In un anno di grandi cambiamenti, dalle Cannes Predictions 2018 emerge uno stile rivoluzionario. E cinque temi chiave che spaziano da spettacolarizzazione e agilità a personalizzazione e spontaneità
Leo Burnett Worldwide ha pubblicato la sua 31esima edizione delle Cannes Predictions, individuando i primi venti concorrenti più gettonati in vista della 65esima edizione del Festival Internazionale della Creatività, che si terrà dal 18 al 22 giugno. Negli anni le previsioni, curate da Mark Tutssel, Worldwide Executive Chairman & Global Chief Creative Officer di Leo Burnett, hanno registrato una precisione di quasi l’85%. Tutssel tornerà come Presidente di giuria per la quinta volta quest’anno, presiedendo, inn particolare, i nuovissimi “Sustainable Development Goals Lions”. “È un anno entusiasmante e pieno di cambiamenti a Cannes, con nuove premiazioni semplificate che ci consentiranno di essere più concentrati che mai sul riconoscimento della creatività audace”, ha dichiarato Tutssel. L’elenco Cannes Predictions riflette anche le tendenze globali che alimentano il settore. Quest’anno ne sono emerse cinque, in particolare:
L’epicità in episodi
Come sono diventate già dei cult due campagne che si contendono fortemente i premi di quest’anno come “Nothing Beats a Londoner” di Nike o “It’s a Tide Ad” di P&G? A quanto pare uno dei loro punti forti, oltre ad essere state brillantemente eseguite, è che sono composte da tante piccole storie cucite insieme senza soluzione di continuità, capaci di dare vita a narrazioni dall’impatto culturale a dir poco “sismico”.
Lo storytelling “umano”
L’emozione della narrazione umana è fiorente in tutti i lavori di quest’anno come in queste due favorite: “Mum’s Birthday” di Cadbury, dove una bambina intenerisce un negoziante cercando di acquistare una tavoletta di cioccolata per la sua mamma; o come “The Talk” di P&G, dove non appare alcun prodotto ma piuttosto un tema molto toccante, che vede dei genitori di colore affrontare l’annoso compito di spiegare ai propri figli il significato della discriminazione razziale.
Spettacolarizzazione visuale
Molte comunicazioni di quest’anno sono caratterizzate da visual di forte impatto e da livelli di produzione, direzione artistica ed esecuzione davvero impeccabili. Come in altri due grandi favoriti: in “Clowns”, di Audi, una troupe di giullari alla guida scuote la strada nonostante i pericoli del traffico, ma la tecnologia dei veicoli Audi supera abilmente le buffonate, dimostrando che il marchio è “a prova di pagliaccio”. In “Welcome Home”, il suono dell’altoparlante HomePod di Apple prende vita attraverso una performance della cantante e ballerina FKA Twigs e un’impeccabile regia di Spike Jonze. Arrivata a casa dopo una giornata triste, l’interno della sua casa diventa un colorato paese delle meraviglie grazie alla musica.
Agilità e tattica
L’agilità non è mai stata così critica per i marketer, e la collezione di lavori di quest’anno dimostra che i brand stanno tenendo il passo, cogliendo momenti in tempo reale e attingendo alla cultura per sfruttare opportunità tattiche come mai prima d’ora. Da “Now or Never”, di Orange Telecom, che coglie la febbre della Coppa del Mondo e la lunga attesa della Nazionale egiziana, fino a Burger King che sfrutta la paura collettiva verso i clown nel suo spot “Scary Clown Night”, i brand vincenti sono quelli che sanno muoversi alla velocità della cultura.
Spontaneità e personalizzazione
La spinta pervasiva del settore verso la personalizzazione si manifesta in diversi modi quest’anno con moltissimi lavori che hanno fatto dell’impatto della spontaneità un vero e proprio plus. Lo spot “Snaptivity App” di Snaptivity ha sfruttato l’infrastruttura di telecamere abilitate per l’AI negli stadi per fornire foto uniche ai fan, scattate nei momenti chiave delle partite di calcio. In Nuova Zelanda, Pedigree è entrata nel business degli accessori per cellulari con il “Pedigree SelfieSTIX”, che cattura l’attenzione dei pet per un selfie perfetto. Il National Safety Council, in “Prescribed to Death”, ha presentato immagini in 3D delle 22 mila persone che sono morte per overdose da prescrizione negli Stati Uniti, dando un volto umano a un’epidemia in in modo indimenticabile.