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Gen Summit 2017, Giornalismo 360: protagonista è la realtà. Vera

Autore: Redazione


Appunti dal GEN Summit 2017: Louis Jebb nel 2014 ha fondato Immersiv.ly. Ora insegna i segreti dell’informazione VR. E dell’Italia dice che…

a cura di Claudio Semenza e Anna Maria Beatrice Semenza

Louis Jebb è un pioniere delle news in realtà virtuale. Londinese, giornalista (un passato nelle redazioni di The Spectator e The Independent), tre anni e mezzo fa ha fondato Immersiv.ly, l’agenzia che nell’ottobre 2014 ha realizzato uno dei primissimi servizi di giornalismo 360. Lo abbiamo incontrato a fine giugno al GEN Summit di Vienna, dove è stato uno dei protagonisti del VR Studio, l’area dedicata al Journalism 360.

«Per la nostra prima sperimentazione volevamo qualcosa di spettacolare - ricorda Jebb - e scegliemmo le manifestazioni pro-democrazia di Hong Kong. A girare tutto fu Edward Miller. Da solo. E imparammo subito molte cose sulla realtà virtuale».

Quali?

«Che è un linguaggio del tutto nuovo, un media potente e intimo allo stesso tempo - dice Jebb -.  Ad esempio: il momento chiave di  Hong Kong Unrest è quando filmiamo la polizia che attacca la folla con gli sfollagente e lo spray al peperoncino: una testimonianza drammatica. Al tempo stesso, però,  osservando la scena a 360 gradi si potevano vedere persone poco distanti che assistevano tranquille agli scontri e che continuavano quasi indifferenti le loro attività quotidiane. Il video 360 ti dà l’intero contesto, anche la normalità a due passi dalla anormalità della storia che vorresti raccontare. Questa è stata la prima interessante scoperta».

Vuoi dire che il giornalista non può far passare solo il messaggio “spettacolare”, quello che funziona di più?

«Esatto, la storia è completa, proprio a 360 gradi. E per certi versi incontrollabile».

Più vera, quindi

«Un altro grande insegnamento ci è arrivato da un esperimento di reportage di viaggio che facemmo a Los Angeles. Volevamo raccogliere le storie di persone diverse e all’inizio procedemmo come da manuale: il giornalista con il microfono e le persone da intervistare, una dopo l’altra. Ma non funzionò, fummo costretti a cambiare format. Decidemmo di provare a mettere le persone, sole, davanti alla telecamera a 360, a raccontare le loro storie sulla base di domande che avevamo anticipato a ciascuno di loro. Erano autoritratti. E scoprimmo una cosa che ci stupì molto: lasciate sole davanti alla telecamera, con le loro parole, le persone raccontavano storie più affascinanti e coinvolgenti».

Meglio senza mediazione?

«Sì. O, almeno: in questo caso sì. E c’è un motivo. Quando giri un video a 360 gradi stai chiedendo a chi lo guarderà di mettersi al centro della scena, di essere come il sole al centro del sistema solare. E sai cosa conta moltissimo, per chi si immerge nel video? Conta quello che ha vicino a sé. Che deve essere il più coinvolgente possibile. Una persona che si racconta a una telecamera, di fatto, si racconta a te che guardi, non parla con un giornalista. E’ molto più diretta. Il giornalismo VR non è del giornalista, non è del regista. È di chi guarda. E c’è di più: se ciò che hai vicino è coinvolgente, ti accompagna nell’esperienza immersiva, e potrai godere meglio anche di ciò che è dietro e attorno, lontano da te. Ecco: direi che quando si realizza un video a 360 l’aspetto più importante da curare è ciò che c’è in primo piano. In secondo luogo ciò che c’è molto lontano da chi guarda: un bel contesto, spettacolare, completa l’esperienza intima di primo piano».

Tu organizzi workshop di Journalism 360, supporti le redazioni che vogliono iniziare l’esperienza di realtà virtuale. È stato ed è facile convincere i giornalisti a adottare la realtà virtuale?

“Ho amici in alcune delle più importanti redazioni, e non per tutti il percorso è stato lo stesso. Prendiamo due esempi importanti: il New York Times e Euronews. Per introdurre il giornalismo 360 in queste newsroom hanno deciso di rendere tutto il più semplice possibile, dotando i giornalisti di telecamere facili da utilizzare e che anche i normali consumatori possono usare senza fatica. Allo stesso modo le linee guida da seguire per realizzare il prodotto devono essere poche, semplici e chiare: nulla di complicato.  È interessante poi vedere quali sono le figure professionali più adatte a convertirsi al 360: i radiogiornalisti, perché saper pianificare bene un audio è fondamentale per questo tipo di video, e i fotogiornalisti. E’ vero che il fotoreporter lavora spesso sulla velocità dello scatto e sul particolare, mentre la prospettiva del 360 è decisamente più ampia. E anche vero però che saper cogliere l’essenza di una scena o di un evento è fondamentale per la buona riuscita di un video in realtà virtuale che, come detto prima, deve trasmettere empatia e coinvolgere”.

Molti sostengono che il giornalismo 360 sia costoso.

«Certo, può esserlo. E lo è stato, all’inizio. Ma sta diventando sempre più abbordabile. Ci sono sul mercato telecamere a poche centinaia di euro, come quelle che usano alcuni giornalisti del New York Times, utili per prendere confidenza con il nuovo linguaggio. E molti dei software per l’editing e la postproduzione stanno diminuendo di prezzo. In alcuni casi sono gratuiti. La situazione è molto migliorata, i costi sono scesi e continuano a scendere».

Ultima domanda: Louis, hai mai parlato con qualche editore italiano di un progetto in realtà virtuale?.

«Non ho ancora parlato con un giornale italiano di video 360. Ma spero di poter fare presto qualcosa, perché in questo momento la collaborazione è la cosa più importante. Potremmo cominciare magari da un workshop di Journalism 360, per mostrare come si può diventare giornalisti per la realtà virtuale. L’Italia è un paese adattissimo al 360: per le sue cattedrali, le sue piazze, e anche le persone, che possono raccontare le loro storie».


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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