Le consulenze di relazioni pubbliche sono prioritarie per i brand che devono evidenziare i propri valori; l’associazione con l’Università di Pavia promuove una ricerca per ri-parametrare il settore, i dati a primavera
Il mercato della comunicazione deve mettere a fuoco i nuovi parametri che lo definiscono. La pandemia ha contribuito ad accelerare un cambiamento già in atto che ha, tra le altre cose, creato alcuni effetti dirompenti sugli equilibri quasi cristallizzati nel mondo “pre-Covid”. Uno di questi è stato restituire alle agenzie di relazioni pubbliche un ruolo centrale nel processo di comunicazione, tanto che le aziende oggi tendono a costruire le proprie strategie proprio a partire dalle pr. Centralità che si colloca all’interno a un insieme di collaborazioni con le altre professionalità del mercato.
«Il ruolo centrale che oggi viene riconosciuto alle pr – spiega Andrea Cornelli, Vice Presidente UNA – non mette in discussione i pesi economici nel settore, o i volumi d’affari. Cambia però l’efficacia della comunicazione, anche grazie alle nuove forme di interrelazione tra le diverse anime del mercato». UNA è la materializzazione di questo scenario: e per darne anche una corretta lettura, l’associazione sta realizzando in partnership con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia una ricerca per ridefinire il mercato della comunicazione da un punto di vista qualitativo e quantitativo, a partire dalle diverse verticalità rappresentate dagli hub all’interno di UNA.
L’indagine è partita lo scorso ottobre, e i primi risultati dovrebbero essere disponibili a primavera 2021 inoltrata. Successivamente, sarà aggiornata con cadenza semestrale. «Questa ricerca disegnerà il nuovo perimetro del comparto. Inoltre avremo a disposizione una rappresentazione numerica delle pr, gli ambiti e le discipline in cui si sviluppano, nonché potremo individuare le “aree grigie”, intese come possibilità di sinergie e collaborazione tra i settori». Per quanto riguarda le prospettive dei mesi a venire «nessuno può godere di certezze ma abbiamo riscontri legati ai numeri, agli andamenti, e a una condivisione di prospettive che ci permette di essere “garbatamente” positivi».
Focalizzazione sul “purpose”
La ritrovata centralità delle pr scaturisce dalla necessità di soddisfare le nuove esigenze dei consumatori, che si concentrano maggiormente sui valori trasferiti dai brand. Il concetto di “purpose” la fa da padrone, in parallelo con il ricorso ai contenuti prima ancora che ai numeri. «Le aziende hanno bisogno di progetti di grande visione strategica, che partono dai contenuti per arrivare ai risultati del business plan».
Questo fenomeno «mette le pr in una posizione diversa rispetto alla predominanza del marketing di un tempo. E’ un cambiamento che ci aspettavamo, ma non prima del 2025. Il Covid lo ha anticipato». E’ uno scenario «legato alle sensibilità emerse nel pubblico di riferimento dei grandi brand, che fa scelte sulla base di concetti di diversity, inclusione e valore. Le aziende di rilevazione hanno percepito il forte accentuarsi di queste sensibilità. Un’azienda oggi è quasi obbligata a comunicare prima i valori che i prodotti» e nel fare questo deve rivedere il punto di partenza da cui far scaturire la comunicazione di questi valori.
Negli ultimi anni il marketing aveva privilegiato i player della comunicazione su cui venivano veicolati i maggiori flussi di denaro: advertising, media. La consulenza pr rappresentava un investimento accessorio. «Adesso vediamo aziende che iniziano a pensare al processo partendo dalle relazioni pubbliche, senza modificare i pesi nell’investimento, ma le priorità sì». I dati sono e rimarranno un elemento fondamentale per le analisi quali-quantitative del pubblico di riferimento, «prima del dato però è più importante il valore del brand e delle persone. Prima vengono il posizionamento, la reputazione e i soggetti che popolano la governance di un certo marchio».
Le nuove professionalità in ambito pr
Il governo della nuova complessità che caratterizza il processo di comunicazione comporta un ampliamento organizzativo e professionale delle pr: «Senza essere tuttologi, la comprensione dei fenomeni è fondamentale». Quindi al fianco di ufficio stampa, crisis management, corporate e financial communication arrivano dipartimenti dedicati al customer journey, figure creative, gestionali e anche digitali tra cui non mancano i data analyst; ma anche art director, esperti in user experience design, ingegneri gestionali, esperti in risorse umane perché tra gli aspetti accentuati dalla pandemia c’è il ruolo dei dipendenti come primi ambassador dell’azienda per cui lavorano, e quindi diventano cruciali le attività di comunicazione interna.
Il ruolo istituzionale delle pr
In tale contesto si inseriscono le grandi società di consulenza che sempre più frequentemente competono con le imprese di comunicazione: «Lungi dal considerarla una invasione di campo, io ritengo invece che sia la dimostrazione di come le aziende vogliano partire dai contenuti, dalla consulenza e cerchino player in grado di gestire la complessità». Sul fronte di UNA, l’eventuale ingresso di queste società nell’associazione non è all’ordine del giorno, «ma probabilmente ci sarà presto la necessità di parlare con loro, perché è innegabile che siano operatori attivi nella comunicazione. La mia opinione personale che sia interesse di tutti gli associati».
A proposito di interessi comuni ai professionisti del settore, recentemente UNA si è unita a FERPI e ad altre associazioni di settore per dare vita a ReteCom, che persegue obiettivi di carattere istituzionale e partecipare a tavoli del Governo come quello sul tema dell’allargamento di INPGI ai comunicatori. Inoltre, sul piatto c’era anche la disponibilità a collaborare alla gestione degli aspetti comunicazionali della crisi legata al Covid.
«Ci siamo messi a disposizione sia come UNA sia come ReteCom a titolo gratuito e con entusiasmo per dare una mano in un periodo come questo, ma non abbiamo avuto risposte. Mi piacerebbe che le nostre associazioni potessero dare un contributo attivo in termini di professionalità. Avevamo avviato un processo di avvicinamento in occasione degli Stati Generali dell’editoria organizzati dall’allora Sottosegretario Vito Crimi, ma ora questo progetto per me entusiasmante non viene più alimentato». Un peccato: «Avere tutti i player di editoria e comunicazione riuniti allo stesso tavolo con chi decide – conclude Cornelli -, non dovrebbe essere il futuro ma il presente».