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Mobile World Congress Day 3: focus su Google, digital audio e Sorrell

Autore: Redazione


Diversi i temi trattati nel corso della terza giornata di lavori in Spagna. Riflettori puntati sull'intervento del numero uno di WPP

La penetrazione del mobile spinge i video: per YouTube traguardo di 1 miliardo di hour views al giorno

Record anche per l’utenza: 1 miliardo di user mensili. Al Mobile World Congress, David Black, managing director of branding di Google Uk e Youtube, racconta a DailyNet alcuni insight per interpretare correttamente i dati

Dall’inviato a Barcellona - Francesco Lattanzio

«Nel 2016, il mondo ospita 7,5 miliardi di individui, 3,4 dei quali connessi alla rete. Entro 5 anni, la popolazione globale toccherà gli 8 miliardi, e ognuno di loro avrà accesso alla rete». La previsione di David Black, managing director of branding di Google UK e Youtube, sul palco del Mobile World Congress prende le mosse da un trend preciso: nel 2012 solo 1 persona su 3 aveva uno smartphone, nel 2016 sono 7 su 10 a possederlo.

«Il mobile è diventato il centro delle nostre vite mediatiche. È il mezzo attraverso cui i consumatori cercano prodotti, informazioni, servizi, si collegano coi brand. Una delle aspettative più grandi che hanno è la velocità, vogliono arrivare a quello che cercano al momento in cui toccano lo schermo. Cosa vuol dire questo per i brand? Abbiamo osservato che il tempo ritenuto accettabile dai consumer sta nell’arco compreso tra zero e due secondi. Molti dei marchi che fanno ecommerce, però, hanno siti che caricano in più di 4 secondi», commenta lo stesso Black a DailyNet.

Stando allo studio “Google Consumer Barometer”, condotto in collaborazione con Kantar TNS, questi device hanno avuto una forte influenza sulle abitudini della gente, tanto che ormai computer e tablet sono diventati strumenti secondari, o paritari, per l’accesso alla rete. Il 32% del campione, composto da 620.000 individui sparsi per il mondo, dichiara di “accedere in rete più spesso da uno smartphone che da un pc o da un tablet”, mentre il 33% lo fa “con la stessa frequenza”. Nonostante questo, il pc non è stato abbandonato. Acquisisce importanza (nella frequenza d’accesso) con l’aumentare dell’età. La rappresentazione su mappa delle aree in cui c’è una prevalenza di navigatori frequenti da smartphone indica forti concentrazioni nei Paesi in via di sviluppo. In Sud Corea solo il 7% della popolazione dichiara di accedere alla rete più spesso da pc, percentuale che in Sudafrica raggiunge il 17. In Europa, invece, il 44% utilizza principalmente il pc come strumento per collegarsi (in Italia il valore scende al 32%).

Ricerca di informazioni

Le attività svolte sui device mobili, che ormai sembrano non comprendere più i tablet, sono le più varie. Una di queste è la ricerca di informazioni (il 51% degli utenti internet usa i motori di ricerca settimanalmente), che sugli smartphone prende una piega particolare: «I consumatori si trovano sempre più spesso nella situazione in cui esprimono sul motore di ricerca alcune volontà: noi li chiamiamo i momenti  I-Want-To. Voglio comprare, voglio cercare. Fanno domande a Google, ma un numero sempre più alto le fa attraverso la ricerca vocale. Google Assistant aiuta i consumer a cercare esattamente quello che vogliono, e questo processo sul mobile è molto naturale», spiega Black.

Video

I filmati sono sicuramente uno dei trend trainanti, con il 41% degli utenti che dichiarano di vederne almeno uno a settimana dai dispositivi mobili. I mercati europei di collocano a circa a metà della forbice (37%), rappresentata dagli estremi Nigeria (7%) e Vietnam (77%). Su Youtube il consumo dei video segna un record: «Gli user passano più tempo sulla piattaforma sempre più coinvolti dai contenuti, tanto che ad oggi raggiunge 1 miliardo di utenti al mese, che consumano 1 miliardo di ore di contenuti al giorno. Se messi in sequenza sarebbero riprodotti per 100.000 anni. Un numero che si è decuplicato dal 2012. Ma cosa ha portato a questi risultati? Innanzitutto il numero dei contenuti a disposizione, e basti pensare che ogni minuto vengono caricati filmati per una lunghezza totale di 400 ore, poi la propensione a passare sempre più tempo sulla piattaforma, e per ultimo il machine learning, che propone video correlati capaci di attirare l’attenzione degli utenti con efficacia sempre maggiore», dice David Black.

