Tecnologie abilitanti e piani governativi per le piccole e medie imprese sono state i fulcri dell’evento milanese di ieri. «Vogliamo democratizzare l’AI» ha dichiarato CarloPurassanta. Una ricerca mostra il rapporto di queste con l’organizzazione di business e con il digitale
“L’Italia ha una storia di innovazione e imprenditorialità senza pari nel mondo. La nuova opportunità che le si presenta è investire nel futuro, nel futuro digitale”. Questa frase di Alec Ross, uno dei maggiori esperti americani per l’innovazione e autore “Il Nostro Futuro”, è un ottimo riassunto del Microsoft Forum 2017. Innovazione e imprenditorialità sono i due punti da analizzare - da far confluire - perché questo conclamato progresso digitale raggiunga anche le PMI, che rappresentano il 99% del tessuto economico italiano.
Innovazione
La proposta di Microsoft, in molti casi supportata da case history, si articola in Artificial Intelligence, Cloud e Mixed Reality. «Sono 60 anni che si studia l’AI, ma è nell’ultimo decennio che ha assunto i caratteri necessari per essere applicata ai primi task. Nell’ultimo periodo, poi, si sono verificati tre fattori decisivi: abbiamo iniziato a raccogliere moltissimi dati, è aumentata la capacità computazionale e riusciamo a creare algoritmi più precisi», spiega Carlo Purassanta, a.d. di Microsoft Italia. La combinazione di queste possibilità permette ai computer di calcolare, ma anche di produrre output in relazione all’ecosistema in cui sono inseriti. All’interno della AI ci sono alcune sottocategorie, come il Deep Learning, «la capacità dei computer di prendere decisioni in base all’elaborazione di grossi set di dati», o il Collaboration System, «la capacità di allenare una macchina personalmente, facendola imparare dall’interazione con un unico soggetto». Se questa è una panoramica sulla tecnologia, Purassanta svela anche l’obiettivo di Microsoft: «Democratizzare l’AI. Entro il 2018, la maggior parte delle persone entrerà in contatto, anche senza rendersene conto, con questa tecnologia, e le aziende dovranno essere abili a cogliere le opportunità che si delineeranno. Le persone hanno creatività e capacità relazionale, le macchine incorporano sempre più capacità di ascolto, visione e interazione e possono potenziarle grazie alle infinite possibilità di calcolo e analisi che abilitano».
I dati sono sempre più, come ormai si sente ripetere allo sfinimento nelle conferenze nazionali e internazionali, la chiave di volta del marketing. Le aziende non possono essere sprovviste di sistemi di crm e cloud computing. Le testimonianze arrivano da Dolce e Gabbana, attraverso Oscar Grignolo, CIO del Gruppo, e da Dario Scagliotti, CIO di Luxottica. Entrambi hanno parlato dei rispettivi processi di trasformazione digitale. Il colosso del fashion punta ad analizzare «l’ultimo anello della catena produttiva, il punto vendita, per capire logiche e prodotti da proporre ai consumatori. Il presupposto su cui sviluppare la nuova “Retail Platform” è l’originalità, e questa prende punto dalla territorialità. Per la costruzione della proposta diventa fondamentale analizzare i dati e pensare in modo scalabile e flessibile. Non è possibile sapere come andranno le cose in futuro, non ci sono dati che possano dimostrarlo, ma dobbiamo munirci degli ingredienti per rispondere alle sfide che ci verranno proposte. Chi sarà più pioniere e avrà gli elementi giusti a disposizione avrà successo», spiega. La catena di ottica, invece, punta sulla conoscenza del consumatore: «Conoscere i clienti è una delle cose più importanti. In questo mondo iperconnesso il consumatore vuole esprimere il suo io. Vuole riaffermarsi. Noi dobbiamo offrirgli servizi e stimoli, proponendo al meglio i nostri prodotti. Con la soluzione Cloud abbiamo iniziato a mettere insieme i dati dei sociali, quelli ambientali, quelli transazionali e tutti quelli che abbiamo a disposizione, per conoscerli con la massima precisione. Non dobbiamo perdere tempo a gestire la complessità, e in questo senso la tecnologia abilita e rende più facili i processi di analisi», afferma Scagliotti
L’unione di augmented reality e virtual reality, permette l’applicazione di elementi virtuali alla realtà. All’interno di Hololens, il dispositivo di Microsoft che svolge questa miscela, è possibile “aggiungere” informazioni, immagini, ed elementi interattivi a ciò che si vede attraverso le lenti, senza alterare le immagini reali. Il device si compone di sensori infrarossi che riconoscono oggetti nel mondo circostante, lenti trasparenti, un processore con capacità computazionali utile alla produzione di processi olografici e un sistema di “sound spaziale”, che riproduce il suono come se provenisse da un punto preciso nello spazio circostante. Le funzionalità applicative di un dispositivo del genere possono essere sfruttate a livello enterprise, culturale (nei musei) o pubblicitario, attraverso creatività o trial di prodotto.
