Attilio Redivo, managing partner di Outcome, interviene nel dibattito che si è aperto nell’ambito del convegno di AssoCom di venerdì scorso sul ruolo dei consulenti in area planning
Da Attilio Redivo, managing partner di Outcome, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Ho letto sul numero di ieri di Daily Media l’intervista di Arcangelo Di Nieri, ceo di Ebiquity Italia, nell’ambito degli articoli dedicati al convegno di AssoCom tenutosi venerdì scorso, cui ho avuto anch’io il piacere di partecipare. Mi preme innanzitutto ringraziare l’associazione in tutte le sue componenti per aver organizzato l’evento e aver sollevato la questione della professionalità nell’ambito del media audit e della consulenza media, come mai fatto finora. In 30 anni di carriera nei centri media non era mai successo che il tema fosse affrontato in modo così approfondito e - aggiungo - equilibrato, segnalando a più riprese anche le problematiche che fino a oggi ne hanno impedito l’espressione così chiara anche da parte dei centri media. Aldo Agostinelli, v.p. di IAB Italia, Massimo Martellini, presidente di FCP, e Matteo Cardani, presidente di FCP AssoTV, ne hanno spiegato molto bene le ragioni. Ci tengo inoltre a dare il punto di vista di chi (in agenzia media) ha subito media audit svolti in modo non professionale da persone spesso ignoranti, nel senso latino del termine, che si facevano forza esclusivamente del loro ruolo di arbitri e, solo come tali, percepiti come super partes. Ho deciso di intraprendere questa strada anche con l’ambizione di dare un contributo per migliorare la comprensione della materia da parte delle aziende e, reciprocamente, l’interpretazione dei bisogni delle aziende da parte delle agenzie, con l’obiettivo ultimo di migliorare le relazioni fra le parti e rendere la collaborazione il più produttiva possibile.
Scendendo un momento sul tecnico e i contenuti condivisi:
1) ho apprezzato l’evidenza EACA che i pool, in quanto campioni non rappresentativi, sono spesso visioni distorte del mercato, foriere di misunderstanding ed errori strategici;
2) ho apprezzato anche la richiesta di separazione netta del ruolo fra agenzia e media advisor per evitare ovvii conflitti d’interesse; a questo proposito credo sia importante precisare meglio i termini. Quando si fa genericamente riferimento alla consulenza, si rischiano fraintendimenti. Io credo fermamente che la consulenza media indipendente (intesa come pensiero offerto ad aziende da professionisti capaci) sia indispensabile per la crescita del mercato, sempre che la consulenza non confluisca poi nel ruolo operativo di agenzia media, che configurerebbe il conflitto d’interesse sopra menzionato;
3) sempre con riferimento a questo aspetto, ho seguito con ammirazione l’avvocato Stefano Morri, dello Studio Morri Rossetti, fino a un certo punto, quando ha abbandonato i precisi riferimenti legali per dare la sua opinione su attività di mercato e ruoli che - lo dico con estrema simpatia - conosce in modo molto parziale. Trovo che abbia espresso alcune - a mio parere - inesattezze. In particolare, mi è sembrata potenzialmente pericolosa l’idea che ogni operatore del settore debba dimenticare, come un pesce rosso, tutto quello che impara dopo che è finito quello specifico incarico. A meno che si sia espresso male, Morri non parlava dei dati, sui quali deve invece vigere il più assoluto riserbo. A rigor di logica, anche le agenzie media usano le conoscenze maturate su un cliente per altri clienti, nel rispetto della riservatezza, ma pur sempre “riciclando”. Non parliamo poi delle società di consulenza manageriale, che si fanno un vanto dei loro clienti di settore, che non sono conflitto, ma expertise. Credo che il valore dell’esperienza - e qui mi sento chiamato in causa - non debba essere sottovalutato o minimizzato. Se no, questo settore non ha più ragion d’essere. Non vedo l’ora di riaprire il confronto a settembre. Intanto buone vacanze a tutti.