Altre attività

La gestione delle email (il 43% utilizza la mail frequentemente) è diventata una delle attività più frequenti ed ha quasi raggiunto il pc (46%). Anche l’accesso ai social è molto diffuso, specialmente tra gli under 25 che si collegano almeno una volta a settimana ai propri account dallo smartphone.

La musica, menzione speciale

Tra i millennials, è il 63% a dichiarare come lo smartphone sia decisamente lo strumento principale con cui poter godere dell’ascolto della musica. L’Europa è il mercato trainante, dove si trovano le nazioni con la più alta percentuale di ascolto settimanale dal device tra gli under 25 (Norvegia 78%, Svezia 74%, Irlanda 74%, Danimarca 73%), ed è seguita dagli Stati Uniti (58%).

Advertising e user experience

«Sul mobile i consumatori vogliono avere il controllo. Vogliono poter scegliere se vedere o non vedere una determinata inserzione. Quindi abbiamo deciso di eliminare le video ads che escludono la possibilità di essere saltate, in modo da salvaguardare l’esperienza dell’utente e del brand. Dopo i primi sei secondi saranno gli spettatori a decidere se sono interessati o meno al prodotto o alla marca. I marchi ne gioveranno per il fatto che se gli user arrivano in fondo al video o se vi interagiscono, saranno consapevolmente coinvolti e quindi in qualche modo ben disposti verso il prodotto.  Abbiamo anche inserito gli ads da 6 secondi. Nel mondo mobile, dove tutto è immediato e gli utilizzatori stanno in contesti in cui non hanno tanto tempo a disposizione, dovevamo aiutare i brand nella creazione di un formato efficace e rapido, che ricalcasse le caratteristiche del device», conclude Black.

Il mobile web è spesso utilizzato in combinazione con la tv dal 58% degli utenti, ma ormai “è difficile dire qual è lo schermo principale, dal momento che è possibile trasferire i contenuti dallo smartphone allo schermo televisivo”, aggiunge Black. “Il digitale è l’unico media in crescita se si considerano i trend degli ultimi 6 anni, e mentre il suo utilizzo cresce dal 30 al 51%, quello della tv crolla dal 40 al 32% e quello della radio subisce una lieve flessione (da 15 a 14%). Una tendenza positiva che all’interno di Youtube è trainata fortemente dal mobile, con un watchtime sul device in costante aumento del 100% anno su anno. La relazione con la tv diventa un’influenza anche a livello di produzione contenuti.

Accuen e The Trade Desk: «All’interno del programmatic audio si sta vivendo una situazione simile a quella del display»

Gli advertiser hanno già bene chiara l’opportunità scoperchiata dal digital audio, tra podcast, streaming musicale e web radio. Questi contenuti coprono momenti della giornata per ora non sfruttati. “Non ci sono ancora inventory in open exchange e la creatività va affinata. Ma le potenzialità sono enormi”

In una giornata, una persona è sottoposta a circa un migliaio di pubblicità. «Di queste, 778 sono apparse desktop, 229 su mobile, 18 in televisione, 7 erano audio e 14 appiccicate sui cartelloni», rivela Sacha Berlik, managing director emea di The Trade Lab. «Ma di queste, quante ve ne ricordate?» Molto poche, risponde la platea di Barcellona. Bisogna raggiungere l’utente quando ha una particolare disposizione di animo, e questo avviene con grande efficacia attraverso e sue esperienze audio. Ads che possono essere comprate anche in programmatic.

