Dalla discussione tra Scott Knoll, CEO di Integral Ads Science e Barbara Agus, Digital Director di Meredith, emerge che “non ci si ferma più a studiare le novità e a decidere se adottarle oppure no”, occorre piuttosto approfondire la propria conoscenza tecnica degli strumenti di ad tech, per evitare dispersioni legate ai budget, oltre a comuni errori di valutazione
L’acquisto dei media non è sempre felice. Pratiche oscure e fraudolente erodono il mercato facendo danno a tutti i suoi attori. Un problema c’è, e forse è più di uno, ma non è facile prendere contromisure adatte e definitive. Una soluzione potrebbe risiedere nelle metriche utilizzate per valutare l’advertising. I KPI tradizionali sono sorpassati, tutti lo sanno, ma in pochi li abbandonano. Alcune performance, come il CTR, sono soggette ad alterazioni difficilmente intercettabili ad opera dei bot. Gli stessi publisher, poi, devono tornare in controllo delle proprie declinazioni online, ma per farlo hanno bisogno di sviluppare un rapporto di fiducia con gli utenti - spiegano Scott Knoll, Ceo di Integral Ads Science, e Barbara Agus, Digital Director di Meredith.
Barbara AgusIl problema non è il programmatic
Il programmatic di per sé non è il fattore che abilita l’ad fraud, piuttosto è l fatto che molti lo utilizzano senza capirne bene il senso. “Un cliente ci ha detto che le nostre inventory acquistate attraverso un network performavano meglio di quelle acquistate in maniera diretta. La metrica a cui si riferiva era il CTR, ma è impossibile che delle inventory appartenenti alla coda lunga facciano i risultati che ci ha detto. C’è stato un evidente zampino dei bot”, racconta Agus. Il problema vero è che nessuno vuole prendersi più la responsabilità, “non ci si ferma più a studiare le novità e a decidere se adottarle oppure no”, continua Agus. Un esempio è la blockchain, che genera attorno a sé un grande entusiasmo ma che nessuno si azzarda a inserire nelle proprie attività.
Device e tecnologie
Il problema delle tecnologie però è più ampio di così. Anche quelle attualmente utilizzate non rispondono sempre ai bisogni dell’azienda. Le DMP non sono tutte uguali, alcune utilizzano algoritmi che lavorano meglio su grosse moli di dati, diventando imprecise sui tagli piccoli, altre invece fanno esattamente l’opposto. Questo crea valutazioni sbagliate sui segmenti e dispersione di budget causata da acquisti media errati. Anche la scelta dei device diventa importante. “Nella discussione con i brand, ora partiamo dai diversi formati da usare sui dispositivi, perché diverso è il consumo media offerto da desktop e mobile. Riadattare la creatività su schermi differenti non può essere la soluzione più efficace”, conclude Agus.