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Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server

Autore: Redazione


L’analisi di Paolo Serra con vantaggi e svantaggi delle varie metodologie, inizia con Direct Orders e Programmatic Direct

Il programmatic advertising è diventato un elemento imprescindibile per chi opera nell’industry della pubblicità digitale. E non solo in questa: l’ecosistema attorno all’advertising sta diventando sempre più complesso ma i dati e gli strumenti forniti da questa modalità di compravendita offrono una opportunità unica per aumentare la qualità della comunicazione, erogare annunci a target interessati, diminuire la dispersione e rendere così più efficienti le proprie campagne. Per questo DailyNet ha deciso di lanciare Paolommatic, la rubrica a cura dell’esperto sul tema Paolo Serra che indaga i vari trend del programmatic advertising. Buona lettura con il settimo episodio Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server.   Clicca qui per leggere la prima uscita Cinque consigli per vincere nel programmatic video Clicca qui per leggere la seconda uscita Il futuro è nelle app con il programmatic mobile Clicca qui per leggere la terza uscita Programmatic, la risposta è cross device Clicca qui per leggere la quarta uscita DMP, quali servizi propongono e come si differenziano Clicca qui per leggere la quinta uscita Le Frodi adv nel Programmatic, una panoramica Clicca qui per leggere la sesta uscita Cos’è e come funziona il Cookie Syncing, la magia delle DMP    

Paolo Serra

Appassionato di nuove sfide per far crescere le imprese con l’obiettivo di contribuire ad aumentarne i ricavi. Si dedica al serach engine marketing dal 1999 lavorando con le principali agenzie internazionali. In seguito allarga le conoscenze al mondo del programmatic advertising diventandone uno dei maggiori esperti italiani tanto da aver aperto un sito dedicato all’argomento ormai punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori.    

Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server

Articolo a cura di Paolo Serra
Paolo Serra Paolo Serra

Tradizionalmente, il processo di vendita dell’inventory da parte degli editori è sempre avvenuto in modo diretto. Negli ultimi anni a questo metodo si sono aggiunti sistemi automatizzati che sgravano l’editore dal cercare inserzionisti per gli spazi di minor interesse. Grazie all’avvento del programmatic, però, queste metodologie sono in procinto di diventare un ricordo del passato. Perché un editore dovrebbe cambiare? L’analisi nel dettaglio delle metodologie, con vantaggi e svantaggi, parte con Direct Orders e Programmatic Direct.

Direct Orders

“Gli ordini diretti”, come dice il nome, sono gli acquisti di spazi pubblicitari effettuati da un inserzionista direttamente dalla forza vendita di un editore. Circa il 50% della pubblicità sui giornali online a livello mondiale viene ancora transata così; di questi, la maggior parte sono ancora scambiati manualmente utilizzando il processo di “ordine di inserimento”. Un ordine di inserimento è un contratto tra l’inserzionista e l’editore. è il modo più antico di compravendita dei media online.

Benefici

1) Priorità ad serving: nella gerarchia della pubblicazione degli annunci, gli ordini diretti ricevono la massima priorità. Ciò significa che se un utente visita un sito, gli inserzionisti che passano attraverso i canali diretti verranno visualizzati per primi, consentendo ai loro annunci di aver maggior visibilità.

2) Inventario garantito: vendite e visibilità garantita sia per l’editore sia per l’inserzionista.

3) Maggiore personalizzazione e creatività: ci sono alcuni tipi di campagne creative (chiamiamoli “ad alto impatto”) che possono essere realizzate solo tramite ordini diretti.

4) Relazione umana: la vendita diretta ha ancora il fascino del rapporto umano uno-a-uno tra gli inserzionisti e gli editori. è la sensazione di sapere che non sei solo un numero, o una semplice transazione.

Svantaggi

1) Processo manuale: il flusso di lavoro necessario per realizzare una campagna in modo tradizionale richiede una grande quantità di lavoro d’ufficio. Numerose chiamate telefoniche, email, negoziazione contrattuale, lavoro amministrativo con fogli di calcolo, e tanto altro ancora. è un processo altamente inefficiente, sia operativamente sia economicamente. Per gli ordini diretti, un editore deve inserire manualmente la campagna nei server per ogni inserzionista con cui lavora, insieme a un mucchio di altre e diverse minuzie amministrative.

2) Targeting limitato: il target di pubblico è inevitabilmente abbastanza generico, con poche variabili, un sistema simile alla tv dove si spara nel mucchio.

