Il CEO di Unify & aufeminin Group e TF1 Executive Board Member racconta la sua visione dell’universo media. Il focus delle strutture dev’essere orientato agli obiettivi del cliente, e bisogna perseguirli mettendo gli asset a fattor comune, in modo che siano scalabili, e non rinunciando alla flessibilità
Unire gli asset per fronteggiare la frammentazione, proporre un’offerta scalabile e proporsi ai brand come un partner di business. È questa l’idea da cui ha preso vita Unify, una realtà composta da 17 brand – tra cui Alfemminile - diffusa a livello internazionale che ha scelto di posizionarsi non come un semplice riferimento per i media, ma come una struttura in grado di creare brand events e brand opportunity. La flessibilità è un elemento imprescindibile per supportare i brand nel raggiungimento dei loro KPI, ed è per questo che Unify sceglie di volta in volta gli strumenti più adatti, ma lo fa a livello global, e le partnership più efficaci. DailyNet ha incontrato Olivier Abecassis, CEO di Unify & aufeminin Group e TF1 Executive Board Member, per aprire una finestra sulle sue aziende.
Cosa pensa della relazione tra media tradizionale e digitale? Cosa significa per gli advertiser questa sovrapposizione tra i mercati?
Non bisogna chiudere i media in stanze separate, bisogna pensarli con un unicum. Tv è un mass media molto forte, ed è utile per lanciare nuovi prodotti davanti a un grande pubblico, internet invece si distingue per la sua capacità di fare targeting. Quando si parla con i brand l’argomento è il business e come possiamo aiutarli a trovare soluzioni che li rendano più efficienti sul mercato. Il cambiamento più importante è proprio l’inversione del focus, i media non propongono più agli spender di comprare ads all’interno di un contenuto, ma si pongono come consulenti, collaborando e offrendo soluzioni per far crescere il business a partire dai loro obiettivi. Questo può voler dire, se ce n’è bisogno, fare partnership con altre realtà del media. Il brand non vuole più allocare un budget sul mezzo, ma raggiungere il ROI. I media ormai sono considerati a tutti gli effetti business partner, e la sfida è essere efficienti, non è curarsi di se stessi.
Proprio per esorcizzare la visione dei media come silos separati è stata creata Unify…
Dal 2008, TF1 si è focalizzata sui video. Nonostante fosse uno dei principali player nel mondo della tv lineare, gli asset video dovevano trovare una nuova dimensione nel mondo dell’online. L’evoluzione in questo campo ci ha portato a considerare un modello diverso da quello della tv, che fosse più vicino agli utenti, costruito anche attraverso acquisizioni, come è accaduto per Aufeminin. Era parte di Axel Springer, ma era un brand con una fortissima community e una lunga storia alle spalle, oltre ad avere un forte business model che gli ha permesso di introdurre programmatic ed ecommerce. Abbiamo quindi creato un network che mette a fattor comune community forti, brand riconoscibili e business model differenti per rispondere agli obiettivi di business dei marchi. Unify è nata da questo pensiero e dal fatto che la sfida del mercato riguarda le dimensioni delle audience. È una holding company che comprende 17 aziende. È stato importante per noi unire le forze tra i nostri asset e creare una organizzazione globale, perché le singole strutture non riuscirebbero ad affrontare le sfide che propone il mercato. Adesso abbiamo team nei principali Paesi ma abbiamo deciso di rimanere in una dimensione global, ovvero investimenti, tecnologia e marketing sono considerate a livello globale. Quando facciamo programmatic utilizziamo gli stessi tool in Italia, in Francia, in Spagna, in UK e in Germania. Non è detto che gli strumenti siano proprietari, alcuni li sviluppiamo, altri sono in open source, altri ancora li acquisiamo, ma il mix di tutti questi è da vita alle nostre strategie. Non siamo la company che vuole fare per forza tutto da sola o che vuole usare solo elementi proprietari, consideriamo invece caso per caso quali siano gli strumenti più efficaci per raggiungere i risultati prefissi. Il nostro orientamento al business ci ha permesso di essere visti dai brand non più come un semplice centro media ma come una struttura in grado di creare brand events e brand opportunity. Il mercato dei media è molto frammentario e noi non vogliamo esserlo, chi è frammentario non è forte abbastanza.
L’Addressable Tv è un orizzonte sempre più vicino. Qual è il suo grado di evoluzione? E come si rapporta il mercato francese a quello italiano?
Credo che il mercato italiano non sia poi così diverso da quello francese. La differenza sta nel timing, e ci stiamo attivando in questo senso, ma le similitudini sono diverse. Gli advertiser vogliono connettersi con i loro utenti attraverso le relazioni dirette che si stabiliscono attraverso questo modello di distribuzione. Gli investitori pubblicitari si aspettano da noi un supporto nel connetterli con gli utenti, e proprio questo ruolo di ponte tra brand è utenti è la sfida più esaltante per un editore. Non mi riferisco alla semplice vendita degli spazi, ma a portare realmente attenzione e coinvolgimento verso un marchio. L’addressable, in TF1, aveva l’obiettivo di parlare agli utenti e raggiungere community molto forti. L’idea era appunto mettere insieme media e community. In Europa abbiamo un posizionamento distintivo, nonostante la forte competitività del segmento, ma questo non è abbastanza per arrivare al prossimo step ne per compararci ai GAFA, nonostante ora siamo mass media che riescono a fare targeting. L’addressable è ancora agli inizi anche in Francia, e non è ancora permessa dalla legge. Ci sono antiche leggi sui media, specialmente sulla tv lineare, dove la regola vuole che chiunque debba fruire degli stessi contenuti in tutto il territorio del Paese, compresa la pubblicità. Ma il governo è consapevole che nel futuro bisognerà apportare qualche modifica. Sul portale MyTF1 invece siamo passati ad un modello non lineare all’interno del quale è possibile inserire preroll, midroll, e alcuni dei formati digitali targetizzando gli utenti mantenendo inalterata la lunghezza dei contenuti. Perché sia però disponibile a livello generale abbiamo bisogno di momenti di incontro e discussione con il Governo, con gli altri broadcaster e con ISP, per rendere l’infrastruttura tecnicamente utilizzabile.
La community rappresenta un elemento centrale nel vostro business, ma quale ruolo giocano gli influencer?
Consideriamo gli influencer importanti in quanto sono una soluzione che i brand adottano per promuoversi in alternativa agli spot pubblicitari o per portare ai clienti dei messaggi diversi. I creator fanno parte del modo in cui la gente adesso sceglie di comprare un prodotto. È un argomento molto ampio, ci sono ad esempio gli influencer da meno di 10 mila follower e quelli da più di un milione, che rispondono a bisogni differenti. Con i macro influencer principalmente attraverso produzioni video, specialmente su YouTube. Gli influencer con una follower base media (tra 10.000 e 1 milione di utenti), li scegliamo attraverso un tool che rivela l’efficienza e la reach reale che sono in grado di raggiungere. La tracciabilità dell’influencer marketing dev’essere un punto di partenza, qualcosa a cui non si può rinunciare. Il modo per sfruttare al meglio i creator è porsi le domande: dove sono gli utenti parte del target che ho scelto? E quali sono gli influencer che possono aiutare a identificarli? Sono una parte importante per il nostro business model, soprattutto per dimostrare al mercato che la nostra community è efficace anche nel vendere.