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El Pais: “Video? Costa, ma è il futuro delle news”

Autore: Redazione


L’intervista di DailyNet a Carlos de Vega, responsabile della Dipartimento Video della testata, illustra quella che definisce una rivoluzione culturale

di Claudio Semenza
Nella redazione di El Pais di Calle Miguel Yuste, a Madrid, il cuore è un piccolo studio televisivo con le pareti a vetri. Dai loro desk le oltre trecento persone che ogni giorno lavorano ai contenuti del primo quotidiano spagnolo possono vedere, dietro quelle pareti, i colleghi del video impegnati nelle dirette per il sito o per i social. “Negli ultimi tre anni c’è stata una vera rivoluzione culturale - ci dice Carlos de Vega, alle spalle una carriera da corrispondente dagli Stati Uniti e inviato della CNN, ora responsabile del Dipartimento Video a El Pais -. Adesso chiunque in redazione sa che il video è importante. Prima si pensava solo alla carta stampata, al testo scritto. Ora tutti si domandano: come posso farmi aiutare dalla divisione video per raccontare meglio la storia alla quale sto lavorando?”. Lo dimostra anche la collocazione al centro della newsroom dello studio di registrazione, modernissimo e attrezzato con telecamere robotizzate: “abbiamo fatto una trasformazione completa degli spazi, perché volevamo che la centralità di video fosse un messaggio chiaro. Poi abbiamo creato un team di venti persone dedicate solo a quello. Ma il cambiamento forse più importante è stato quello tecnologico. Molte novità sono arrivate in redazione proprio grazie a video: il player di YouTube, che ora è il nostro player video ufficiale, le antenne per ricevere le immagini delle agenzie, tutte le attrezzature della control room, che ci consentono di registrare e di andare in diretta. E’ stato un grande salto in avanti”. Quanti video producete ogni mese? «Circa 1200. E la produzione è complessa, perché non abbiamo solo un canale di distribuzione: produciamo per il nostro sito, per Facebook, per Youtube, per Twitter e in alcuni casi creiamo produzioni ad hoc. Ogni audience è diversa. Così in un solo mese, come ci succede di recente, capita di contare 140 milioni di video start, se si considerano tutte le piattaforme sulle quali distribuiamo i nostri video». Carlos de Vega Producete tutto internamente o vi affidate anche a esterni? «La maggior parte dei contenuti è prodotta internamente, dal nostro team, usando fonti come agenzie di news: Reuters, Efe, Atlas, Getty. In alcuni casi chiediamo a freelence, in altri casi a agenzie di produzione di confezionare alcuni video per noi, ma è raro. Noi non siamo una tv, non abbiamo un ciclo di news di 24 ore da alimentare, così la maggior parte del contenuto è controllato dal team video». Cresce sempre più l’accesso al web da mobile e cresce anche il consumo di video via mobile. Come affrontate questo fenomeno a El Pais? «Il problema principale è il consumo del traffico dati attraverso mobile - dice de Vega -. Produrre video che non consumino troppi dati: è una delle sfide che stiamo affrontando, perché il 71% del traffico di El Pais arriva da mobile. In questo ci aiuta molto lavorare con altre piattaforme di distribuzione: Facebook, Youtube sono operatori attraverso i quali gli utenti possono vedere video senza consumare troppo. La seconda sfida è trovare un linguaggio video che ben si adatti al mobile: un esempio sono i video a 360. Non funzionano molto bene sul pc, ma sul cellulare sì. E questo è qualcosa a cui stiamo lavorando. Poi ci sono altri aspetti da tenere in