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Perché le aste first-price ostacolano l’avanzata degli acquisti programmatici

Autore: Redazione


Le aste first-price hanno guadagnato il favore del mercato nel nome della trasparenza e dell’onestà. Ma siamo sicuri sia veramente così. La riflessione di Massimo de Magistris, SVP Vendite EMEA, FreeWheel, società del gruppo Comcast

di Massimo de Magistris, SVP Vendite EMEA, FreeWheel, società del gruppo Comcast

È innegabile che le transazioni programmatiche abbiano rivoluzionato l’industria pubblicitaria, grazie all’impiego di avanzatissimi sistemi automatizzati in grado di potenziare l’efficienza e la rapidità dei processi di acquisto. Anzi, in Europa, la metà dei ricavi provenienti dagli annunci display si realizza ormai con questa modalità. Il passo successivo prevede di soddisfare le esigenze degli inserzionisti, i quali chiedono miglioramenti in termini di trasparenza e controllo.

Oltre all’introduzione di nuove linee guida a difesa della trasparenza (in special modo quelle definite dallo IAB e dalla Association of National Advertisers, ANA), nel settore si assiste a un cambiamento sempre più marcato nelle dinamiche delle aste, in cui compratori e venditori tendono ad adottare modelli first-price.

La motivazione alla base di questa scelta è evidente: poiché, in questo caso, l’offerta vincente corrisponde all’importo da pagare (senza commissioni occulte), il “first-price” tende a essere visto come un modello di trading automatizzato che privilegia l’onestà e la trasparenza. Ancor più se paragonato al tradizionale sistema “second-price”, ormai sempre più associato a un’idea di divisione e complessità. Ma si tratta di una reputazione fondata? 

Prima di stabilire se i benefici delle aste first-price sopravvivano o meno alla prova dei fatti, è essenziale soffermarsi sulle problematiche che sostengono di risolvere. Di recente, il mercato programmatico è stato segnato da due questioni che acquisiscono una rilevanza sempre maggiore. In primo luogo, la frammentazione della domanda a livello di exchange e piattaforme rende più difficoltosa la tracciabilità delle transazioni; inoltre, la miriade di aste in esecuzione simultanea prima del responso definitivo dell’Ad server è motivo di confusione.

Il modello first-price si è dunque imposto come una rapida soluzione a questi problemi, poiché permette l’attribuzione delle impression al miglior offerente, il quale paga il prezzo pieno dell’offerta. Diverso è l’approccio adottato nelle aste second-price, in cui il vincitore è solitamente tenuto a pagare un importo di poco superiore a quello della seconda offerta più alta. L’idea di base è che il first-price permetta a compratori ed editori di massimizzare trasparenza e valore, poiché consente ai primi di conoscere con esattezza il costo della transazione e ai secondi di beneficiare di rendimenti ottimali.

Vane promesse

Eppure, la realtà delle aste first-price appare piuttosto lontana da tale dimensione idealista. Si può anzi affermare che, invece di semplificare il trading programmatico, questo modello tende a trasformarlo in un processo ancora più complesso e opaco. Per esempio, il più ampio ventaglio di aste e venditori che spesso emerge dall’applicazione di questo sistema genera un aumento della complessità degli scambi, oltre ad accrescere il volume della spesa pubblicitaria assorbita dagli intermediari (pensiamo ad Ad server, exchange e soluzioni “wrapper” di header bidding). Inoltre, le dinamiche poco chiare si abbinano a meccanismi di controllo insufficienti che non riescono a eliminare il rischio di manipolazione.

Per non parlare delle ripercussioni sul fronte del valore, il quale potrebbe addirittura risultare inferiore sia sul lato della domanda che su quello dell’offerta. Poiché gli inserzionisti sono ora tenuti a pagare l’importo più alto, molti hanno risposto riducendo sistematicamente le rispettive offerte (toccando quote anche inferiori rispetto a quanto avverrebbe in contesti di “second-price”) nel tentativo di ottenere impression a basso costo. Dal punto di vista degli editori, inoltre, tale meccanismo non solo riduce il valore monetario delle inventory e il rendimento che sono in grado di produrre, ma non permette neanche di comprendere la reale qualità delle impression. Una tale situazione risulta particolarmente spinosa nei mercati premium, in cui l’offerta di inventory di alta qualità (come i video) è limitata, e le rivalità tra compratori sono fondamentali per mantenere prezzi elevati.

Per gli inserzionisti, invece, il rischio è che l’aumento delle offerte nel tentativo di aggiudicarsi le impression più ambite possa dar luogo a spese sproporzionate e difficilmente recuperabili con i ricavi generati.

La migliore strada da percorrere

In definitiva, sembra proprio che le aste first-price non siano proprio il rimedio per tutti i mali che affliggono la pubblicità programmatica. Quindi quale potrebbe essere la soluzione?

La risposta potrà apparire insolita per un settore che da sempre fa dell’innovazione la sua ragion d’essere. Eppure, in questo caso non occorre escogitare nuovi meccanismi, basta perfezionare uno strumento già esistente, ovvero le aste second-price. Non si può dire che queste siano esenti da imperfezioni, specie nelle circostanze in cui il prezzo viene fissato artificialmente. Ma, se usato nel modo giusto, tale approccio ha il potenziale di migliorare la trasparenza e ridurre la complessità che caratterizza il mercato.