3) Effetto massa: non essendoci una personalizzazione, la stessa pubblicità può essere vista e rivista fino alla noia e da persone non interessate, creando un effetto contrario a quello cercato.

4) Prezzi: i costi normalmente sono di gran lunga maggiori.

Gli ordini diretti sono preferiti dagli editori, ma sono altamente inefficienti per gli inserzionisti che quindi sono spinti a cercare altre soluzioni per valorizzare meglio il proprio investimento. Non è un caso che  negli ultimi anni gli editori abbiano progressivamente e costantemente perso volumi di vendita pubblicitaria.

Programmatic Direct

Sono “pacchetti” di inventory acquistati direttamente dall’editore. Si possono immaginare questi pacchetti, come ordini di inserimento pre-configurati. È essenzialmente un bypassare qualsiasi tipo di asta, o qualsiasi tipo di trattativa diretta con il venditore, e acquistare subito il prodotto (in questo caso, l’inventario dell’editore). Una volta acquistato il “pacchetto”, tramite API, la campagna viene configurata sul server dell’editore, il che significa che nessuna email, nessuna telefonata e nessuna configurazione manuale dovrà essere fatta.

Benefici

1) Processo automatizzato: il vantaggio principale per gli inserzionisti è l’aumento di efficienza. Con l’introduzione di un sistema automatizzato con il server dell’editore, il lavoro d’ufficio manuale è drasticamente ridotto, così come i costi operativi.

2) Il targeting migliora: un altro vantaggio nell’utilizzare questo sistema è la possibilità di affinare il targeting. Anche se il pacchetto creato dall’editore non è particolarmente dettagliato, le piattaforme che gestiscono il programmatic direct consentono di aumentare i parametri di targeting.

3) Priorità: come per gli ordini diretti tradizionali, anche a loro viene normalmente data priorità. Questo perché, l’editore ha quasi gli stessi vantaggi degli ordini diretti e con minor costi.

4) Volume inventario garantito: un altro vantaggio è la possibilità di garantire una quantità di visualizzazioni costante per l’inserzionista e una vendita sostenuta in termini di prezzi all’editore.

Svantaggi

1) Rapporto indipendente: con l’automazione del flusso di lavoro o del processo di acquisto e di vendita di ordini diretti, tramite una piattaforma terza, il rapporto tra inserzionista ed editore viene a mancare. Di conseguenza, c’è poco spazio per la negoziazione e la possibilità di avere una maggior creatività nelle campagne.

2) Adozione limitata: in questo momento, è una metodologia ancora poco usata.

3) Prezzi: anche se i prezzi sono più bassi degli ordini diretti, grazie alle efficienze operative, sono ancora significativamente più elevati rispetto alle aste RTB aperte.

Tutto sommato il programmatic direct è ancora un sistema troppo sbilanciato a favore degli editori e quindi rappresenta un ostacolo per ottimizzare gli investimenti da parte di un inserzionista.

Private Marketplace

Sono resi possibili dalla tecnologia OpenRTB, nota anche come "ID Deal", che consente all'editore di vendere la propria inventory non in un asta aperta a tutti, ma solo a degli inserzionisti selezionati tramite invito. Dato che l'ID Deal è una componente standard di tutte le SSP, gli editori che già ne hanno una possono sfruttare questa tecnologia senza dover introdurre un nuovo fornitore.

Nei private marketplace ci sono generalmente due tipi di offerte a cui un inserzionista può partecipare: private auctions e preferred deals. Un preferred deal è quando un singolo acquirente fa un accordo con un editore bypassando qualsiasi tipo di asta per battere la concorrenza, prima che l'asta venga aperta. Alcuni inserzionisti preferiscono questo tipo di acquisto per garantirsi visibilità e un prezzo fisso. Nel private auction invece si concorre con altri inserzionisti all'acquisto della stessa inventory, con tutto ciò che questo comporta.

Vantaggi

1) Inventory "Premium": per l'editore rappresenta un modo per valorizzare meglio i propri spazi premium sia in termini di prezzi sia come inserzionisti selezionati.

2) Targeting potente: Si può usare tutta la potenza delle campagne in programmatic con targeting e personalizzazioni forniti dalle DMP.

3) Relazione umana: per certi versi si mantiene un rapporto umano uno-a-uno fra inserzionisti ed editori, la costruzione di un tale rapporto può rivelarsi vantaggiosa nel tempo.