considerazione, con uno schermo così piccolo: la grafica adatta, caratteri più grandi e font leggibili. Insomma: è impegnativo, ma necessario, perché sappiamo che i nostri utenti arrivano soprattutto da lì». E la durata dei video? Da voi funzionano meglio i long-form o i formati brevi? «È un misto dei due, ma ci sono alcune differenze: due o tre anni fa, se me lo avessi chiesto, ti avrei detto che i video devono durare un minuto o addirittura meno. Ora invece notiamo che la tendenza è di consumare video più lunghi, prodotti molto bene e che raccontano storie importanti. A El Pais stiamo sperimentando anche questa strada. E in effetti le piattaforme come YouTube stanno tentando di spingere i long-form, documentari, grandi produzioni e programmi di qualità, e anche Facebook sta affiancando ai video brevi gli show televisivi. Direi quindi: video più lunghi che in passato e produzioni più curate». Mi citi spesso Facebook e Google: per gli editori sono amici o nemici? C’è un po’ di confusione. Qual è la posizione di El Pais? «Non è semplice. Noi abbiamo deciso che volevamo aprire i nostri contenuti a tutte le piattaforme serie che volessero collaborare con noi. E’ vero: da una parte abbiamo perso qualcosa in termini di controllo della distribuzione dei nostri contenuti: dipendiamo da Google, Facebook, Twitter. Ma dall’altra le nostre audience sono cresciute molto. Abbiamo avuto e abbiamo la possibilità di contattare più persone. In fondo El Pais è un network internazionale, noi vogliamo raggiungere utenti non solo in Spagna, ma anche in America Latina e nel mondo. Così per noi la tecnologia che ci arriva da Google e Facebook è essenziale per crescere. La nostra opinione è che aumentare i volumi di traffico attraverso più canali di distribuzione aiuti anche il brand a farsi conoscere: ci sono persone che attraverso Facebook e Google hanno conosciuto El Pais e ora arrivano direttamente a noi attraverso il nostro sito». Parliamo di monetizzazione. Video è considerato un contenuto premium, che rende più di altri. Qual è l’esperienza di El Pais? «In prospettiva è vero, ma ci stiamo lavorando. Video è ancora troppo costoso, e i costi di produzione sono al momento maggiori dei ricavi. L’equilibrio non è ancora raggiunto, ma allo stesso tempo crediamo fermamente che questo sia il futuro. Video è qui per rimanere, e sarà il maggior canale di monetizzazione per noi. Certo, ci sono alcune cose che devono cambiare, e non parlo solo della quantità di soldi che spendiamo in video. Per esempio: deve crescere la cultura digital anche nel mondo della pubblicità che troppo spesso pensa ancora molto alla tv, al video classico, e non capisce bene come funziona invece sul web. Come detto, bisogna insistere: le risorse arriveranno sempre più da lì». C’è chi invece, come il New York Times ad esempio, ha intrapreso con successo la strada dei contenuti a pagamento. Ci state pensando? «Qui a El Pais è un dibattito aperto. La logica dice: se fai un lavoro di qualità, è giusto che l’utente paghi per quel contenuto. E questa potrebbe essere una facile equazione. Ma è vero che la tradizione nel mercato digital spagnolo è di dare informazione gratis e questa impostazione è difficile da cambiare, è difficile fare il primo passo. A El Pais ci abbiamo lavorato parecchio per anni, ma per il momento abbiano deciso di non passare al paywall e di rimanere sul free. Certo: questo potrebbe cambiare in futuro, perché produrre contenuti di qualità costa. Ma vogliamo muoverci con cautela, non fare passi azzardati dei quali poi potremmo pentirci».          