Compratori e venditori dovranno però adoperare una versione ottimizzata del tradizionale modello second-price, ovvero priva di manipolazioni e dotata di due caratteristiche principali:

1. Ruolo determinante degli Ad server

Ripristinare il potere degli Ad server di governare il processo decisionale è un passo essenziale per consentire a compratori e venditori di semplificare il trading automatizzato. Ad esempio, l’impiego di un sistema di trading in cui le varie sorgenti di domanda (vendita diretta e programmatica) competono simultaneamente, ovvero senza ricorrere a tecnologie di header bidding multifase, non potrà che massimizzare la trasparenza a livello dei meccanismi delle aste e della definizione dei prezzi.

2. Riduzione del numero di fasi e di intermediari

Potrà sembrare un fattore secondario. Eppure la riduzione degli attori e dei passaggi che compongono la supply chain della pubblicità programmatica avrà un impatto non indifferente. Con meno venditori da integrare e un numero ridotto di ostacoli da superare nel processo di acquisto, si ridurrà anche il rischio di manipolazione, favorendo al tempo stesso una maggiore comprensione delle procedure in gioco.

Le imperfezioni o il senso di frustrazione associati alla pubblicità programmatica non ne hanno tuttavia compromesso l’adozione o ridotto la spesa in tal senso: solo quest’anno, gli investimenti nella regione si preparano a crescere del 20%. Ma per favorire il progresso del trading programmatico è importante dare nuovo lustro al modello di aste second-price, invece di proseguire sul cammino del first-price. Solo con la riconfigurazione e il perfezionamento di questo modello già noto gli inserzionisti e gli editori potranno dar vita a una nuova era realmente fondata sulla trasparenza e su un’automazione semplificata.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 22/04/2024


L’Istat cerca partner per creatività e planning a supporto dei censimenti economici permanenti; l’appalto vale 2,6 milioni di euro in tre anni

Consip ha avviato una gara per affidare le campagne di comunicazione integrate a supporto dei censimenti permanenti per Istat. Il valore dell’appalto è di 2,64 milioni di euro al netto dell’iva. L’incarico è di 3 anni e, in particolare, riguarda le campagne a supporto del censimento permanente della  popolazione e delle abitazioni e dei censimenti permanenti economici (imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni non profit, agricoltura), previsti dall’Istat nel triennio 2024–2027, nonché una campagna generalista dedicata alla valorizzazione dei censimenti da svilupparsi nell’ambito delle celebrazioni del centenario dell’Istat che si terrà nel 2026. L’agenzia sarà incaricata sia dell’ideazione creativa che della strategia e pianificazione media, oltre che delle attività web, dei social e della gestione delle pr. Il budget media complessivo per tutta la durata del contratto, incluso il placement, è di massimo 850.000 euro (iva esclusa). Il termine per presentare le offerte è il 28 maggio. Obiettivi Le singole campagne dovranno, in un’ottica integrata, implementare la strategia comunicativa sui Censimenti permanenti per perseguire i seguenti obiettivi generali: informare sulle diverse modalità di svolgimento delle operazioni censuarie e sulle novità di ciascuna edizione; favorire la più completa, corretta e tempestiva partecipazione dei rispondenti alle operazioni censuarie; garantire a ciascun Censimento visibilità, riconoscibilità e memorabilità; sostenere la piena riuscita di ciascun Censimento promuovendo la condivisione degli obiettivi specifici con i rispondenti e con i potenziali utilizzatori dei dati; sperimentare azioni, strumenti e linguaggi innovativi, che consentano di raggiungere pubblici più ampi possibile; essere «in ascolto» e flessibile per reindirizzare messaggi e azioni; rispondere ai perché e ad eventuali criticità che potrebbero insorgere nel corso delle diverse rilevazioni (communication crisis management); promuovere la restituzione dei risultati di ciascun Censimento, valorizzandone il grande potenziale conoscitivo e la loro utilità, e assicurando una continuità narrativa sui censimenti tra una rilevazione e l’altra; costruire e rafforzare alleanze/partnership con stakeholder, utilizzatori esperti, istituzioni, comunità scientifica, media e altri attori dei censimenti, con azioni mirate di pubbliche relazioni, promuovendo attività di engagement e di endorsement; consolidare la narrazione di tutti i Censimenti permanenti come un sistema integrato di rilevazioni in grado di assicurare al Paese un patrimonio informativo più ricco e tempestivo e di garantire un risparmio economico e una riduzione del carico sui rispondenti, in linea con i più innovativi standard internazionali;  evidenziare il ruolo dell’Istat sia come produttore di informazioni e analisi puntuali utili alla collettività e al Paese, sia quale ente con una visione orientata all’innovazione, al fine di rafforzare la reputazione e notorietà dell’Istituto; rafforzare la fiducia dei cittadini nell’istituzione e nella informazione statistica ufficiale e l’importanza di una partecipazione consapevole e attiva alle rilevazioni statistiche ufficiali. 

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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