Un ampio spazio è come sempre dedicato ai consumi mediatici degli italiani e si evidenzia immediatamente in questo ambito la crescita degli strumenti digitali. La televisione continua, però, ad avere un solido primato
Disponibile da venerdì scorso il cinquantesimo Rapporto Annuale del Censis che fotografa la situazione del Paese. E parla di un’Italia che siede su una montagna di risparmi, 114 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva accumulati negli anni della crisi, ma non li spende per paura. E’ l’Italia rentier, dove i giovani appaiono sempre più poveri e intrappolati nell’ingorgo dei lavori a basso costo e bassa produttività. Intanto, si taglia su tutto, ma è boom degli acquisti di computer e soprattutto di smartphone. Ampio spazio, nel documento, è come sempre dedicato ai consumi mediatici degli italiani nel 2016 e si evidenzia immediatamente in questo ambito il boom del digitale anche nella crisi. Nel 2016, però, la televisione continua ad avere un pubblico sostanzialmente coincidente con la totalità della popolazione (il 97,5% degli italiani). I telespettatori complessivi aumentano ancora (+0,8% nell’ultimo anno), soprattutto quelli della tv digitale terrestre (+1,5%) e satellitare (+1%), mentre gli utenti delle diverse forme di tv via internet (la web tv attraverso il pc e la smart tv) si attestano al 24,4% e quelli della mobile tv all’11,2% (erano solo l’1% nel 2007). La crescita cumulata per la tv via internet nel periodo 2007-2016 è pari a +14,4 punti percentuali di utenza. Tengono anche gli ascolti della radio, con un’utenza complessiva pari all’83,9% degli italiani. Aumentano i radioascoltatori che utilizzano gli apparecchi tradizionali (+4,8% in un anno), restano stabili gli altri vettori di trasmissione del messaggio radiofonico, dopo che la crescita complessiva dell’utenza della radio da smartphone è stata pari, nel periodo 2007-2016, a +13,7% e quella della radio da internet via pc a +6,9%. I quotidiani cartacei, invece, perdono lettori, ridotti al 40,5% degli italiani (-1,4% nell’ultimo anno, -26,5% complessivamente nel periodo 2007-2016), mentre continua ad aumentare l’utenza dei quotidiani online (+1,9% nell’ultimo anno) e degli altri siti web di informazione (+1,3%). Mantengono i propri lettori i settimanali (+1,7%) e i mensili (+3,9%), ma non i libri cartacei (-4,3% nell’ultimo anno, con una quota di lettori diminuiti al 47,1% degli italiani), ancora non compensati dai lettori di e-book (che aumentano dell’1,1% nell’ultimo anno, ma si attestano ancora solo al 10% della popolazione). Si registrano pure piccole oscillazioni al rialzo per la diffusione di e-reader (+0,7%) e tablet (+1,7%), mentre diminuiscono gli utenti dei telefoni cellulari basic, in grado solo di telefonare e inviare sms (-5,1%).
Smartphone, una crescita impetuosa
Continua la crescita impetuosa degli utilizzatori di smartphone (+12% in un anno: una crescita superiore a quella di qualsiasi altro mezzo), arrivati al 64,8% degli italiani (e all’89,4% dei giovani di 14-29 anni). Inoltre, la penetrazione di internet aumenta di 2,8 punti percentuali nell’ultimo anno e l’utenza della rete tocca un nuovo record, attestandosi al 73,7% degli italiani (e al 95,9%, cioè praticamente la totalità, dei giovani under 30). La crescita complessiva dell’utenza del web nel periodo 2007-2016 è stata pari a +28,4%: nel corso degli ultimi dieci anni gli utenti di internet sono passati da meno della metà a quasi tre quarti degli italiani (dal 45,3% di utenza complessiva nel 2007 al 73,7% nel 2016). Intanto, i nuovi canoni del broadcasting mettono in luce il ricentraggio su contenuti e piattaforme delle media company. Ancora nel 2011, l’80,9% degli italiani dichiarava che nella settimana precedente la rilevazione aveva acquisito informazioni dai tg, ma nel 2016 il dato si è ridotto al 63%, con un calo di 17,9 punti percentuali. I giovani tra i 14 e i 29 anni, che già nel 2011 facevano un uso più ridotto dei telegiornali (69,2%), nel 2016 li utilizzano solo nel 45,7% dei casi (con un calo di 23,5 punti in cinque anni). I diplomati e i laureati, che erano i più affezionati utenti dei tg, di punta ne hanno persi addirittura 27,3, passando dall’85,7% al 58,4%. Tra le prime fonti utilizzate per informarsi, dopo il 63% dei telegiornali si colloca Facebook con il 35,5% e i giornali radio con il 24,7%. I quotidiani non superano il 18,8%. Il 19,4% sceglie i motori di ricerca come Google, il 10,8% YouTube e il 2,9% Twitter.
