L’ottavo publisher day organizzato da 4W MarketPlace si è focalizzato sul copyright, sulle nuove leggi che lo proteggono, sulla regolarizzazione della rete, su inediti tragitti di comunicazione e sull’obsolescenza di alcune pratiche di marketing
È andata in scena, giovedì 30 maggio, l’ottava edizione del Publisher Day, evento organizzato, come di consueto, da 4w MarketPlace, quest’anno dedicato a un tema di particolare rilevanza sul fronte dell’editoria digitale: il copyright. Un argomento senz’altro delicato per il settore, affrontato con il classico obiettivo che fin dall’inizio contraddistingue l’evento ideato da 4w, da sempre caratterizzato dall’opportunità per gli operatori di sfruttare una preziosa occasione di incontro, scambio, informazione e approfondimento sulle tematiche più dibattute nello scenario dell’editoria digitale. Dunque, sul diritto d’autore sono stati chiamati a confrontarsi, a Milano, Vincenzo di Vincenzo, Chief Editor, Milan Editorial Unit dell’agenzia Ansa, Domenico Pascuzzi, National Marketing Director, BU Large Account di Italiaonline, Biagio Stasi, Direttore Commerciale Digital de Il Sole 24 Ore, Giampiero Di Carlo, Fondatore e Chief Executive Officer di Rockol e Paola Sinagra, Precision Adv Manager e Digital&Media Manager di L'Oréal.
A moderare l’evento Massimo Pattano, Marketing Manager di 4w MarketPlace. Il meeting, però, è stato aperto dalla presentazione curata da Saverio Cavalcanti, Avvocato, Senior Counsel dello Studio Legale Tributario Dentons Europe, che ha passato in rassegna i punti fondamentali della Direttiva Europea in materia. In effetti, una legge esisteva già, ma la nuova direttiva europea l’ha attualizzata, soprattutto sul fronte digital. L’intento è principalmente quello di normare le zone d’ombra che sono gestite dalle grandi piattaforme e l’indicazione legislativa è di riuscire a ottenere da queste ultime la dimostrazione di aver compiuto il “massimo sforzo” - come è scritto nella Direttiva - per assicurarsi che qualsiasi pubblicazione sia remunerativa nei confronti di chi ne detiene diritti. Tutto questo allo stato attuale, mentre nei prossimi due anni, poi, toccherà a ciascun Paese coinvolto declinare la Direttiva secondi i propri canoni. E la singola piattaforma deve verificare che chi pubblica o effettua link sia anche il detentore dei diritti sui contenuti.
Le regole
Link tax (Art. 15) (a cura dell’avv. Saverio Cavalcanti di Dentons Europe)
Una legge esisteva già, la nuova direttiva europea la attualizza, soprattutto sul fronte digital. L’intento è normare quelle zone d’ombra che sono gestite dalle grandi piattaforme. Nei prossimi due anni starà poi a ogni Paese declinare la direttiva secondi i propri canoni. La singola piattaforma deve verificare che chi pubblica o linka sia anche il detentore dei diritti sui contenuti.
La tavola rotonda
Però è limitante… La scusa che potrebbe tramutarsi in una moda pluriennale. Perché le leggi bloccano e magari creano dei cortocircuiti che interessano non solo il lato distributivo ma anche quello qualitativo. Quel che è certo è che a livello europeo manca armonia: una norma che vale in Italia, in Francia potrebbe avere un altro significato, mentre in Spagna potrebbe non esistere. 4W MarketPlace, come al solito sensibile alle tematiche relative alla qualità, nel suo Publisher Day 2019, ha organizzato una tavola rotonda, intitolata “Copyright. Copy, Right?” e ha invitato cinque protagonisti dell’attuale commercio di contenuti: Domenico Pascuzzi, Marketing e Advisor Director di Italiaonline, Biagio Stasi, Direttore Commerciale dell’area digital del Sole 24 Ore, Giampiero Di Carlo, Ceo e Editor In Chief di Rockol, Vincenzo Di Vincenzo, Capo Redattore di Ansa e Paola Sinagra, Precision Adv Manager - Digital&Media Manager L'Oréal.