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 17/04/2024


VEKA Italia affida il rebranding a Gruppo Icat: dalla strategia alle declinazioni above e below the line

Semplicità e memorabilità: queste le due parole chiave attorno alle quali Gruppo Icat ha pensato bene di costruire il percorso di rebranding per VEKA Italia, leader del mercato mondiale nel settore della produzione di profili per serramenti in PVC, un gruppo che a livello internazionale opera attraverso le sue 46 sedi distribuite in ben quattro continenti. Quello dei serramenti rappresenta, infatti, un mercato particolarmente complesso e ricco di competitor, contesto all’interno del quale fare la differenza con una comunicazione in grado di arrivare al pubblico in maniera chiara e diretta rappresenta una tappa fondamentale. Il DNA razionale di VEKA, il suo know-how, la sua affidabilità costituiscono d’altro canto il potenziale attraverso cui l’azienda può fornire - ed essere essa stessa - la risposta perfetta ai bisogni del consumatore italiano, in un background valoriale che le permette di essere riconosciuta in tutto il mondo per la sua qualità, sicurezza e fiducia. Un potenziale scandito dalla stretta collaborazione con Icat, a cui già da tempo è stata affidata la comunicazione del marchio, in maniera sempre più ampia, coordinata e completa. La comunicazione A partire dal 2021, Gruppo Icat ha ideato per questo cliente campagne di comunicazione integrate - che si sono aggiudicate premi di settore tra cui due importanti riconoscimenti Mediastars - basate sul concept “La Migliore Vista sull’Italia”, elevando la comunicazione di marca e ponendo l’accento sugli aspetti emotivi e tecnici dei serramenti del network di esperti artigiani italiani che utilizzano i profili firmati VEKA, un brand che è la sintesi della tecnologia tedesca e dell’artigianalità Made in Italy. All‘interno del piano di comunicazione l’idea è stata poi declinata nella campagna multisoggetto OOH e DOOH, in cui gli infissi si presentano come la cornice perfetta e inaspettata per mostrare le viste più iconiche del nostro Paese. Attraverso questa strategia comunicativa, VEKA ha iniziato a rivolgersi in maniera diretta e trasparente al consumatore finale, per mostrare senza mezzi termini la qualità e la longevità dei propri prodotti; oggi la multinazionale è pronta per compiere un ulteriore e importante passo, rendendo ogni Premium Partner, oltre che un garante della costante qualità con cui VEKA si mostra alle persone, un vero brand ambassador dal punto di vista valoriale e professionale. Si tratta infatti di un marchio di fabbrica che, sin dalle sue origini, ha saputo collocare e diffondere nel mondo del design la propria value proposition, imperniata prima di tutto su Made in Italy, artigianalità e tailor made, gli stessi valori condivisi da tutti i partner VEKA. I commenti “Essere scelti e riconfermati dai clienti per guidare la loro comunicazione a 360° è per noi sempre un onore, ancor prima che un onere - spiega Claudio Capovilla, Presidente Gruppo Icat -, soprattutto nelle fasi salienti dell’evoluzione di un marchio che sono le più delicate e importanti sotto molteplici punti di vista. Per questo abbiamo pensato di partire dall’essenza di questo brand, indiscusso protagonista nel mondo dei serramenti, e del suo bagaglio valoriale, per sfrondare l’approccio comunicativo rendendolo essenziale e diretto. Siamo partiti da qui per elaborare il nuovo logo, rinnovare l’imprinting grafico e conferire freschezza agli stilemi narrativi, che andremo poi ad adattare a tutti gli strumenti di comunicazione online e offline”. Graziano Meneghetti, Direttore Commerciale VEKA Italia, aggiunge: “Il momento di svolta che stiamo vivendo all’interno del mondo VEKA testimonia il fervore che ha sempre caratterizzato il brand sin dalle sue origini e che fa parte del nostro DNA, perché la nostra è un’azienda in continua evoluzione, capace non soltanto di plasmarsi in base alle mutevoli esigenze del mercato ma anche di diventare un vero e proprio leader del cambiamento. Una capacità di innovazione che trova espressione in una fitta rete di partner altamente professionali con cui condividere i valori che ci identificano. Un network d’eccellenza che, da oggi, diventa ‘Veka Premium Partner’ su tutto il territorio nazionale. Stiamo progettando un futuro ricco di novità, di cui questa rappresenta soltanto l’inizio”.  

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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