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UPA presenta il Libro Bianco sul programmatic, all’insegna della trasparenza dell’advertising digitale

Autore: S Antonini


L’opera fa chiarezza sulla filiera della comunicazione online; faro puntato sugli OTT, Sassoli de Bianchi: «Accordo di massima su molti punti ma non sulla dichiarazione dei fatturati pubblicitari»

UPA auspica di trovare prima o poi un accordo sul tema della trasparenza sugli investimenti pubblicitari con gli over the top digitali, Google e Facebook. Lo ha detto ieri il presidente dell’associazione degli utenti della pubblicità Lorenzo Sassoli de Bianchi, presentando a Milano il primo Libro Bianco sulla comunicazione digitale prodotto in collaborazione con tutte le associazioni di categoria del settore. Il Libro Bianco si occupa soprattutto di programmatic, delineando tutte le criticità di questo sistema di vendita di pubblicità e cercando di dare alcune linee guida per la creazione di buone pratiche nel suo utilizzo. Su molti punti c’è già un accordo di massima con i responsabili italiani delle due piattaforme, cui Sassoli de Bianchi ha già illustrato i contenuti del Libro, ma resta il nodo delle informazioni su quanto raccolgono in termini di adv, informazioni che attualmente non vengono rilasciate. «Conto però sul fatto che a breve la questione si risolverà - dice Sassoli -, è di loro interesse perché gioverebbe molto al rapporto con gli investitori pubblicitari. Ma bisogna tenere conto che noi siamo associazioni, mentre loro sono aziende». Sempre ieri, l’Antitrust europeo ha inflitto a Google una multa di 2,42 miliardi di euro per abuso di posizione dominante da parte del suo servizio di comparazione degli acquisti. «Il tema non ci riguarda nello specifico, non stiamo parlando di disparità fiscale (che, insieme alla remunerazione dei contenuti di terzi, è il tema più gettonato al momento, ndr) ma mi sembra un bel segnale il fatto che la UE si stia muovendo in modo unitario e non lasci la questione ai singoli Stati». In ogni caso Google e Facebook sono i “convitati di pietra” a questo tavolo che tenta di mettere un po’ di ordine nel far west della pubblicità digitale. «Grazie al Libro Bianco oggi sappiamo tutto sulla filiera del digital advertising - sottolinea il presidente UPA - e sui flussi finanziari che la alimentano». “Trasparenza” è la parola chiave: «Il nostro obiettivo era illuminare un territorio opaco. Questo Libro è un atto di responsabilità e un gesto concreto che fornisce una mappa in costante aggiornamento destinata alla industry, anche se rimangono ancora delle questioni irrisolte come quella della viewability sulla quale bisogna trovare accordi vantaggiosi ».
I contenuti del Libro Bianco
Alla redazione del Libro Bianco oltre a UPA, hanno partecipato alla stesura AssoCom, FCP, FIEG, IAB, Fedoweb, Netcomm, Unicom. Il lavoro, durato dieci mesi, parte da alcuni temi già enucleati in passato come la viewability che è il primo argomento trattato. Le criticità riguardano gli standard (secondaggio e pixel percentuali) e i criteri di certificazioni, le regole di ingaggio e soprattutto la misurazione per la quale si auspica la costituzione di un certificatore indipendente italiano o europeo. Centrale è la trasparenza della filiera, dei flussi finanziari, dei modelli di acquisto bundled e unbundled, dei rapporti tra editori e concessionarie, della reportistica. Altri temi affrontati sono quelli dell’ad fraud e della brand safety, ossia del controllo del sito di destinazione della campagna in termini di legalità e di coerenza con i valori del brand. Un altro tema centrale è quello dell’ad blocking: una ricerca prodotta da alcune delle associazioni che aderiscono al Libro evidenzia in Italia una penetrazione relativamente contenuta, pari al 13% degli utenti complessivi, al 15% delle pagine su pc e all’8% dell’utenza mobile.
La trasparenza degli investimenti