Non siamo ancora salvi, ma «Siamo consapevoli che le norme sul copyright siano fondamentali. Ben vengano insomma certificazioni e verifiche, perché la qualità dell’informazione costa e non poco. Senza una barriera, si continuerebbe nel saccheggio, in azioni predatori che vanificano il lavoro. Purtroppo, siamo cresciuti digitalmente con un modo di operare che è divenuto una sorta di legge di mercato. Ma non tutto è permesso in rete e le chiusure sono in aumento», sostiene Di Vincenzo. E se una norma si trasformasse in un freno non solo all’illegalità ma anche alla qualità e alla libertà? «Viviamola invece come un’opportunità, perché una legge vera e propria rappresenta un riferimento, anche se poi lo stesso non risulta proprio chiaro. È ovvio che occorrano aggiustamenti, specifiche. Un applauso alla legge ma, attenzione, il tanto chiacchierato copyright potrebbe avere dei costi troppo alti: qualora venga acclarata una violazione e io metta su una squadra di avvocati di prim’ordine, per poi magari arrivare a un compenso risibile, la perdita sarebbe doppia», ammonisce a sua volta Stasi. «E poi, occhio all’appiattimento dell’aspetto qualitativo, che si manifesta di fronte al desiderio di raggiungere una determinata reach, di avere subito dei risultati tangibili. Ed è così che ci si ritrova di fronte a 100 articoli più o meno uguali». «Rockol è una testa dal 1996, nel corso dei decenni siamo diventati uno dei casi di saccheggio più celebri. Rendiamoci conto che il copia-incolla non crea dei problemi solo a livello di monetizzazioni, ma anche di ranking e, di prestigio, di reach. Poi succedono pure delle cose stravaganti, come quando l’algoritmo di Google ci posiziona ben dietro chi ci ha copiato la notizia, con tanti complimenti alla famigerata AI», racconta Di Carlo. «Vanno creati sistemi eco sostenibili, ci sono dei grossi sforzi in questo senso e i brand dovrebbero premiarli», aggiunge Pascuzzi.
A chi dobbiamo credere?
Stiamo cercando la qualità. A breve potrebbero esporre anche i cartelli come si fa nei bar per la ricerca di personale qualificato. Peccato, in epoca di fake news, divenute hobby del decennio, non si sappia più a che santo votarsi. E così, la terra è diventata di nuovo piatta, le medicine ti fanno ammalare, occhio ai complotti nascosti in ogni angolo ed evviva gli influencer, i depositari della verità. Un concetto, tra l’altro, molto democratico: tutti possiamo diventare esperti, basta impegnarsi. Invece, guarda un po’, il vento cambia, e non è colpa di un maggio che spinge per posizionarsi subito prima di Natale. «Una recente ricerca ci ha lasciato quasi senza parole: una grossa percentuale di pubblico non crede a quello che il brand racconta. Ed ecco perché esistono gli influencer. Ma nella riga subito seguente, si scopre che anche gli influencer hanno fatto il loro tempo, almeno al momento. Ci sono, eccome, ma ora vengono dietro i consigli di parenti, amici e, incredibile, degli esperti. Sono tornati gli esperti!», interviene Paola Sinagra.
Misurare aiuta o ti ostacola?
Arriva sempre un momento nella vita in cui occorre schematizzare, misurare, dare dei confini per giungere a una comprensione più affidabile, meno complessa. Ma poi c’è il rischio di perdere la cosiddetta anima, quel briciolo di spontaneità, direbbero certuni. Paola Sinagra racconta la sua esperienza: «L’Oreal sta attraversando un’era votata alla razionalizzazione, ambisce a divenire una beauty tech, punta a misurare tutto, anche l’operato degli influencer. Possiamo contare su uno storico di cinque anni dal quale attingiamo. Ma sappiamo bene che tabellizzare le persone è difficile quando non fattibile. Allo stesso tempo, dobbiamo scontrarci con il vecchio approccio marketing che cerca e vuole solo reach e che per questo non si rende conto che spesso e volentieri inciampa nei fake. Siamo nati come animali sociali, ecco perché L’Oreal punta sempre più sull’aggregazione, su una visione collettiva, sulla condivisione che possa allargare lo spettro dei significati. Prendiamo il caso di Garnier che ha creato veri e propri team su Instagram. Una cosa è certa: al di là di tutto, l’azienda guarda all’impatto che una comunicazione ha sulle vendite. Però sono dell’avviso che la pubblicità classica non sempre funzioni, e credo che il digital non sia uno strumento pubblicitario ma di marketing. E allora; servono i contenuti, proviamo a costruirli insieme, con progetti editoriali di lunga durata».
Il 2019 di 4W, le parole del Ceo Roberto Barberis
«Il potenziamento della collaborazione con Ansa, inaugurato con il 2019, e il costante sviluppo tecnologico ci rafforzano ulteriormente in un’offerta di qualità, in termini di audience e risultati. Siamo dall’altro lato fortemente impegnati nel trasferire i maggiori budget e valori possibili agli editori italiani, compressi dall’oligarchia degli OTT sui quali viene dirottata la maggior parte degli investimenti».