I numeri parlano chiaro: il consumo musicale appare sempre più digitale, ma il download è ormai residuale e si sono imposte altre forme di ascolto, un po’ in tutto il mondo
La parola che era stata decisiva per scoprire un intero mondo, ora è in declino. Lo dicono anche i numeri: download, la parola che aveva aperto la strada alla digitalizzazione e aveva stravolto il vecchio mercato dei supporti fisici, oggi vale appena il 7% del giro d'affari globale del panorama musicale, attestato a poco più di 20 miliardi di dollari di valore complessivo. E l’Italia si posizione al secondo posto su scala europea in termini di crescita, dietro la Spagna Qualche esperto di analisi della industry musicale si è spinto un po’ più in là, emettendo la sentenza: l'era del download è finita. E la sua inesorabile regressione ha trovato l’apogeo al termine dei due decenni che hanno comunque rivoluzionato la musica nella sua essenza e, di conseguenza, il mercato discografico.
Tutto ebbe inizio con Napster
Questi ultimi vent’anni si erano aperti nel 2000 con l'indimenticabile esplosione di Napster: da quel momento in poi il mercato discografico è stato via via completamente rivoluzionato dall'avvento della digitalizzazione della musica, dall'assalto della pirateria, dall’ulteriore trasformazione legata alla nascita di altri, importanti, protagonisti come iTunes e dalla successiva affermazione di strumenti innovativi come l’iPod, prima, e gli smartphone, poi, fino ad arrivare alla nuova parola magica per conquistare il mercato: streaming. E sono nate, sull’onda di questa enorme novità, le sempre più diffuse piattaforme di diffusione della musica che attualmente dominano il mercato. Sono stati vent’anni in cui la discografia ha dovuto subire un’improvvisa caduta; ha quasi toccato il fondo e poi ha saputo risorgere, attraverso una strategia nemmeno troppo pianificata, ma come accade sempre più spesso in questa fase storica, sfruttando trend e abitudini avviate e coltivate dal basso. Così, il download ha perso progressivamente terreno, e l’apparato musicale ha lentamente sostituito il protagonismo di un meccanismo che la stava distruggendo: la rinascita, dunque, si è resa possibile grazie allo streaming.
Gli ultimi dati
Nel 2019 il mercato che tempo fa sarebbe stato definito come "discografico" - e che probabilmente, oggi, non ha ha più una chiara denominazione, ad esclusione della generica definizione di "mercato musicale" - è cresciuto dell'8,2%, generando, come indicato in precedenza, un totale di 20,2 miliardi di ricavi: si tratta, comunque, del dato più elevato dal 2004, quando i ricavi dell'industria musicale di tutto il mondo avevano raggiunto la quota 20,3 miliardi. Inoltre, sempre il 2019 si è rivelato il quinto anno di crescita consecutiva, a partire dal 2015. Si tratta dei numeri messi in evidenza dall’ultima versione del Global Music Report, documento che rappresenta il “termometro” ufficiale e più attendibile del mercato della musica registrata pubblicato da IFPI, l'organizzazione che rappresenta gli interessi dell'industria fonografica a livello planetario.
Davanti a tutto e tutti
Il report doveva essere reso pubblico tra la fine di marzo e i primi di aprile, ma ovviamente ha subito un ritardo nella pubblicazione a causa dell'emergenza Coronavirus, e racconta che i download sono calati progressivamente del 15,3%, finendo per rappresentare attualmente soltanto il 7% del mercato generale e rappresentando l'ultimo superstite dei segmenti legati alla musica registrata. Davanti a tutto e tutti, quindi, si impone lo streaming, che sta spingendo nuovamente in alto l'intero mercato grazie agli oltre 11,4 miliardi di introiti generati nel 2019, che rappresentano più della metà dei ricavi totali, per una quota globale pari al 56,1%. E questa evidenza segnala l'ormai radicato cambiamento nelle modalità di consumo musicale da parte del pubblico, un po’ in tutto il mondo. Una crescita che sta viaggiando su ritmi ancora notevolmente molto sostenuti, soprattutto se si valuta che i ricavi dello streaming sono cresciuti di una quota pari al 22,9% rispetto al 2018. Ma non è cresciuto solamente lo streaming gratuito, ma anche e soprattutto quello generato dagli stessi utenti che hanno scelto di abbonarsi a pagamento ai servizi attivi sul mercato, come Apple Music, Amazon Music o Spotify, solo per citare i più diffusi e conosciuti.
Sincronizzazioni
Crescono, intanto, anche i guadagni dovuti all'uso della musica per le sincronizzazioni, vale a dire l'utilizzo di brani all’interno di serie tv, film, pubblicità e videogiochi, con un incremento del +5,8%. Stanno scendendo, invece, i ricavi provenienti dal settore cd, e non poteva che essere così, mentre appaiono in progresso i vinili, tornai in auge ormai da qualche anno. Però, in termini di valutazione più generali i dischi, quelli, per così dire, veri e propri, rappresentano solo il 22% del totale. Sempre in chiave scenaristica, il dato che nella fase attuale appare più interessante è, però, quello alla crescita degli degli abbonamenti a pagamento: in base alle stime più attendibili circolanti sul mercato, alla fine del 2019, infatti, gli utenti dei servizi streaming a pagamento nel mondo erano stati stimati in poco più di 341 milioni, con una crescita del +33,5% in un anno che faceva ben sperare per il 2020. Poi, c’è stata la pandemia a dominare la scena, e si attendono i primi riscontri dopo la fine del lockdown per strutturare una iniziale verifica.
Taylor Swift
I protagonisti
Infine, si impone uno sguardo alla situazione legata al successo degli autentici protagonisti dello scenario, i cantanti. Così, al comando della top ten degli artisti che hanno ottenuto il maggiore successo a livello globale si conferma Taylor Swift, seguita da Ed Sheeran, Post Malone e Billie Eilish, mentre al quinto posto spiccano, evergreen, i Queen e al decimo, in misura un po’ sorprendente, in relazione al fatto che la band si è disciolta esattamente cinquant’anni fa, i mitici Beatles. Il mercato principale resta quello statunitense, che allinea ricavi in crescita del 10,5%, a cui fa seguito il Giappone, unica nazione fra le dieci principali ad aver registrato un calo di un punto percentuale, mentre al terzo gradino si inserisce la Gran Bretagna e al quarto si posiziona la Germania. L'Italia non appare nella Top Ten, anche se il mercato nazionale è cresciuto dell'8,2%, più della media europea, che si è fermata a quota +7.2%. Meglio del nostro Paese, in Europa, ha saputo fare solo la Spagna.