La filiale italiana di Google ha illustrato il mondo del sito di condivisione video. E DailyNet ha intervistato l’agency director Paola Marazzini
Si è tenuta giovedì scorso a Milano la quarta edizione di YouTube Pulse, l’evento che la filiale locale di Google dedica al suo gioiellino visitato ogni mese da 24 milioni di utenti unici solo in Italia. Una serata cui hanno partecipato esponenti dei principali investitori, agenzie media, creators e che ha visto fare gli onori di casa al country manager Fabio Vaccarono. Il numero uno di Big G nel nostro Paese ha snocciolato quelli che sono i numeri della piattaforma video: 1,5 miliardi gli utenti nel mondo che accedono ogni mese a YouTube con il proprio account, con oltre 400 ore di contenuti caricati ogni minuto e 1 miliardo di ore visualizzate ogni giorno. Il 60% di queste visualizzazioni avviene da dispositivi mobili, ma lo schermo che cresce maggiormente è la connected TV, il cui utilizzo è raddoppiato rispetto al 2016. Secondo Vaccarono non bisogna valutare YouTube solo per la reach, «siamo il quinto canale televisivo in Italia», ma per l’engagement e la capacità di raggiungere fasce di pubblico di tutte le età, per esempio l’85% degli spettatori di YouTube ha più di 25 anni. A margine della serata, cui ha partecipato anche l’head of video innovation EMEA Nadav Perry, DailyNet ha intervistato Paola Marazzini, agency director di Google Italy. «Da quando abbiamo lanciato YouTube Pulse in Italia, ormai quattro anni fa, sembra passata un’era geologica», ha sentenziato la manager. E in effetti pare proprio che sia così.
I tre pillar di YouTube
Secondo Paola Marazzini il successo di YouTube risiede in tre pilastri: gli utenti; i creators; e le aziende che investono sulla piattaforma sostenendola. Se i numeri relativi all’utenza sono impressionanti, come già evidenziato in precedenza, è il rapporto tra YouTube e i creators a essere particolarmente interessante. «La relazione con i creators è una simbiosi proficua», ha sottolineato Paola Marazzini, citando i casi dei The Jackal, protagonisti dell’operazione La Marchetta targata Carrefour, ma anche Daniele Doesn’t Matter, Gli Autogol e molti altri. «Oggi sono oltre 30 i canali che in Italia hanno oltrepassato la soglia del milione di follower», ha proseguito. La musica conferma la sua importanza: Warner Music Italy supera i 2 milioni di iscritti, Fedez è l’artista italiano più seguito. E nel mondo il numero di canali che hanno superato 1 milione di iscritti è raddoppiato rispetto al 2016. Non solo, il 77% degli iscritti ai canali a livello mondiale dichiara di identificarsi meglio con i creator di YouTube rispetto alle star tradizionali; il 67% afferma che sono più autentici mentre 6 su 10 iscritti ai canali YouTube seguirebbero un consiglio di acquisto del loro creator preferito rispetto a una star tradizionale. «Credo che queste ultime due evidenze debbano far riflettere un brand su quanto possa essere credibile ed efficace un’operazione con i creators, i quali hanno stabilito delle relazioni 1to1 con il pubblico di riferimento». Ieri sera, poi, è stata annunciata l’apertura del canale ufficiale YouTube del noto giornalista e scrittore Roberto Saviano. Terzo e ultimo pillar è rappresentato dai brand: «devo ammettere che il livello di maturità raggiunto dalle aziende su YouTube mi sta dando grande soddisfazione», ha dichiarato Paola Marazzini. I casi di successo sono tanti, da Campari, che ha vinto il premio Best Use of YouTube dell’ADCI nell’ultima edizione di IF!, a Fiat, fino a Unilever, tutti presenti all’evento di giovedì scorso.
Le novità pubblicitarie e l’approccio di Google al cliente
La serata è stata anche l’occasione per presentare al mercato tricolore le ultime novità advertising in casa YouTube. La piattaforma è pronta a presentare una inedita soluzione di targeting che unisce i segnali, «ossia le manifestazione di interesse dimostrate da un utente», che arrivano dalla piattaforma video, con quelli del motore di ricerca e Maps. La novità va ad affiancare gli attuali strumenti di profilazione a disposizione di agenzie e advertiser. Nel rapporto con agenzie e advertiser Google si pone come «facilitatore», vale a dire come soggetto abilitatore delle operazioni di comunicazione dei brand, che sono liberi di scegliere se lavorare direttamente con Big G, o se farsi supportare da agenzie, siano esse media o creative.
Bumper Ads
Tra i top brand mondiali, nell’ultimo anno 1 su 3 ha utilizzato i Bumper Ads. E gli annunci da 6 secondi pensati per catturare l’attenzione degli utenti su dispositivi mobili hanno portato un aumento di ad recall in 9 campagne su 10 nei test effettuati dalla società. «La soluzione ha necessitato di un normale periodo di rodaggio, anche perché raccontare storie in sei secondi rappresenta una vera e propria sfida in ambito creativo», puntualizza la manager. In questo senso le sigle creative hanno dovuto sviluppare inediti linguaggi di comunicazione, in una logica mobile. «Oggi il prodotto continua a crescere».
Il tema della misurazione
Google vuole essere trasparente nei confronti del mercato. Soprattutto nel delicato mondo della misurazione. «Forniamo strumenti proprietari come per esempio Active View, che è accreditato dal Media Rating Council, mentre per la viewability ci avvaliamo della certificazione di DoubleVerify, Integral Ad Science e Moat». I tassi di viewability e di audibility su YouTube si attestano al 95%, ben al di sopra della media di mercato. La collaborazione con comScore e Nielsen è consolidata e riguarda invece la rilevazione di parametri come impressione e click. «In questo caso penso che sia evidente come Google abbia recepito le richieste del mercato, e a esse abbia prontamente adeguato l’offerta».
Brand safety
La discussione si è poi focalizzata sulla brand safety e sulle polemiche scoppiate intorno a YouTube lo scorso marzo in seguito a un’inchiesta del Times of London, che aveva rilevato come i messaggi promozionali dei brand sulla piattaforma fossero apparsi a fianco di contenuti d’odio o terroristici. «Il problema è stato limitato dal punto di vista economico, ma grande in termini d’impatto sull’immagine del brand», ha spiegato Paola Marazzini, secondo cui Google ha reagito in modo reattivo alla questione. Per prima cosa la società ha utilizzato il machine learning per intercettare i contenuti da eliminare, moltiplicato gli sforzi del team che monitora i contenuti flaggati manualmente e ha alzato le soglie di ciò che è monetizzabile. E in Italia? «Nel nostro Paese le agenzie hanno assunto un atteggiamento responsabile nei confronti dei clienti. Hanno prima raccolto le nostre argomentazioni e poi le hanno trasferite ai loro partner senza creare panico», ha concluso Paola Marazzini.