Oggi solo le concessionarie che aderiscono a FCP-Assointernet dichiarano i propri fatturati. Dei ricavi pubblicitari degli over the top non è dato sapere. Nielsen stima che il mercato digitale valga 2,28 miliardi di euro, l’Osservatorio Internet Media di Politecnico di Milano e IAB Italia ipotizzano 2,36 miliardi di euro. Il Libro Bianco sottolinea che la trasparenza non può prescindere dalle dichiarazioni di fatturato da parte di editori, concessionarie, piattaforme e OTT. Il web rappresenta il 28% degli investimenti totali in pubblicità, ricorda il presidente di FCP Massimo Martellini, in crescita dell’8% in un mercato che otto anni fa valeva 10 miliardi di euro e oggi ne vale 6,5. Nello stesso periodo la stampa ha perso il 60% dei fatturati adv, e anche quest’anno si avvia verso un calo a doppia cifra. «Il 25% degli investimenti pubblicitari digitali vanno agli over the top» ricorda il presidente Fieg Maurizio Costa, «che godono di un vantaggio improprio quando guadagnano sui contenuti prodotti da altri, e quando si avvalgono di un bacino di conoscenze e dati raccolti grazie alla navigazione sui siti degli editori. Questi aspetti, insieme alla disparità fiscale di cui beneficiano nel nostro, devono essere risolti a breve, abbiamo 6-9 mesi di tempo per aprire un dialogo con gli OTT che gli accordi tra Fieg e Google dimostrano essere possibile».
La qualità deve essere remunerata
Per Costa la qualità è l’elemento che fa la differenza in un contesto come quello digitale troppo spesso teatro di fake news e comunicazione ingannevole. «Nel mondo dominato dall’algoritmo si creano enormi discontinuità, la cui risposta è la qualità. E’ una sfida che l’editore deve affrontare continuamente». Ma il mercato non è disposto a remunerarla. «Gli investitori non riconoscono il valore della qualità. Ne parliamo da tanto ma non è successo niente» dice Giancarlo Vergori, presidente di Fedoweb che ricorda l’appello di Carlo De Benedetti, a indire gli Stati Generali dell’editoria «per portare al tavolo gli OTT e condividere i costi». Il tema della qualità riguarda anche la necessità di individuare chiaramente il messaggio pubblicitario, anche sul web. «Nel mondo digitale l’adv deve essere esplicitato anche quando indossato da qualche famoso blogger - dice Sassoli de Bianchi -, è una questione di responsabilità e credibilità degli investitori».
IAB: investire sullo sviluppo di tecnologia
Per ogni euro investito in adv online si crea un indotto di 25. Il digitale è un settore in continua crescita, sul quale lo Stato dovrebbe investire per lo sviluppo di un ecosistema tecnologico e normativo adeguato e in grado di competere con i mercati esteri attraverso sgravi fiscali e incentivi. «La guerra agli OTT, l’uso politico della Google Tax sono insensati. Si faccia loro pagare il giusto e si cerchi di creare valore per le aziende italiane» dice il presidente di IAB Italia, Carlo Noseda. Lo IAB ha anche recentemente attivato azioni di lobbying presso le istituzioni per includere le aziende digitali tra i destinatari del credito di imposta sugli investimenti incrementali che la legge appena varata riserva agli editori di carta stampata, e radio-tv locali. «Il Libro Bianco è un punto di partenza» per mettere ordine in un sistema in costante crescita, e sempre in evoluzione «come una start up».
La fiducia come volano dello sviluppo
La trasparenza genera fiducia, e valore economico. Lo sottolinea Emanuele Nenna, presidente di AssoCom: «Con il Libro Bianco abbiamo voluto restituire fiducia al rapporto tra operatori e investitori: su questo punto noi associazioni dobbiamo lavorare alacremente». Lo stesso tema è fondamentale per l’e-commerce, che insiste su coerenza e trasparenza della comunicazione «altrimenti abbiamo un crollo di fiducia e delle vendite» dice il presidente di Netcomm, Roberto Liscia. In Italia nel 2017 l’e-commerce vale circa 23 miliardi; gli italiani che vi fanno ricorso sono 21 milioni, «di cui il 28% usa l’ad blocking. Ecco perché la trasparenza è fondamentale». Il 35% delle vendite online transitano dal mobile così come il 70% del traffico web: «Un tema a cui prestare molta attenzione» sottolinea Giorgio Galantis, presidente di FCP-Assointernet, nel ricordare che quello della trasparenza sembra essere un tema relativamente nuovo: «Siamo partiti da una situazione polarizzata tra investitori, da un lato, le concessionarie, dall’altro, e le società di misurazione nel mezzo» che spesso non riescono a garantire omogeneità di risultati. Alessandro Ubertis, presidente di Unicom, ha affrontato il tema dal punto di vista della creatività: «Bisogna parlare di branding, e di rappresentazione della realtà delle aziende. La creatività ha bisogno di regole per farlo».

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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