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Header bidding, native, banner blindness: ecco in che modo alcuni tecnicismi possono svoltare il business secondo Quantum Native Solutions

Autore: Redazione


Alessandro Ceratti, head of Quantum Native Solutions, apre una riflessione su come sta cambiando il mercato del digital adv. E il native advertising è la strada da seguire

L’industria dell’ad tech sta affrontando una  riorganizzazione in seguito alla comparsa del native advertising: il suo modello si basa sul fornire risposte alle sfide che sta incontrando il mondo del digital marketing.  Per Alessandro Ceratti, head of Quantum Native Solutions, il native advertising è pronto a rivoluzionare l’intero mercato della pubblicità online, accelerando la convergenza tra i flussi e tra i posizionamenti.
Articolo a cura di Alessandro Ceratti, head of Quantum Native Solutions
Sono finiti i tempi in cui i banner display erano in competizione con i banner, il video advertising con il video. Adesso si sta realizzando una tripla convergenza tra i player dell’industria ad tech: in primo luogo, il native consente di raggiungere gli obiettivi che in precedenza richiedevano la combinazione  di diversi formati; in secondo luogo, gli editori ora sono in grado di rendere disponibile uno stesso spazio a tutti i formati: video, banner o testo, creando una concorrenza finora sconosciuta; infine, i diversi player del settore del native stanno convergendo per proporre offerte sempre più integrate.
Nuovo luogo di espressione per i brand
Perché un tale cambiamento? Ad oggi i media hanno completamente sposato l’emergere del native advertising, un nuovo El Dorado per gli editori in cerca di revenue supplementari, ma anche un nuovo spazio di espressione per i brand. Una delle motivazioni dell’evoluzione in atto è il fatto che il native è in grado di superare le diverse limitazioni - a volte proibitive - che si riscontrano nel settore del digital adv. Per esempio, questo formato, viene mostrato perfettamente integrato con altri contenuti (“in-feed”) mentre i banner sono resi invisibili dal famoso fenomeno del “banner blindness”. Si tratta di un format più efficiente rispetto ai banner, che è anche in grado di essere multi-device: un vero plus in un ecosistema in cui il traffico mobile ha superato quello da desktop (negli Stati Uniti già dal 2014).
Evitare le pubblicità invasive
Il native adv è un formato pubblicitario non intrusivo all’interno di un mercato che potrebbe autodistruggersi a causa dell’abuso della pubblicità fastidiosa che spinge ogni giorno sempre più utenti ad installare sistemi di adblocking. Il pubblico più giovane e i “geek” hanno già adottato alcune soluzioni per eliminare, probabilmente in modo irreversibile, la pubblicità che considerano invasiva: infatti, secondo i recenti dati di una ricerca condotta da Doxa in collaborazione con il Politecnico di Milano, il 21% degli utenti italiani ha già installato un sistema di blocco della pubblicità online e l’11% è interessato ad installarlo a breve. In particolare, per quanto riguarda il target dei Millennials, questo dato tende a crescere, suggerendo una minore predisposizione dei giovani a vedere i contenuti pubblicitari in rete. Non sorprende che l’intero ecosistema stia vivendo un importante cambiamento, basato su formati pubblicitari che non sono più semplici banner bensì combinazioni di immagini e testo. La natura stessa di questo formato integrato lo rende più efficace e, combinato all’utilizzo del programmatic, segna l’inizio di una profonda trasformazione nella comunicazione dei brand, mostrando sempre di più una “convergenza” dei flussi.
Molti più clic rispetto ai banner tradizionali
Per gli inserzionisti, il formato native è in grado di raggiungere tutti i loro obiettivi rispetto ad alcuni formati che precedentemente realizzavano un solo di questi. Il banner, fino ad allora considerato uno strumento potente, non risulta più efficace per l’immagine del brand, l’engagement degli utenti o la ricerca della performance. È stato dunque necessario integrare campagne display con campagne social o altri strumenti. La pubblicità native risponde perfettamente a un obiettivo di branding, essendo integrata nell’ecosistema degli editori, ma permette inoltre di diffondere anche dei contenuti video raggiungendo un effective cost per view paragonabile a quello di Facebook o Google. In termini di engagement, le percentuali di clic sono fino a 20 volte superiori rispetto ai banner tradizionali. Infine, la qualità dei contenuti consente degli effetti di memorizzazione e di esperienza che potenzialmente portano ad un ROI più elevato. Il native advertising è un formato universale che consente agli inserzionisti di raggiungere i propri KPI solitamente difficili da soddisfare con i banner e diventa così possibile rispondere a tutte le esigenze attraverso un unico investimento e un’unica inventory.
Un settore in corso di ristrutturazione
La convergenza riguarda anche editori e produttori di contenuti. Per loro, infatti, l’emergere delle SSP e di soluzioni come l’header bidding permette di accedere al Graal delle piattaforme di monetizzazione dell’inventory: in una logica native, gli stessi spazi possono essere offerti in diversi formati, con l’obiettivo di massimizzare l’inventory per gli editori. Esistono due tipologie di convergenza, una che potremmo definire orizzontale (scelta tra diversi formati per lo stesso spazio) e una più verticale. Può capitare infatti che alcuni spazi pubblicitari considerati “below the fold” vengano venduti in modalità automatizzata e ciò rappresenta un fattore di rischio per i brand perché questi formati tendono ad essere meno visibili e talvolta immersi in altri spazi. Al contrario, la qualità degli spazi e quindi essere in grado di offrire inventory premium, permette agli advertiser di registrare performance maggiori e un ROI più elevato. Se gli attori del mercato desiderano captare più campagne in programmatic, dovranno puntare a posizioni più alte e più visibili, diventare più trasparenti ed essere proposti insieme a tutti gli altri bidder. L’industria dell’ad tech sta subendo una riorganizzazione a seguito della comparsa del native, il cui modello si basa sulle risposte alle sfide cruciali che attendono il mondo del marketing digitale: adblock, banner blindness e bassa efficacia dei banner.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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