzo al mare di sfiga del 2020. È stato anche un anno molto utile per tirare un respiro, fare un po’ d’ordine e razionalizzare piccole e grandi inefficienze che negli anni in cui va tutto bene non si notano nemmeno, ma che alla lunga possono rivelarsi dannose. Più in generale, ho visto segnali di grande maturazione da parte di tutti in DUDE. E questa è per quanto mi riguarda la notizia più bella dell’anno».

È possibile una fotografia precisa del mercato?

«Per quello che abbiamo potuto notare noi nei nostri settori, il mercato ha vissuto fasi alterne e molto diverse tra loro. Da marzo a maggio lo definirei il “Medioevo”. Tutte le aziende erano molto spaventate e questo ha dato luogo a molta schizofrenia. Bisognava esserci, ma in un altro modo. Trasmettere positività, ma anche compassione.  I mesi delle dirette Instagram e dei flash mob dalla finestra, dei ringraziamenti ai medici e di tutti gli spot che cominciavano con “in un momento come questo”. Mi viene l’ansia solo a parlarne, dimentichiamoceli in fretta quei mesi. Dopodiché c’è stata una lenta ripresa culminata a settembre.  Le aziende inizialmente erano guardinghe, non sapevano cosa fare, poi piano piano si sono rilassate. Diciamo che se fino a giugno eravamo nel Medioevo, dall’estate in avanti è iniziato il “Rinascimento”, culminato in tutto il suo splendore a settembre e inizio ottobre, mesi in cui tutti i problemi sembravano lasciati definitivamente alle spalle ed erano ripartiti gli investimenti con il vento in poppa. La fine della storia già la sapete. L’”Illuminismo” del nuovo lockdown ci ha riportato alla realtà e ho l’impressione che la situazione si sia in qualche modo stabilizzata. Si va avanti, con prudenza e consapevolezza, ma si va avanti. Tutti hanno capito che non ha senso aspettare tempi migliori, ma piuttosto provare a tirare fuori il meglio dai tempi in cui viviamo. Ho persino notato uno slancio di positività e ottimismo da parte delle aziende nelle ultime settimane. Nuove gare e progetti potenzialmente molto interessanti per il futuro che arrivano sui nostri tavoli. Sarà il Natale. O l’effetto placebo dell’arrivo del vaccino. Chissà».

Senza fare figli e figliastri, qualche case che ha meglio caratterizzato per creatività, utilizzo dei mezzi e performance l'anno 2020?

«Rispondo di pancia. E dimenticherò quindi sicuramente qualcosa. Se parliamo di idee italiane sicuramente la campagna “Social Distancing” di Burger King per come ha saputo prendere lateralmente e con ironia un tema così serio. E mi è piaciuta molto anche “Ode to close” di Heineken. Se invece usciamo dai confini nazionali, metto i miei due cent su “Moldy” sempre di Burger King, “Wombstories” di Bodyform e sulla campagne contro il Covid del governo tedesco. A sto giro i tedeschi ci hanno stracciato anche sull'utilizzo dell’ironia, che notoriamente non è il loro forte. Infine, mi piacerebbe segnalare due nostre campagne che si sono distinte per creatività e utilizzo dei mezzi nel 2020. “Money makes money” per la NGO londinese Communities for Development, fresca di Grand Prix agli ADCI Award di novembre. E “Back Outside” di Netflix, campagna outdoor di brand che invitava le persone a godersi finalmente gli show della città, non disponibili su Netflix».

Quali sono i settori con cui avete maggiormente lavorato e quelli che invece hanno rimandato a tempi migliori?

«Anno stranissimo anche da questo punto di vista. Mi fosse stata fatta questa domanda a marzo, avrei risposto che i settori più colpiti, come per esempio il travel, avrebbero subito un brusco stop di comunicazione. E invece paradossalmente Costa Crociere è uno dei clienti con cui abbiamo lavorato di più quest’anno. Anzi, proprio in questi giorni siamo sul set del nuovo spot. Per ulteriore paradosso, abbiamo realizzato un po’ meno progetti del solito con un cliente solidissimo e sempre in crescita come Netflix, a causa del crollo dell’outdoor durante i mesi di lockdown e soprattutto dell’impossibilità di realizzare eventi o progetti speciali che coinvolgessero fisicamente le persone. Se dovessi dare una mia personale lettura della situazione, direi che a determinare cosa è andato bene e cosa si è fermato sono stati più i media di riferimento che i settori merceologici delle aziende. Chi andava tanto in tv, probabilmente continua a farlo. Chi vive di eventi live (penso ad esempio agli spirits) necessariamente si è un po’ fermato. Per non parlare delle sponsorizzazioni. DUDE London, per esempio, era molto vicina all’assegnazione a febbraio di un’importante gara legata agli Europei di calcio 2020. Superfluo dire come sia andata a finire questa storia».

L'anno che verrà: obiettivi, focus?

«Faccio coming out: sono ottimista. Penso che abbiamo trovato tutti un equilibrio, seppur precario, e che le cose possano oggettivamente soltanto migliorare da ogni punto di vista. L’obiettivo è continuare a navigare, con prudenza ma senza paura, in questo mare in tempesta. Chi arriverà sano a fine 2021 avrà un futuro in discesa, ne sono certo. I focus sono sempre gli stessi: le persone, la qualità e gli investimenti, che devono continuare, anche qui con un minimo di prudenza, perché fermarsi in mezzo alla tempesta o anche solo rallentare sarebbe troppo rischioso».

Un progetto speciale da sottolineare?

«A proposito di investimenti, a gennaio battezzeremo una nuova società chiamata DUDE Things, che come il nome lascia intendere si occuperà di prodotti fisici. Abbiamo in serbo molti progetti e brand da lanciare. Il primo l’abbiamo un po’ spoilerato nel nostro video/regalo di Natale di quest’anno. Si tratta di un brand dissacrante e nichilista fin dal nome, Sucks (@__sucks), che vuole portare un po’ di cinica leggerezza in un momento in cui troppe persone si sentono custodi di verità assolute e definitive. Ed essendo provocatori di natura, abbiamo deciso di partire proprio dalla nostra industry, con una line “Advertising Sucks” che ci invita a prenderci un po’ meno sul serio, ricordandoci che molto spesso il frutto del nostro lavoro è qualcosa di cui gli spettatori farebbero decisamente a meno. Il problema è che il nostro è un mondo molto autoreferenziale e troppo spesso ce lo scordiamo. Un po’ di ironica e genuina provocazione quindi non può che farci bene».

Chiudiamo con un desiderio al 2021…

«Lista molto breve quest’anno per Santa, che ha una certa età ed è giusto che se ne stia a casa. Una richiesta soltanto. Un bell’anno normale. Per tutti. L’ho detto che sono ottimista. Sarà il Natale, o l’effetto placebo dell’arrivo del vaccino. Chissà».


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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