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Alla Milano Digital Week, H2H racconta e illustra la città del futuro

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Gli ecosistemi digitali esistono già. Le aziende devono solo essere stimolate a individuare il valore all’interno del network. Di questo, e molto altro, si è parlato al workshop “Smarter non just faster: approcci vincenti alla città del futuro”

“Nel 2018 le Smart City sono un’utopia. La tecnologia deve ancora farne di strada!”. In realtà, non è proprio così. La tecnologia c’è eccome, quello che manca è la cultura del digitale, è pensare con una mentalità ecosistemica. Insomma, gli strumenti sono in mano a molti, serve capire come utilizzarli. Secondo Gartner, nel mondo ci sono 4 miliardi di oggetti connessi, e tra soli due anni saranno 25 miliardi «di cui 10 relativi alle Smart City», ha affermato Paolo Romiti, presidente e ceo di H2H, durante l’evento organizzato dall’agenzia di marketing e comunicazionenel contesto della Digital Week milanese. Il tema delle città connesse è un enorme cappello a una infinità di applicazioni verticali, che però devono essere sviluppate tenendo bene in mente il concetto base dell’armonia tra i sistemi: “Ogni elemento può integrarsi a qualunque altro elemento, purché l’integrazione generi valore per entrambi”. Ciò che si ottiene è un ecosistema che stimola una catena del valore capace di coinvolgere aziende e consumatori.

Marketing

Per creare valore bisogna intercettare i bisogni dei consumatori e provare a soddisfarli. Nel marketing questo si rivela estremamente difficile a causa della frenesia con cui gli utenti cambiano il loro comportamento: la proposta di prodotto non può più avvenire solo dopo l’analisi dei bisogni, è necessario prendere ulteriori provvedimenti. Acquisisce fondamentale importanza il content marketing, con cui “connettere i consumatori con i prodotti in modo emotivo. In questo senso bisogna considerare che i bisogni dei consumatori saranno cangianti e classificarli in cluster statici diventerà impossibile. Il marketing di massa deve diventare il marketing di una massa di nicchie, come ha detto Chris Anderson. La frontiera è il marketing predittivo, che nel processo per arrivare alle Smart City passa in prima linea», ha spiegato Romiti.

Proprio per la rapidità con cui gli utenti si spostano da un canale all’altro, considerare i social media come “uno dei canali, e non l’unico, diventa molto importante. Le strategie devono essere multichannel, devono adeguarsi alla digital transformation, avere forti componenti visual e una flessibilità che permetta operazioni in real time”, ha continuato. La relazione tra dati e creatività continuerà ad essere indispensabile, perché “non esiste un’attività di marketing fatta bene che non abbia una forte componente creativa, nonostante l’importanza dei dati. Le agenzie devono stare attente a non concentrarsi troppo sui dati, dove altri player come le società di consulenza sono molto più forti, e mantenere un alto focus sulla creatività, dove le stesse si stanno, comunque, attrezzando», ha concluso.

L’esperienza di Elite

Se la cultura del networking sta alla base delle città connesse, nulla al loro interno è tenuto a non attenersi al diktat. E proprio su questo concetto Elite affonda le sue radici. La struttura, che offre supporto alle imprese in tutte le fasi del loro ciclo di vita, supporta i loro progetti attraverso un network internazionale, fonti di finanziamento diversificate e percorsi di training dedicati. “Il percorso che offriamo alle aziende si compone di una fase di training, ovvero un allineamento dell’organizzazione agli obiettivi , una fase di coaching, in cui ne guidiamo l’implementazione, e una di creazione del valore, durante la quale hanno accesso a un ventaglio di opportunità, tra cui networking e capitali”, ha spiegato Luca Peyrano, ceo di Elite.

