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AOL, Shing: «Non è più tempo di innovare, è il momento di inventare»

Autore: Redazione


L’intervista al digital prophet della compagnia, secondo cui oggi viviamo nell’epoca dell’internet of emotions

Mai quanto oggi, i dati sono un tema centrale marketing. Non importa se si stia discutendo di creatività o di target da colpire, i protagonisti della pubblicità restano sempre gli algoritmi e i dati che elaborano. In realtà, secondo David Shing, digital prophet di AOL, le persone hanno accesso a tanti tipi di tecnologie molto elaborate, «bisogna però capire come utilizzarle per comunicare i messaggi». In altre parole, «non è più il momento di innovare, è il momento di inventare», gli strumenti ci sono, ora bisogna usare fantasia e sagacia per trovare la loro migliore applicazione. Questa, dice il digital prophet, «Deve seguire la linea dell’internet of emotion. Il marketing online deve trovare il suo percorso emotivo, ormai è stato tracciato il solco per avanzare su una via diversa rispetto a quella razionale». Allo IAB Interact, “Shingy” ha spiegato a DailyNet la sua visione del marketing. Cosa intende dire per “Internet of emotions”? L’internet of emotions per me è il modo di consumare internet in un mondo in cui tutto è connesso. Se vado a correre al mattino e ho addosso device connessi, è possibile capire cosa mi spinge a farlo, se devo allenarmi per qualche gara, se corro in risposta a qualche male, o solo per sfogarmi. C’è un’emozione dietro ogni cosa che facciamo. Non sono decisioni razionali. Credo che questa sia un’opportunità di capire come umanizzare la tecnologia, in modo che la stessa umanità possa essere più felice. Siamo davanti a una sfida: abbiamo tanti tipi di tecnologia a cui le persone hanno accesso, ma non abbiamo ancora capito come metterle insieme. Per questo credo che non sia il momento di innovare, è il momento di inventare. Abbiamo gli strumenti, ora bisogna capire come farli funzionare meglio. E siccome la stessa persona ha comportamenti molto diversi bisogna capire anche quando scegliere un certo tipo di approccio. L’emozione nell’advertising è un concetto che esiste da parecchi anni. è un momento favorevole per applicarlo? Quando è arrivato il digital, sono stati creati formati pubblicitari per il direct response. Ma ora ci sono altre piattaforme che permettono davvero di arrivare a toccare le emozioni, per esempio il video. I filmati stanno subendo uno sviluppo in tante direzioni: corti, medi, lunghi, in VR, in 360 gradi. Il miglior contenuto che ricordo di aver visto è il film della Lego, che mostra i mattoncini per due ore e la gente lo guarda con grande interesse! Internet deve trovare il suo percorso emotivo, ormai è tracciato il solco per avanzare su una via diversa rispetto a quella razionale. Non si parla più alle masse ma alle nicchie. Ci faccia un esempio… I possessori di smartphone “giocano” con il dispositivi circa 80 volte al giorno e fanno un utilizzo delle app molto più frequente rispetto al mobile browser, circa l’88% delle attività sono svolte attraverso app. La maggioranza di queste non propone pubblicità, alcune perchè in abbonamento, altre solamente perchè non sono ancora riuscite a inserirle nel flow. Stando così le cose, gli advertiser sono tagliati fuori! Questi ultimi cercano di giustificare la loro posizione parlando di dati, ma non sono l’unica cosa importante. Bisogna capire come interpretare i comportamenti. Quando le persone prendono in mano il telefono cosa fanno? Rispondendo a questa domanda dovrebbero provare a supportare i loro utenti negli interessi che esprimono. Se riesci a proporre un buon servizio, che riesca anche a catturare l’attenzione, allora il gioco è fatto. Una app brandizzata che insegna a fare i numeri con lo skateboard  potrebbe esserne un esempio! Invece di guardare i video su Youtube, gli utenti appassionati potrebbero studiare i tutorial direttamente dalla app, stringendo una relazione col brand. sembra che la maggioranza dei brand mantenga posizioni conservative rispetto ai loro messaggi. La chiave per capire gli utenti, e quindi i messaggi da proporgli, è il cambiamento culturale. Un brand non può essere ok, dev’essere odiato o amato. Perchè anche essere odiati attira l’attenzione su di sè e dà l’opportunità di cambiare sotto gli occhi di tutti. Dove ha rifatto i packaging dei suoi prodotti in modo che questi assomiglino a un corpo in forma. Questo è piaciuto a molti, ma molti altri hanno alzato critiche. È comunque una reazione positiva! Ogni prodotto deve avere un lato empatico, non importa se questo sia una bottiglia d’acqua frizzante o un device connesso. L’advertising sta però prendendo una strana deriva. Le campagne di awareness – spalmate su tutti i media – e quelle di engagement dovrebbero attingere da budget differenti, e invece oggi è che tutti i tipi di creatività sono considerati uguali: sia quelle che servono a vendere il prodotto sia quelle utili a creare una connessione emotiva con il brand. Una crea un ritorno economico, l’altra un ritorno in termini di empatia. Da una parte si misura con ROI, dall’altra si misura con la sentiment analysis, che ad oggi non è ancora pronta ma la sfida è migliorarla. È possibile automatizzare l’advertising delle emozioni? Ci sono tante informazioni sull’utente. Si sa dov’è, cosa fa, quanti anni ha, cosa gli piace, e questo è un quadro che indica anche il suo stato d’umore. Ci sono allo stesso tempo però parecchie variabili su cui costruire una creatività del genere. L’AI non è ancora capace di assemblare le creatività, può solo dare insight. Con programmatic e AI è possibile consegnare il messaggio con il giusto design, e questo toglie ai creativi la preoccupazione di lavorare sui banner e lasciandogli spazio per pensare alle emozioni, alle connessioni, all’engagement profondo. La raccolta e l’utilizzo dei dati, poi, è molto importante ad aggiungere particolari e ad arricchire l’architettura emozionale della comunicazione che si vuole proporre. Ma anche il modo in cui questi vengono richiesti non può essere freddo, non si può chiedere nome, cognome e indirizzo senza alcun beneficio apparente. È una maniera che spesso spinge gli utenti a rifiutarsi di condividerle. l’AI sarà mai in grado di farlo da sola? Sospetto che possa arrivare all’assemblaggio prima o poi. Possono accedere a tantissimi dati e hanno una grande capacità computazionale, ma posso dire che è ancora molto molto presto prima che arrivi a una tale capacità.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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