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Intelligenza artificiale ancora poco sfruttata dalle imprese italiane

Autore: Redazione


Uno studio del Polimi evidenzia come il 56% abbia avviato progetti, con una soluzione su quattro che riguarda i chatbot. Individuati 469 casi di utilizzo di AI a livello internazionale

Lo sviluppo dell’Artificial Intelligence è ancora a uno stadio iniziale, ma evidenzia già un certo fermento in tutto il mondo. Lo dimostrano il crescente interesse della comunità accademica al tema, l’offerta dei grandi player di servizi cloud, la vitalità di 460 startup che dal 2016 ad oggi hanno raccolto complessivamente 2,2 miliardi di euro a livello internazionale, ma soprattutto la diffusione di soluzioni tra le aziende. Ecco le risultanze di uno studio di Polimi.

Cosa accade in Italia

In Italia il 56% delle grandi imprese oggetto di indagine ha già avviato progetti di Artificial Intelligence (contro circa il 70% di Francia e Germania) a dimostrazione dell’attenzione sul tema, anche se siamo solo in una fase embrionale di utilizzo delle grandi opportunità di questa tecnologia: i progetti sono orientati prevalentemente su soluzioni di Intelligent Data Processing (il 35% dei casi) e di Virtual Assistant/Chatbot (25%), mentre sono quasi assenti le applicazioni più di nicchia, a sostegno dei processi interni delle aziende. Rispetto alle esperienze estere, aperte anche ad applicazioni sperimentali, inoltre, le imprese italiane sembrano prediligere ambiti maturi: il 52% delle soluzioni individuate è già a regime (contro il 38% a livello internazionale), mentre il 48% è ancora allo stadio di idea progettuale, di progetto pilota o in fase di implementazione. La maggior parte dei progetti di intelligenza artificiale in Italia si concentra nei settori delle banche, finanza e assicurazioni (17%), automotive (17%), energia (13%), logistica (10%) e telco (10%).

La ricerca del Politecnico

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), presentata ieri al convegno “Artificial Intelligence: prospettive dalla ricerca al mercato”. Lo studio ha analizzato 721 imprese e 469 casi di utilizzo di Artificial Intelligence, riferibili a 337 imprese internazionali e italiane.

Aumentare il grado di conoscenza

“L’Artificial Intelligence potenzialmente non conosce confini applicativi e inciderà progressivamente sul tessuto economico e sociale di ogni paese - affermano Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, Direttori dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. La velocità di diffusione nei diversi ambiti non sarà omogenea, ma dipenderà da fattori tecnologici e di conoscenza. Le imprese italiane stanno ponendo a questo tema grande attenzione per non perdere occasioni di miglioramento della competitività. Per coglierne a pieno i potenziali benefici, però, devono innanzitutto conoscere a fondo l’offerta di soluzioni disponibili e poi intervenire sui processi organizzativi e sul rafforzamento delle competenze, perché le persone siano effettivamente in grado di valorizzare le abilità delle macchine”.

Necessari grandi investimenti

“Dalla ricerca emerge come un qualsiasi progetto di Artificial Intelligence nelle fasi iniziali necessiti di un grande investimento da parte dell’impresa, non solo in termini economici – proseguono -. Al momento, le soluzioni pronte all’uso sono limitate e per raggiungere un livello di prestazioni simile o superiore a quello umano spesso richiedono lavoro sia in fase preparatoria, per le infrastrutture, il patrimonio informativo, le competenze e la cultura, che in corso d’opera, per l’apprendimento della macchina e il miglioramento. Nei progetti di AI serve perseveranza e orientamento al risultato, che si ripagano con le prestazioni, ma anche con un vantaggio competitivo difendibile in termini di know-how”.

I campi di applicazione

La ricerca, studiando 469 casi di utilizzo di intelligenza artificiale, rivela che soltanto il 38% delle iniziative di AI individuate nel mondo è a regime (utilizzate da tutti gli utenti e sottoposte a un processo di miglioramento continuo già strutturato). “Una su cinque, il 21%, è in corso di implementazione, in una fase di rilascio su larga scala che coinvolge buona parte dei processi e degli utenti - rileva Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Una quota analoga, invece, è ancora in fase pilota, durante la quale vengono misurati i primi risultati e individuate problematiche, il 20% è ancora soltanto un’idea progettuale, con un budget stanziato per esplorare un possibile progetto in un campo d’applicazione ben definito”.

Gli ambiti di utilizzo

I principali ambiti di applicazione riguardano l’Intelligent Data Processing (35%), soluzioni che utilizzano algoritmi di AI per estrarre informazioni e avviare azioni basate sulle informazioni estratte, e i Virtual Assistant o Chatbot (25%), agenti software in grado di interagire con un interlocutore umano per eseguire un’azione o offrire un servizio. Seguono a distanza le soluzioni di Recommendation (10%), raccomandazioni personalizzate per indirizzare le decisioni del cliente in diversi momenti del percorso d’acquisto basandosi su informazioni fornite dagli utenti stessi, Image Processing (8%), che analizzano le immagini per il riconoscimento biometrico e l’estrazione di informazioni, Autonomous Vehicle (7%), mezzi a guida autonoma in grado di percepire l’ambiente esterno e adattare le manovre di conseguenza, e Intelligent Object (7%), capaci di eseguire azioni senza intervento umano, interagendo con l’ambiente circostante tramite  sensori e apprendendo dalle azioni delle persone che li usano. Chiudono l’elenco soluzioni marginali come Language Processing (4%), che elaborano il linguaggio per comprendere un testo, tradurlo o produrlo in autonomia a partire da dati e documenti, e Autonomous Robot (4%), in grado di spostarsi e muovere alcune parti, manipolare oggetti e eseguire azioni in autonomia.

