Il Founder e Ceo del network pubblicitario francese che controlla Quantum a colloquio con DailyNet: dagli OTT al GDPR, dalla UX a una nuova proposta commerciale fino all’associazione ACSEL
A Milano per partecipare al convegno “Internet Media, avanti tutta, ma avanti tutti?”, organizzato dal Politecnico, Cyril Zimmermann, Founder & CEO di AdUX, capogruppo di Quantum, ha dialogato con DailyNet su alcuni dei grandi temi che caratterizzano il mercato del digital advertising. Dagli OTT al GDPR, dalla user experience al rinnovamento della proposta commerciale della società fino all’associazione ACSEL, Zimmermann offre un interessante spaccato dello stato attuale dell’industry.
Durante l’incontro si è parlato ampiamente della concentrazione del mercato, cosa ci dice a riguardo?
La concentrazione del mercato pubblicitario digitale è un dato di fatto, da diversi anni. Prima c’erano altri attori, come AOL e Yahoo, oggi i protagonisti sono Facebook e Google. È una cosa normale che la parte più grande della torta sia assorbita da pochi operatori. Non c’è niente di nuovo, a parte che la rosa degli Over The Top è costituita solo da pochi colossi, che si spartiscono circa il 75% degli investimenti in advertising. Per questo tutte le altre aziende, compresa la nostra, devono reinventarsi e adattare la propria offerta a partire da questa situazione.
Cosa si può fare in concreto?
Dobbiamo renderci conto che è importante collaborare con loro: dobbiamo sviluppare le capacità necessarie, a livello legale e tecnico, per creare qualcosa che non sono ancora in grado di offrire. Per esempio, Facebook e Google sono piattaforme pienamente automatizzate, non interessate al campo della creatività. E quello che abbiamo fatto in AdUX è stato costituire un Branded Content Studios, i cui contenuti vengono poi amplificati su tutti i social, compresi Twitter e Instagram. Abbiamo costruito anche una DSP capace di raccogliere tutte le richieste di bid provenienti da terzi come Google, Twitter, MoPub, AppNexus, analizzarli e collezionare i segnali che più ci interessano, per esempio in logica geolocal. In questo senso chiediamo che sul fronte legale ci sia la garanzia di poter fare business con questi giganti e con tutto l’ecosistema, che deve essere aperto e dare a tutti la possibilità di crescere.
A proposito di temi “legali”, è da poco entrato in vigore il GDPR, qual è la vostra posizione?
Il GDPR è una grande opportunità per tutta la comunità europea. A livello di tracciamento, però, non cambierà molto per quanto riguarda le opportunità di business perché l’utente, ad oggi non ancora adeguatamente informato su questa tematica, accetterà di donare il consenso al trattamento dei suoi dati senza porsi troppe domande. In AdUX abbiamo adottato un approccio unico: sappiamo di non avere le stesse capacità dei giganti dei dati, come Criteo, Facebook e Google. Non è la nostra corsa, la perderemmo. Abbiamo, dunque, deciso di servire pubblicità non a partire dal profilo del consumatore, ma dal contesto. Non raccogliamo più dati: analizziamo dunque l’environment in cui l’utente agisce, non l’utente stesso. Il contesto è il punto chiave per colpire adeguatamente le audience e realizzare campagne non invasive e soprattutto coerenti con l’interesse del target. In altre parole: non ho bisogno di sapere chi sei, ma dove ti trovi e cosa stai fruendo. È un discorso nato da un’analisi dell’ambiente competitivo in cui ci troviamo a operare e dei comportamenti dell’utente stesso.
La vostra proposizione sul mercato, dunque è fortemente incentrata sul tema della User Experience (UX). Ci può spiegare qualcosa in più?
Come detto, da alcuni anni, abbiamo deciso di non targettizzare l’utente su base dato, ma di partire dal contesto in cui si trova a navigare, attraverso l’analisi avanzata di testi, immagini, contenitori. Questo perché vedevamo le persone annoiate da formati troppo invasivi, una verità che ha portato alla diffusione su scala globale di filtri per bloccare la pubblicità. Ciò ci ha portato a rivedere la nostra offerta e a proporre formati native, in linea con gli standard della Coalition For Better Ads di cui facciamo parte, e a limitare le attività di tracciamento.
Cosa pensa della decisione di Google di introdurre l’ad blocking su Chrome, scegliendo di filtrare gli annunci non riconosciuti dalla Coalition For Better Ads?
Penso che sia una scelta giusta, che segue gli abiti dei consumatori. Tuttavia, anche in questo caso, credo ci sia bisogno di regolamentazione: occorre che qualcuno indichi la strada da percorrere quando si vogliono cambiare le regole del gioco.
Lei è anche presidente di ACSEL, cos’è?
È un’associazione che raccoglie 1800 società operanti in Francia e a livello globale. Non si tratta di un’organizzazione limitata alla sola pubblicità digitale, ma ne fanno parte anche realtà del fintech, dell’IoT, aziende tecnologiche e anche tradizionali, come per esempio Total. Questo folto gruppo si incontra periodicamente per condividere il proprio know-how e progredire in ambito digitale. I temi trattati sono i più disparati: si va dalla blockchain all’automazione fino al marketing e alla regolamentazione. L’obiettivo finale di ACSEL è proprio aiutare queste aziende, specialmente quelle meno tecnologiche a sviluppare la loro strategia digitale attraverso la condivisione di esperienze e know-how.