Svantaggi

1) Quasi-automatizzata: benché si eviti molto lavoro manuale, si ha però bisogno del contatto fra le parti per partecipare all'asta e negoziare.

2) Non garantito: un grave inconveniente è l'impossibilità di garantire realmente la prenotazione degli spazi dell'inventario in anticipo. Questo è dovuto al fatto che le campagne non vengono eseguite direttamente dal server dell'editore, ma dalla SSP. Di conseguenza, i volumi di impression non possono essere riservati.

3) Adozione limitata: proprio come nel programmatic direct, è una metodologia poco diffusa.

4) Prezzi: i prezzi sono più alti che nell'asta aperta, ma abbastanza ragionevoli, e avrebbe senso se gli editori utilizzassero di più questa modalità di vendita.

Grazie ai private marketplace, gli editori hanno un maggior grado di controllo sulla qualità degli inserzionisti che acquistano il loro inventario e possono non svendere gli spazi a prezzi stracciati, mentre gli inserzionisti possono godere dei vantaggi del programmatic.

Open Auction (RTB)

Come suggerisce il nome, l'open market è alimentato dal protocollo OpenRTB ed è stato il caso d'uso originale su cui è stato sviluppato lo standard. Permette agli editori di vendere l'invenduto in un'asta pubblica, dando accesso praticamente a qualsiasi inserzionista per fare delle offerte. Questo permette agli editori di tappare i buchi.

Il sistema si basa sul second-price auction, cioè il miglior offerente paga solo 0,01 dollari più del secondo più alto offerente. Questo crea un mercato molto efficiente, in quanto gli inserzionisti sono liberi di fare un'offerta, basandosi sui propri conti, e verificare se è sufficiente per superare le altre. Ma aggiunge anche una grande incertezza per tutte le parti, dal momento che molte cose diventano imprevedibili in un ambiente così dinamico. Molti editori per questo motivo collegano l'inventory venduta in questo modo agli spazi peggiori della pagina o come ultima scelta dell'ad server.

Vantaggi

1) Automazione completa: la forza dell'open market è che non richiede alcuna interazione umana per lanciare una campagna. Un inserzionista può creare e lanciare una campagna utilizzando una DSP e, salvo eventuali complicazioni tecniche, non avrà bisogno di parlare con un essere umano.

2) Massima reach: un'altra caratteristica è che si può raggiungere migliaia di editori con un solo click.

3) Targeting su dati: Si può sfruttare alla massima potenza il programmatic grazie alla più ampia possibilità di visibilità mai realizzata.

4) Prezzi: una delle differenze più notevoli tra RTB e altri sistemi è il passaggio da prezzi all'ingrosso (CPM) all'acquisto di singole impression (eCPM). Dal momento che gli inserzionisti pagano solo per le impression che corrispondono ai loro criteri specifici, come target di riferimento o spesa pubblicitaria, lo spreco è ridotto al minimo.

5) Altamente accessibile: nel mondo dei media buying, può essere difficile ottenere l'attenzione di un editore senza avere "peso" e tasche profonde. Con l’RTB, tuttavia, gli editori possono effettivamente soddisfare gli inserzionisti più piccoli, in sostanza, consentendo a quelli di tutte le dimensioni di partecipare all'acquisto della loro inventory.

Svantaggi

1) Nessun contatto umano: avere rapporti diretti con gli editori fa parte di una strategia vantaggiosa per molte aziende. Ma con RTB, non c'è praticamente alcun contatto tra l'inserzionista e l'editore.

2) Priorità più bassa: a causa del modo in cui la maggior parte degli editori implementano la tecnologia RTB nei loro ad serving, le campagne che vengono servite hanno quasi sempre la priorità più bassa.

3) Visibilità imprevedibile: avere la priorità più bassa ha un'altra conseguenza, quella dell’imprevedibilità. A causa della struttura dell'asta di RTB, vi è la possibilità di essere superati da un inserzionista concorrente o comunque che gli spazi siano occupati da pubblicità acquistate con altri sistemi che hanno una priorità maggiore.

Non c'è dubbio che l'asta aperta in open market sia stata una manna per gli inserzionisti negli ultimi anni, ma si porta dietro anche una bassa valorizzazione dell'inventory. Sarà la sfida del futuro saper combinare i vari sistemi per offrire il miglior servizio al giusto prezzo.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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