Con un intervento che ha rappresentato un perfetto esempio di storytelling, l’attore ha sviluppato una panoramica sulla comunicazione e sullo sviluppo prodotto, mettendo al centro il consumatore
Will Smith ha preso posto in un vero e proprio tripudio. Il suo attesissimo intervento non avrà proposto indimenticabili suggerimenti a livello strategico, ma non è stato nemmeno banale, come i frequentatori di lungo corso delle conferenze si sarebbero attesi da un attore, sebbene del suo calibro. A colpire, però, è stato il secondo livello, quello dello storytelling. Non era certo quello il tema dell’intervento, ma è stato lo strumento con cui Will Smith ha attratto a sé il Lumiere Theatre, pieno fino al tutto esaurito. I concetti sono emersi con l’avanzare delle storie, dei momenti di vita vissuta, divertenti ma sempre con una morale. O meglio, con un forte gancio alle mosse di marketing successive. L’intervento è stato, grazie anche alle imbeccate di Jackie Cooper, Global Chair e Creative Strategy di Edelman, sul palco con lui, un misto di risate, sorrisi e pensieri, un moto perpetuo e magnetico che cattura le attenzioni dei partecipanti prima di passare, al momento di massimo coinvolgimento, allo step successivo del suo percorso logico. Che è parallelo a quello della sua vita.
Ecco come Will Smith è diventato Will Smith
«Quando ero piccolo scrivevo canzoni rap su un quadernino che conservavo gelosamente. Una volta mia nonna l’ha trovato e nell’ultima pagina ha lasciato un messaggio: non dovresti esprimerti con tutte queste parolacce se vuoi che gli altri ti ascoltino con attenzione. Firmato: la nonna. In quel momento ho capito che non scrivevo solo per me, ma avevo un pubblico! - spiega l’artista, perché oltre che cantante è anche attore e regista, imprenditore, filantropo e produttore musicale -. Mio padre è un grandissimo storyteller, e assistendo ai suoi racconti mi sono accorto che la fisical comedy produce rappresentazioni più efficaci della verbal comedy»; e così è diventato un attore, scoprendo nuovi linguaggi comunicativi. Ora, i mezzi in suo possesso erano sufficienti per iniziare a creare anche dei film, che non sono altro che prodotti. «Non concepisco il metodo di chi esordisce dicendo: sarebbe bello fare iniziare il film con un uomo che entra in una stanza buia. Prima bisogna pensare al cuore della storia, alla reason why. E lo stesso vale per i beni di consumo. Bisogna impegnarsi a capire di cosa hanno bisogno i consumatori invece di creare il prodotto fine a sé stesso. Il focus deve passare dal prodotto alle persone, altrimenti si finisce per avere in mano oggetti senza alcun selling pitch; e non si provi nemmeno a cercare di usare qualche trucco per spingere il cliente all’acquisto. Ormai sono i consumatori ad avere il potere in mano. Ci vuole pochissimo perché prendano il telefono e dicano ai loro amici: guarda che questa cosa fa schifo! Così come sarebbe successo agli spettatori di Wild Wild West se ci fossero già stati gli smartphone. La qualità dei prodotti è un fattore ormai del tutto indispensabile».
Will Smith testimonial per la prima volta
Sebbene sia un personaggio di grande fama, Smith non ha mai prestato l’immagine per scopi pubblicitari, “ma sono aperto a offerte” scherza con la folla composta da marketer e agenzie. Se non per un’unica eccezione: c’è lui dietro il brand Just Water, che produce bottiglie di acqua biodegradabili all’80%. “L’idea parte da mio figlio, che un giorno, preoccupatissimo, è venuto da me e ha detto: ho scoperto che nell’oceano ci sono isole di bottiglie di plastica, è terribile! Io gli ho detto di informarsi e di attivarsi per risolvere il problema, e lui è andato a scuola, dai suoi insegnanti, per capirne di più. Secondo me, per la costituzione di un prodotto bisogna pensare a come cambierà la vita della gente. Se la risposta è positiva non importa se il prodotto è già di fascia altissima o se la raggiungerà passo dopo passo. L’importante è che aiuti in qualche modo tutti quelli che lo usano. E in questo caso anche chi non lo usa. Quando un’idea risponde a queste necessità, quello che ne deriva non è mai un fallimento”.