Tra le ambizioni della società ci sono “l’integrazione di servizi in una piattaforma digitale unica e aperta, digitalizzare la raccolta del capitale con strumenti, standard e prodotti finanziari e creare una community internazionale di aziende, investitori e partner”, ha sottolineato. Quest’ultima, ad oggi, conta 759 società distribuite in 28 Paesi, capaci di produrre 57 miliardi di euro di fatturato aggregato, lavorando in 34 settori con 260.000 dipendenti. Internazionale sì, ma con una mentalità glocal, “perché avere in comune la cultura facilita i discorsi sul business”. L’infrastruttura, infatti, è suddivisa in una parte comune a livello internazionale e un’altra localizzata, in modo da avvicinarsi al linguaggio di ogni imprenditore. Visione locale confermata anche dal breakdown sul network lombardo, composto da 167 società, che producono 29 miliardi di euro (fatturato aggregato) e danno lavoro a ben 75.000 persone impegnate in 29 differenti settori.

Un momento dell'incontro
Mobilità Mercedes

La velocità del cambiamento aumenta sempre più, tanto che nei prossimi vent’anni “avremo lo stesso numero di novità degli ultimi trecento”, ha affermato Olimpia Schiavone Panni, Digital & Social Media Manager di Mercedes Benz Italia. I driver della nuova era saranno urbanizzazione, digitalizzazione, sostenibilità e individualizzazione. “In Europa, il 70% della popolazione vive in un contesto urbano, e nel mondo il 60% delle persone abitano in città”. Le metropoli devono, quindi, ripensare ai propri standard per rendere vivibili le loro aree. “L’individuazione si configura nella volontà dei consumatori di ricevere offerte su prodotti rilevanti, di cui ne percepiscano immediatamente l’utilità, e questi devono essere comunicati con il linguaggio che preferiscono”. È il digitale ad aver accelerato questo processo, “un mondo, quello tecnologico, di cui non possiamo più fare a meno”. La sostenibilità è legata alla cultura della sharing economy, al fatto che “tra possesso e condivisione si svilupperà una nuova area. L’auto sarà connessa, autonoma, condivisa ed elettrica. La connessione sarà verso la casa madre, ma anche tra veicoli di produttori diversi. L’auto sarà un luogo dove guadagnare tempo «il terzo living, dove fare cose che ora, guidando, sarebbe impossibile. Dal lavorare al leisure time”.

L’importanza del “pensiero a ecosistema”

“Oltre le API ci sono gli ecosistemi digitali. Agganciando le API in un ecosistema regolato si sblocca business value aggiuntivo”, spiega Maurizio Brioschi, Digital Enterprise Division di Cefriel/Politecnico di Milano. Una volta sviluppato il silos, con le relazioni, anche digitali, si sblocca il valore. I flussi diventano prodotti, bisogna solo capire “come utilizzare i dati di terzi. Poi è possibile sviluppare contatti commerciali con i partner”. Alcune aziende possiedono dati utili ad offrire servizi complementari e supplementari, proprio come gli orari dei treni sono complementari ai parcheggi intorno alla stazione, e la condivisione di questi produce valore ad entrambe le company e ai consumatori. Questo succede tra due aziende, ma anche tra un gruppo più grande. Gli unici ostacoli allo scambio dei dati sono l’individuazione del valore - quindi, come utilizzarli - e la giustificazione di un vantaggio per le aziende terze conseguito attraverso i propri dati. Lo strumento con cui costruire le partnership è il tavolo di lavoro.

Bisogna riunirsi e parlare dei progetti e dei vantaggi reciproci, ed è “fondamentale che il metodo utilizzato per realizzare gli accordi sia basato sulle regole”, ha aggiunto Brioschi, che ha sviluppato l’ecosistema E015 in occasione di Expo Milano, tuttora attivo. Le regole stanno al centro del tavolo, sono condivise, e le operazioni supervisionate da un team dedito a far funzionare l’ecosistema. I silos, sviluppati conformemente alle regole, entrano a far parte del catalogo e gli altri servizi digitali che sono interessati a stabilirvi connessioni possono, così, introdurli nell’ecosistema. “La tecnologia è pronta per queste operazioni”, tanto che “abbiamo attivato già diversi tavoli di lavoro in tutta Itali”. L’unico limite sta “nella creatività delle aziende e nella loro capacità di individuare opportunità in questo tipo di connessioni. Le opportunità ci sono, e sono enormi”. La vera sfida non è nella tecnologia, e nemmeno nella creatività: “la vera sfida è imparare a pensare a ecosistema”.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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