«Ma che cos’è questo programmatic audio?», chiede Berlik alla sua compagna di stage: Agata Hirche, head of platforms and capabilities emea di Accuen. «Non si ferma solo alla musica, ma coinvolge anche la internet radio e i podcast. Attraverso questi canali, acquistando attraverso i bid del programmatic, è possibile raggiungere utenti dalla mentalità aperta e pronti a ricevere il messaggio, calati in un mood preciso e prevedibile a cui è possibile abbinare una creatività», spiega Hirche. «Negli Stati Uniti questo segmento sta vivendo una forte impennata. I brand hanno intravisto una forte possibilità di coinvolgimento degli utenti», fa eco Berlik. Per ora, però, «non ci sono inventory audio in open exchange, ma solo in private marketplace. Questa è l’unico impedimento, perchè bisogna negoziare necessariamente con il proprietario delle inventory», risponde Hirche.

Alcuni dati sulla usage disegnano anche una copertura interessante a livello di momenti della giornata. L’audio è ascoltato in contemporanea all’utilizzo di internet dal 16% degli utenti. Il 45% delle attività audio si svolge sul mobile, il 50% su desktop. I brand manager, sembrano consapevoli delle potenzialità delle ads “sonore”, tanto che il 97% di loro si dice conscio della capacità della musica di aumentare la percezione del brand.

«Si sta vivendo la stessa situazione dei primi giorni del programmatic display. Un buon numero di advertiser hanno iniziato ad adottare questa soluzione, anche attraverso inventory premium, e altri sono pronti a seguirli - continua Hirche -. I dati a disposizione sono unici e molto potenti, ed è possibile raggiungere gli utenti anche in situazioni in cui uno schermo non riesce”, o in altre parole, si dispone di informazioni sull’umore o sull’attività svolta ed è possibile occupare spazi temporali come i viaggi in macchina (grazie alle macchine connesse) o percorsi a piedi, momenti di attività fisica, o semplicemente mentre si prepara la cena. Questo avviene con la musica, ma anche con i podcast, che sono un forte veicolo di storytelling, e dal momento che l’utente sceglie di sentirli (e quale sentire) raccolgono anche un alto livello di attenzione. Il loro probabile sviluppo «consiste in sezioni tematiche come Sport, Entertainment e così via», dice Berlik.

«Inoltre è molto difficile l’ad fraud e la reach è molto alta. Si sta lavorando per affinare le creatività, ma l’A/B testing aiutera a sveltire il processo», conclude Hirche.

Sir Martin Sorrell: «Trump è partito bene, non solo l’America ne trarrà beneficio. E sul mercato ribadisce: «Il digitale ha bisogno di maggiore equilibrio»

Intervenuto ieri al MWC,nel corso di un’intervista pubblica con CNbc ha ricordato che il mercato è troppo sbilanciato in favore di Google e Facebook. Anche se quest’anno gli investimenti di Wpp, la holding di cui è chairman e ceo, sui due colossi statunitensi aumenteranno ancora, arrivando, rispettivamente, alla quota di 6 e di 2,5 miliardi di dollari

Ha parlato anche di Donald Trump, del suo primo mese di presidenza, ricordando alla platea che le politiche economiche della Casa Bianca, per ora in fase di annuncio, potrebbero procurare benefici non solo al mercato interno degli Stati Uniti, ma anche al resto del mondo. Insomma, un giudizio positivo quello del numero uno della holding pubblicitaria Wpp nei confronti del nuovo Presidente Usa, offerto ieri ai tanti che lo stavano ascoltando nel corso dell’intervista pubblica condotta da Karen Tso, giornalista di CNbc, ospitata dalla Hall M8 di Fira Montjuic, all’interno della sezione Banco Sabadell Stage dell’edizione 2017 del Mobile World Congress di Barcellona. «Se il più grande motore economico cresce più velocemente, si tratta certamente di una buona cosa per l’America, perché il programma “America First” vuole garantire benefici, appunto, all’America. Ma non si tratta necessariamente di una brutta notizia per le altre nazioni». Il prodotto interno lordo americano vale qualcosa come 18 mila miliardi di dollari sui 72 mila miliardi riferiti all’economia globale, e una sua crescita, nella valutazione di Sorrell, produce uno schock benefico anche nel resto del mondo.

Sarà un successo?

