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I quattro pilastri delle impression verificate

Autore: Redazione


Articolo a cura di Fabrizio Angelini, ceo di comScore/Italia

Fabrizio-Angelini Fabrizio Angelini Le campagne creative ben pianificate hanno un impatto maggiore se erogate alle persone giuste e a fronte di condizioni adeguate. In comScore scomponiamo tale principio in quattro aree che, insieme, costituiscono ciò che chiamiamo “impression verificate”. Più semplicemente, il tutto si risolve nella domanda che spesso tormenta gli inserzionisti: la mia campagna avrebbe potuto essere visualizzata dalla mia audience di utenti reali in ambienti adatti a immagine e reputazione del marchio? I quattro pilastri sono: rilevamento del traffico non valido (Invalid Traffic, IVT); viewability; audience reach e brand safety. Sebbene tali tematiche siano tutte piuttosto estese quando esaminate singolarmente, acquisirne un controllo completo porta a un risultato maggiore della somma dei singoli componenti. Riteniamo che questi fattori restino fondamentali, a prescindere dalla modalità di acquisto della pubblicità; è pertanto compito degli inserzionisti dedicare il tempo necessario a capire come controllarli in un ambiente programmatico. Rilevamento del traffico non valido: “La mia campagna viene visualizzata da un utente in carne e ossa?” Il traffico non valido è la principale problematica che causa lo spreco di investimenti alla fonte (pubblicità erogate a utenti non umani), falsando ogni tentativo di ottimizzazione e misurazione delle performance. IAB stima che circa il 36% del traffico rientri in tale definizione. Anche se è vero che non tutto il traffico non valido persegue finalità fraudolente, l’ampiezza e il tasso di crescita del fenomeno sono imputabili anche a una gamma diversificata di bot, click farm, hijacker, content scraper, riciclaggio di domini e altro ancora. Sebbene i mezzi siano svariati e in continua evoluzione, l’obiettivo è sempre quello di appropriarsi delle revenue pubblicitarie passando del tutto inosservati. L’utilizzo fraudolento di macchine mediante tecniche di hijacking è particolarmente preoccupante per i proprietari dei dispositivi, poiché il tutto avviene senza che questi ne siano a conoscenza. Ma pone anche gli inserzionisti di fronte a un problema serio, in quanto questi bot sono estremamente difficili da identificare. Le forme di frode più sofisticate possono essere rilevate e rimosse soltanto con l’ausilio di strumenti ugualmente avanzati e specializzati, uniti a una comprensione approfondita del comportamento degli utenti reali. Viewability: “Le campagne possono essere realmente visualizzate?” La logica vuole che le campagne che hanno la possibilità di essere visualizzate avranno una maggiore probabilità di generare un’influenza sui consumatori. Negli Stati Uniti, MRC definisce una display ad “viewable” nel momento in cui il 50% dei pixel di cui è composta viene visualizzata dall’utente per oltre 1 secondo. In questo caso, la vera sfida consiste nel destreggiarsi tra le discrepanze introdotte dai vari strumenti di misurazione. Ad esempio, siamo certi che il traffico non umano venga rimosso prima del calcolo della viewability? Lo strumento misura tutte le finestre aperte del browser o soltanto quella superiore? È in grado di individuare le ad servite al di fuori della finestra visualizzabile o le ads multiple aperte una sull’altra? Prendiamo l’esempio del traffico non valido. Se questo non fosse rimosso prima del calcolo della viewability, i dati ottenuti risulterebbero falsati poiché includerebbero anche le ad “visualizzate” dai bot. Un tale comportamento ridurrebbe anche il ROI, dal momento che una quantità maggiore di impression sarebbe annoverata nel calcolo del risultato complessivo, svalutando le performance delle ad legittime. Inoltre, sarà impossibile confrontare in modo affidabile questi dati con risultati da cui il traffico non valido sia stato effettivamente rimosso. L’importanza di comprendere cosa sia effettivamente oggetto delle attività di misurazione appare dunque evidente, così come è chiara l’esigenza di potersi basare su dati di viewability estremamente accurati che presuppongano la rimozione del traffico non valido. Audience reach: “La mia campagna ha raggiunto la audience desiderata?” Il targeting è una delle più grandi aspettative nei confronti del Programmatic. Per ragioni simili ai problemi legati alla viewability, è importante rimuovere il traffico non valido prima di giungere a conclusioni sull’efficacia di una campagna, specie per quelle frodi basate su profili di utenti umani realistici con zero probabilità di tradursi in clienti effettivi. La valutazione del targeting dovrebbe quindi prevedere anche una fonte secondaria che non sfrutti i medesimi cookie o i dati utilizzati per l’esecuzione. In questo caso, il bicchiere può però dirsi mezzo pieno: fermo restando la necessità di evitare il traffico non umano, le impression erogate al di fuori del target di riferimento possono pur sempre rivelarsi efficaci. Brand Safety: “La mia ad è stata inserita in contesti adeguati?” Gli ambienti cosiddetti “sicuri” variano in funzione del marchio. Il range di contenuti sotto accusa include i soliti sospetti (quali pornografia, violenza e odio razziale) accanto a questioni un po’ meno ovvie, come la pubblicità di una nave da crociera pubblicata accanto a notizie di cronaca su incidenti in mare aperto. Oltre a contribuire a evitare errori legittimi, la gestione di problematiche come hijacking di domini o URL masking (ovvero i casi in cui, a dispetto dell’evidenza, le ad finiscono in ambienti non consoni) richiede competenze sofisticate di rilevamento frodi, specie nelle piattaforme programmatiche, in cui il trading delle inventory avviene rapidamente.  “Come agire?” Affrontare tutte queste problematiche singolarmente è un passo nella giusta direzione. Il vero vantaggio, però, si ottiene combinando i “pilastri” appena illustrati in un’unica fonte per erogare delle “impression verificate”; ovvero una misurazione non duplicata e validata delle sole impression che abbiano avuto una reale opportunità di influenzare le audience. Queste tecniche potranno essere applicate alle strategie di bidding e all’attività di ottimizzazione finalizzate ad accrescere il valore della pubblicità digitale, nonché a proteggere i propri investimenti di marketing da azioni fraudolente. Tale processo non vuole essere un’incombenza, quanto piuttosto un’azione positiva in grado di identificare le impression realmente efficaci. Ed è probabile che funzionino di gran lunga meglio di quanto si creda.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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