Il ceo del portale online di hosting più famoso del mondo, Brian Chesky, per la prima volta protagonista sul palco di Cannes
Può Airbnb unire il mondo? Si è aperto con questo interrogativo l’intervento di uno dei suoi fondatori, Brian Chesky, in occasione del Cannes International Festival. E stando ai numeri che la società ha fatto registrare negli ultimi anni la risposta sembrerebbe essere assolutamente affermativa. Con più di un milione di ospitanti, oltre 80 milioni di ospiti e attività in 34 mila città sparse in 190 Paesi, la startup fondata nel 2008 negli States da Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharcczy si pone oggi come un punto di riferimento nel complesso ecosistema della sharing economy, dopo aver rivoluzionato definitivamente il nostro modo di viaggiare. Lo stesso Chesky, ieri per la prima volta sul palco del Lumiere Theatre, incalzato dalle domande di Joanna Coles, editor director di Cosmopolitan, ha messo in evidenza da un lato le difficoltà dall’altro la responsabilità di essere un “category creator”, spiegando inoltre come la sharing economy rappresenti una reale opportunità di crescita e di new business per tutti. E non solo per gli attori più importanti come la stessa Airbnb.
Il crowdfounding alla base del successo di Airbnb
«Inizialmente neanche i miei genitori hanno creduto nel mio progetto - esordisce Chesky - perché, come tutti i genitori, sognano per i propri figli lavori “standard” in posti sicuri. E se devo dire la verità, io stesso dopo il quarto fallimento del lancio di Airbnb avevo iniziato a dubitare della validità della nostra idea. Ciò che mi ha dato la forza di andare avanti e di crederci fino alla fine è stato il supporto di coloro che hanno deciso di investire in Airbnb attraverso azioni di crowdfounding», ha ammesso Chesky. E sono proprio le singole persone ,che in un modo o nell’altro decidono di far parte della community Airbnb, il punto di forza di quello che oggi è il portale online di hosting più conosciuto al mondo. La community, dunque, come perno centrale non solo del business di Airbnb ma anche della sua filosofia aziendale. A supporto di ciò, Joanna Coles ha mostrato alcune campagne pubblicitarie della company nelle quali emerge come entrare in Airbnb significhi innanzitutto credere nei valori dell’uomo e nella sua cultura. “Don’t go there, live there” è, infatti, uno dei più celebri claim del marchio, andato on air in una delle sue ultime campagne.
L’imperativo di Airbnb è ritornare alle origini e mettere il consumatore al centro
«Il nostro approccio è una sorta di ritorno al passato, alle origini. Mi spiego: all’inizio del secolo scorso la fiducia nelle persone era alla base di qualsiasi rapporto, umano e commerciale, non a caso mio nonno ha appoggiato il mio progetto fin da subito e senza esitazioni. Oggi, al contrario, si tende ad affidarsi più alla credibilità del brand e questo mette tutto il resto in secondo piano. E noi di Airbnb non vogliamo questo». «Sono convinto che in un mondo sempre più cosmopolita e senza barriere un ritorno alla fiducia nell’uomo, in questo caso anche del consumatore, sia la chiave per sbloccare lo stallo in cui siamo finiti», rimarca ancora Chesky, convinto che l’American Dream a cui molti ancora aspirano tutt'oggi bisogna lasciarselo alle spalle.