Segmenti con il più alto numero di progetti

Gli ambiti con un maggior numero di progetti a regime sono Recommendation (62%), Language Processing (50%), Intelligent Data Processing (42%) e Virtual Assistant/Chatbot (40%). Tra i meno consolidati, gli Autonomous vehicle (100% di progetti in idea progettuale o pilota), gli Autonomous Robot (74%) e l’Image processing (57%).

I settori

Spostando l’analisi sui settori, il comparto più attivo nell’introdurre soluzioni di intelligenza artificiale a livello internazionale è il banking-finance-insurance, che raccoglie il 21% delle applicazioni, spinto dall’opportunità di conoscere più approfonditamente i propri clienti e garantire un servizio mirato e un supporto alle decisioni del management. Il secondo è l’automotive (12%), trainato dai grandi investimenti finalizzati allo sviluppo di veicoli a guida autonoma. Seguono, con percentuali comprese fra il 6% e l’8%, i settori hi-tech, retail e telco, interessati a offrire un servizio più flessibile e personalizzato. Marginali ma comunque attivi, a testimonianza dell’elevata pervasività dell’innovazione legata all’intelligenza artificiale, gli altri settori, con percentuali fra il 3% e il 5%.

Le funzioni aziendali

Analizzando invece le funzioni aziendali, i processi dedicati alla relazione col cliente (marketing, sales e customer service) raccolgono da soli il 40% delle applicazioni, mentre in tutti gli altri processi interni (Operations, HR, Ricerca e Sviluppo e Finance) si concentra un altro 40% e il rimanente 20% delle applicazioni riguarda le funzionalità del prodotto offerto, con lo scopo di incrementarne le prestazioni e l’esperienza d’uso. Minoritaria appare invece l’enfasi verso il recupero di efficienza e la riduzione del costo del lavoro.

I Chatbot

I Virtual Assistant o Chatbot sono il secondo campo di applicazione più esplorato dalle soluzioni di Artificial Intelligence. L’Osservatorio ha censito 118 casi di chatbot utilizzati a livello internazionale, rilevando come i più utilizzati nell’ambito servizi sono quelli per l’assistenza al cliente dopo la vendita (87%), seguiti da quelli che offrono al cliente servizi che non riguardano direttamente l’ambito in cui opera l’azienda (7%) e gli assistenti virtuali della tipologia Corporate Knowledge (6%), che hanno il compito di rispondere a domande poste dal personale o da figure esterne sull’organizzazione aziendale. Nella funzione marketing i virtual assistant vengono impiegati come shop assistant (46%), guida all’acquisto (27%), per azioni di brand reputation (18%) e supporto alle vendite (9%). Alla categoria prodotto appartengono quei chatbot inseriti all’interno di un prodotto per consentirgli di interagire con l’utente. Gli assistenti virtuali impiegati nelle funzioni HR, infine, si suddividono fra soluzioni orientate al recruiting e altre indirizzate alla gestione del personale.

Le startup e il mercato dell’offerta

La ricerca ha censito 460 startup a livello internazionale, fondate dal 2013 in avanti e finanziate a partire dal 2016, capaci di raccogliere complessivamente 2,2 miliardi di dollari, un valore significativo con un finanziamento medio in crescita nell’ultimo anno da 5,5 a 8,8 milioni di dollari. Le soluzioni di Autonomous Vehicle sono quelle che hanno ottenuto più finanziamenti, con un investimento medio di 37,7 milioni di dollari. Il mercato dell’offerta delle soluzioni di intelligenza artificiale è particolarmente dinamico lo testimonia la capacità di attrarre finanziamenti da parte delle startup, ma anche il fermento dei grandi player di servizi Cloud e il grande interesse da parte della comunità accademica e dei centri di ricerca di eccellenza.

L’impatto sull’occupazione

Da più parti si sollevano timori sulle ripercussioni negative dell’intelligenza artificiale sull’occupazione. L’Osservatorio ha indagato il tema, analizzando in modo organico le evidenze delle pubblicazioni internazionali e nazionali (scientifiche o di opinionisti di rilievo) circa l’impatto sul bilancio occupazionale, ma anche la prospettiva cognitiva, psicologica e sociale della sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine. Ne emergono tre segnali incoraggianti, che sembrano smentire le previsioni più pessimistiche. Dall’analisi risulta che la domanda di lavoro nei progetti di AI è cresciuta, e non diminuita. Inoltre, le soluzioni di AI oggi sono utilizzate più come leva competitiva esterna per migliorare i servizi e la qualità che non come strumento per aumentare l’efficienza interna. Infine, le imprese appaiono consapevoli della delicatezza del tema, selezionando attentamente i progetti da attivare, considerando sia i benefici attesi sia l’accettabilità interna ed esterna dell’innovazione.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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