App e startup: come cambiano i comportamenti
Nell’epoca della disintermediazione digitale, app e startup stanno rimodellando abitudini e comportamenti quotidiani. Non soltanto perché, ormai, il 40,6% degli internauti italiani controlla i movimenti del conto corrente bancario via internet, praticando personalmente l’home banking (il 3,8% in più rispetto allo scorso anno), il 36% si dedica senza interposta persona all’ecommerce (+5,3% rispetto all’anno scorso), il 14,9% sbriga online le pratiche burocratiche con gli uffici pubblici (+2,5%), il 14,8% organizza i viaggi sul web (+5,5%) e l’8,3% prenota le visite mediche via internet (+3,2%). Ma anche perché grazie alle app si stanno diffondendo molteplici pratiche nuove: dal conoscere il tempo di attesa di un mezzo pubblico alla cura personale (usando lo smartphone come una sorta di personal trainer), dal dating online (questo tipo di app è stato usato nell’ultimo anno dal 2% degli utenti di internet italiani, il 3% nel caso dei giovani) alle tante e diverse forme di sharing mobility e crowdfunding. Agli stradari online e ai navigatori digitali fanno appello soprattutto gli utenti di internet di 30-44 anni (il 61,4%) e i giovanissimi under 30 (il 57,9%). Anche affidarsi ai motori di ricerca per trovare informazioni e dettagli su aziende, prodotti e servizi si conferma una pratica comune alla metà degli utenti del web (il 50,4%).
DW7YJ2 Young man sitting on a sofa and watching football or soccer on tvLa trasmissione della cultura nell’era digitale
In Italia, poi, abbiamo un tasso di laureati fermo al 13,1% della popolazione di età superiore ai 15 anni, ma è crescente nel tempo. Ciò nonostante, il numero di lettori è stabilmente basso: nel 2015, solo il 42% della popolazione di 6 anni e oltre ha letto almeno un libro nel corso dell’anno, secondo l’Istat. E non può essere di conforto il fatto che la quota di “lettori forti” (che hanno letto più di 12 libri l’anno) è pari al 13,7% ed è aumentata di 2,4 punti negli ultimi vent’anni, tanto da poter parlare di una deriva elitaria nella lettura dei libri. Negli ultimi dieci anni tra i lettori si è allargata la forbice generazionale: mentre le persone più avanti con gli anni leggono di più, in particolare gli ultrasessantenni (+7,2% tra i 60-64enni nel periodo 2005-2015 e +8,7% tra i 65-74enni), tra i giovani la dinamica è di segno opposto (-3,6% tra i 25-34enni e -4% tra i 35-44enni). Secondo una ricerca su un campione di italiani laureati e digitalizzati realizzata dal Censis in collaborazione con l’Enciclopedia Treccani, oggi la figura più rappresentativa della cultura è lo scienziato (viene indicato al primo posto dal 22,2%), segno che il sapere scientifico ha assunto nel tempo una maggiore considerazione rispetto alle discipline umanistiche. Segue subito dopo l’intellettuale (19,3%), poi il filosofo (15,7%) e la figura emblematica della trasmissione della conoscenza, cioè il maestro, l’insegnante (14,9%). Le figure umanistiche, come lo scrittore (10,9%), il poeta (2,8%) o l’editore (2,8%), vengono successivamente. Tra i simboli contemporanei della cultura, internet (indicata dal 27,6%) e la biblioteca (26,1%) si collocano in cima praticamente a pari merito. Il liceo e l’università sono considerati oggi i luoghi simbolo del sapere (25,8%). Il favore accordato a Wikipedia è tiepido (appena il 4,7%) anche nelle fasce d’età più giovani. E il computer viene considerato uno strumento incapace di per sé di veicolare contenuti culturali (soltanto il 3,2% lo pone al vertice della classifica dei luoghi del sapere).
Il trade-off necessario tra privacy e sicurezza
Per il 72,7% degli italiani la privacy di chiunque può essere violata dalle autorità se c’è in gioco l’interesse nazionale. Il 63,9% ammette che preferisce essere controllato pur di sentirsi al sicuro. Gli utenti di internet si dicono disposti a subire limitazioni della propria privacy online se questo servisse per contrastare la pedopornografia (lo dichiara il 49,3%), prevenire attentati terroristici (45,4%), combattere la criminalità (42,7%), mettere in sicurezza la rete dagli attacchi degli hacker (34,7%), aiutare le indagini dei magistrati (28,1%) e solo il 27,2% non è disposto in nessun caso.