Il nuovo rapporto “Trends In Agency Compensation” condotto dall’ANA fa luce sulle relazioni tra spender e agenzie: in un contesto dominato dal programmatic la richiesta è di maggiore semplicità e trasparenza
I rapporti commerciali tra inserzionisti e agenzie stanno rapidamente evolvendo in un contesto di mercato in cui temi come trasparenza, safety e semplicità sono diventati dominanti. A riferirlo è un recente rapporto “Trends In Agency Compensation” condotto dall’Association of National Advertisers (ANA), l’organizzazione americana che rappresenta i principali spender pubblicitari. Per la prima volta dopo diversi anni, un numero minore di advertiser sta pagando fee alle agenzie, perlopiù basate su tempi e ore di lavoro. E anche l’utilizzo di incentivi, come i bonus per il raggiungimento di determinati obiettivi è “decresciuto in modo significativo” da quando l’ANA monitora le relazioni brand/agenzie.
Prima di analizzare come stiano cambiando questi rapporti, occorre, però, operare una importante distinzione. Le agenzie lavorano attraverso due principali tipologie di fee: da una parte quelle definite “labor-based”, le quali rispecchiano le ore dedicate dagli impiegati su un determinato cliente; e dall’altro c’è il sistema delle “media commission”, in cui l’agenzia trattiene una percentuale della spesa del cliente. Secondo l’ANA sta avvenendo una transizione dalla prima alla seconda metodologia, che sta riguadagnando popolarità dopo anni di ombre. Utilizzato dal 3% degli intervistati ANA nel 2010, il modello è oggi usato dal 12% degli intervistati. A spingerne l’adozione è l’ambiente programmatic, all’interno del quale gli inserzionisti chiedono maggiore trasparenza e semplificazione. In questo senso il calcolo dei fee “labor-based” diviene più complesso quando le transazioni avvengono in real time e sono tarate su specifiche audience. In ogni caso il metodo di compenso più comune rimane quello delle fee.
Sempre più advertiser, poi, sono scettici riguardo al tema dei bonus e degli incentivi: molti trovano la questione complessa e dispendiosa in termini di tempo, così come inefficace nel migliorare i risultati generati dalle agenzie. Se il 62% dei rispondenti sostiene che questa tipologia operazionale abbia avuto un impatto positivo sulle performance delle agenzie, la quota di chi invece reputa gli incentivi negativi è aumentata dal 13 al 22%. L’esigenza di fare chiarezza sui rapporti con le agenzie ha comportato la revisione di molti contratti uno dei casi più eclatanti è rappresentato dalla multinazionale Procter & Gamble, che sta tentando di diminuire i propri partner in campo programmatic lavorando solo con quelli certificati.