Allora, il giudizio del ceo di Wpp sull’esordio di Trump è senz’altro positivo: «Penso che nel breve-medio periodo avrà successo. Ciò che appare del tutto chiaro è che dove l’amministrazione Obama era stata diffidente o quanto meno dimessa nel proprio atteggiamento, i nuovi vertici appaiono particolarmente schierati, fortemente coinvolti, con la perentoria indicazione di misure del tutto favorevoli allo sviluppo del business e inclini a produrre più crescita in tempi anche rapidi. È un approccio diverso, lo si è visto in queste prime settimane anche negli incontri che Trump ha avuto con esponenti dell’industria manifatturiera, del farmaceutico, del retail. Trump - ha continuato Sorrell - sembra avere la ferma intenzione di implementare nuove politiche sulla tassazione, sulle spese pubbliche, sui meccanismi di regolazione. Le dovrà portare al Congresso, certo, dovrà definirne meglio i contorni e gli elementi di raccordo con il resto dell’impianto economico complessivo, ma resta il fatto che l’atmosfera che si respira è parecchio diversa dal recente passato e il clima è cambiato rispetto a quanto eravamo abituati a percepire nel corso degli ultimi otto anni a guida Obama». E ha concluso: «Penso che in termini economici e in chiave di business nel breve e medio periodo l’America sarà più forte».

Serve più equilibrio

Poi, Sorrell è entrato più nel dettaglio rispondendo a quesiti inerenti l’andamento della communication industry. I dati ufficiali sul 2016 di Wpp saranno pubblicati domani, ma Sorrell ha fornito alcune anticipazioni, sottolineando che ben il 40% delle revenues di Wpp sono derivate, nello scorso anno, dal settore digitali. Però, ha ricordato il chairman della holding, i confini tra analogico e digitale, anche sul fronte dell’advertising, si stanno sempre più riducendo, tanto che anche per una delle company più grandi e strutturate come Wpp appare sempre più difficile stabilire con precisione cosa sia da considerare digitale e cosa non lo sia «Si può già affermare - ha ribadito il manager - che a un certo punto tutto sarà digitale». Sorrell ha toccato anche altre questioni, già in passato prese in considerazione nel corso di alcune sue esternazioni pubbliche, come al Festival di Cannes dell’anno scorso o all’ultima edizione dell’Advertising Week di Londra.

Le quote dei colossi

Per esempio, ha spiegato che rispetto ai 75 miliardi di dollari di billing che fanno capo a Wpp, una fetta sempre più considerevole è ascrivibile a investimenti su Google e Facebook. A questo proposito, ha detto: «Ciò di cui il mercato digitale ha oggi bisogno, e anche ciò che serve a un’organizzazione come la nostra e, in particolare, ai nostri clienti è un maggiore equilibrio. Google e Facebook attualmente, valgono, infatti, il 75% dell’intero mercato». Sorrell ha una speranza, esternata anche ieri pomeriggio a Barcellona: che Snapchat possa rappresentare una terza forza nel mercato, anche se i suoi vertici dovranno produrre miglioramenti per emergere ancora con maggiore efficacia in ambito di comunicazione digitale. Altri numeri elencati da Sorrell: nel 2016 Wpp ha investito con Google oltre 5 miliardi di dollari, ben un miliardo in più rispetto a quanto aveva stanziato l’anno prima. La seconda opzione più utilizzata da Wpp per le attività di pianificazione sarebbe, invece, la galassia di media appartenenti alla famiglia Murdoch, che avrebbe drenato circa 2,25 miliardi di dollari ma con una certa staticità rispetto al 2015, quindi senza sensibili variazioni percentuali. Poi c’è Facebook, che per Wpp vale non meno di 1,7 miliardi di dollari nel 2016, molto di più della quota di un miliardo registrata nel 2015. E Snapchat: solo 90 milioni lo scorso anno, nonostante l’auspicio di Sorrell sul maggiore coinvolgimento di questo social network in funzione media. Sir Martin Sorrell ha voluto terminare l’intervista regalando una sintetica previsione: quest’anno Wpp ha intenzione di investire su Facebook almeno 2,5 miliardi di dollari, mentre la spesa su Google arriverà a sfondare i 6 miliardi di dollari. Tanta roba.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 17/04/2024


VEKA Italia affida il rebranding a Gruppo Icat: dalla strategia alle declinazioni above e below the line

Semplicità e memorabilità: queste le due parole chiave attorno alle quali Gruppo Icat ha pensato bene di costruire il percorso di rebranding per VEKA Italia, leader del mercato mondiale nel settore della produzione di profili per serramenti in PVC, un gruppo che a livello internazionale opera attraverso le sue 46 sedi distribuite in ben quattro continenti. Quello dei serramenti rappresenta, infatti, un mercato particolarmente complesso e ricco di competitor, contesto all’interno del quale fare la differenza con una comunicazione in grado di arrivare al pubblico in maniera chiara e diretta rappresenta una tappa fondamentale. Il DNA razionale di VEKA, il suo know-how, la sua affidabilità costituiscono d’altro canto il potenziale attraverso cui l’azienda può fornire - ed essere essa stessa - la risposta perfetta ai bisogni del consumatore italiano, in un background valoriale che le permette di essere riconosciuta in tutto il mondo per la sua qualità, sicurezza e fiducia. Un potenziale scandito dalla stretta collaborazione con Icat, a cui già da tempo è stata affidata la comunicazione del marchio, in maniera sempre più ampia, coordinata e completa. La comunicazione A partire dal 2021, Gruppo Icat ha ideato per questo cliente campagne di comunicazione integrate - che si sono aggiudicate premi di settore tra cui due importanti riconoscimenti Mediastars - basate sul concept “La Migliore Vista sull’Italia”, elevando la comunicazione di marca e ponendo l’accento sugli aspetti emotivi e tecnici dei serramenti del network di esperti artigiani italiani che utilizzano i profili firmati VEKA, un brand che è la sintesi della tecnologia tedesca e dell’artigianalità Made in Italy. All‘interno del piano di comunicazione l’idea è stata poi declinata nella campagna multisoggetto OOH e DOOH, in cui gli infissi si presentano come la cornice perfetta e inaspettata per mostrare le viste più iconiche del nostro Paese. Attraverso questa strategia comunicativa, VEKA ha iniziato a rivolgersi in maniera diretta e trasparente al consumatore finale, per mostrare senza mezzi termini la qualità e la longevità dei propri prodotti; oggi la multinazionale è pronta per compiere un ulteriore e importante passo, rendendo ogni Premium Partner, oltre che un garante della costante qualità con cui VEKA si mostra alle persone, un vero brand ambassador dal punto di vista valoriale e professionale. Si tratta infatti di un marchio di fabbrica che, sin dalle sue origini, ha saputo collocare e diffondere nel mondo del design la propria value proposition, imperniata prima di tutto su Made in Italy, artigianalità e tailor made, gli stessi valori condivisi da tutti i partner VEKA. I commenti “Essere scelti e riconfermati dai clienti per guidare la loro comunicazione a 360° è per noi sempre un onore, ancor prima che un onere - spiega Claudio Capovilla, Presidente Gruppo Icat -, soprattutto nelle fasi salienti dell’evoluzione di un marchio che sono le più delicate e importanti sotto molteplici punti di vista. Per questo abbiamo pensato di partire dall’essenza di questo brand, indiscusso protagonista nel mondo dei serramenti, e del suo bagaglio valoriale, per sfrondare l’approccio comunicativo rendendolo essenziale e diretto. Siamo partiti da qui per elaborare il nuovo logo, rinnovare l’imprinting grafico e conferire freschezza agli stilemi narrativi, che andremo poi ad adattare a tutti gli strumenti di comunicazione online e offline”. Graziano Meneghetti, Direttore Commerciale VEKA Italia, aggiunge: “Il momento di svolta che stiamo vivendo all’interno del mondo VEKA testimonia il fervore che ha sempre caratterizzato il brand sin dalle sue origini e che fa parte del nostro DNA, perché la nostra è un’azienda in continua evoluzione, capace non soltanto di plasmarsi in base alle mutevoli esigenze del mercato ma anche di diventare un vero e proprio leader del cambiamento. Una capacità di innovazione che trova espressione in una fitta rete di partner altamente professionali con cui condividere i valori che ci identificano. Un network d’eccellenza che, da oggi, diventa ‘Veka Premium Partner’ su tutto il territorio nazionale. Stiamo progettando un futuro ricco di novità, di cui questa rappresenta soltanto l’inizio”.  

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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