L’intervento del Governo
In questi giorni l’argomento caldo è il Piano Industria 4.0, e durante il Forum non poteva essere ignorato. Marco Gay, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria e Vice Presidente Confindustria, interviene sul tema: «Questo piano ci offre una visione di lungo termine che dopo tanto tempo ci permette di guardare a 3 anni di distanza. L’Industria 4.0 consegna strumenti digitali sia alle aziende più grandi sia a quelle più piccole. Il programma nasce in Germania nel 2011, noi partiamo 6 anni in ritardo, ma questo ci permette di partire da standard già collaudati. Adesso c’è un treno che passa, o ci saliamo o un giorno ci guarderemo indietro e ci diremo che abbiamo perso un’opportunità. Bisogna scongiurare quest’ipotesi aiutando chi non è pronto a diventarlo. Bisogna cambiare il punto di vista su come si gestisce un’impresa. Il leader di un’impresa deve valutare tutto il ventaglio di opportunità per migliorare il suo business, deve guardare il mercato intorno a sé e scegliere il supporto necessario stando attento a rispettare tempi e budget. Non bisogna vedere le startup come qualcosa di altro rispetto alle aziende, ma come un pezzo di mercato», commenta. Anche Alessandro Seghi, Direttore Commerciale Alpitour, Villaggi Bravo e Karambola, ha abbracciato l’utilità delle startup: «Abbiamo portato diverse innovazioni al nostro business, e per molte di queste abbiamo cercato un aiuto tra le startup». Paola Cavallero, Direttore Marketing & Operations di Microsoft Italia, è intervenuta, indicando il problema dell’Italia nelle barriere culturali. «Ma ora non ci sono più alibi. Microsoft vuole costruire una conversazione con tutti quelli che vogliono salire sul treno (di cui parlava Gay, n.d.r.). Abbiamo già attivato programmi per bambini, per i consumatori e per le aziende.
L’occasione che si presenta all’Italia è importantissima e può riportare a una ripresa del Paese». Secondo Alec Ross, «la digitalizzazione ha creato migliaia di miliardi di euro di valore e centinaia di migliaia di lavori ben remunerati. Questa tendenza alla digitalizzazione è destinata a proseguire e a impattare positivamente e in modo sempre più diretto l’Italia e gli italiani. La Penisola è stata un centro di innovazione per centinaia di anni e sono certo che continuerà a distinguersi per la sua capacità creativa». Tra i suoi consigli: «Non sottovalutare l’intelligenza emozionale delle donne, capaci di rappresentare un vero valore aggiunto nelle posizioni direzionali delle aziende; dare spazio ai giovani, che non vuol dire rimuovere i manager più maturi ma aggiungere un posto al tavolo, dargli fiducia e prendersi dei rischi; Non rinunciare a rischiare, perché chi non lo fa rimane in un limbo». Purassanta aggiunge che «il Piano Industria 4.0 intende aiutare le aziende italiane a cogliere questa occasione per recuperare flessibilità e competitività ed in questo contesto i player ICT devono fare squadra con le istituzioni per promuovere una trasformazione digitale a tutto tondo. Proprio per questo, Microsoft è fortemente impegnata a creare insieme ai propri partner nuovi ecosistemi di collaborazione».
Ma le PMI sono pronte ad abbracciare la sfida?
La ricerca “Ipsos Mori – imprenditorialità e digitale”, che si basa su 12,804 interviste a dipendenti di PMI in 19 Paesi europei, cerca di rispondere a questa domanda. Gli italiani sono tra i meno ottimisti a livello continentale rispetto al futuro: solo il 46% si dichiara tale, mentre il 27% non lo è affatto (e un altro 27% “Non sa”). Solo in Grecia, in Russia e in Repubblica Ceca sono più pessimisti. Nonostante questo, la tecnologia è considerata da gran parte degli operatori delle PMI nostrane (79%) come un modo per risparmiare tempo e uno strumento che aggiunge flessibilità all’azienda (73%). Emerge un approccio “approccio evoluzionistico all’innovazione” e si delinea un nuovo modello di produttività focalizzato su qualità e artigianalità. Ma una flessibilità verso l’ignoto per quel 30% di imprenditori che hanno dichiarato di non avere un business plan (percentuale più alta d’Europa), meno per quel 29% che ne ha uno proiettato al massimo a 3 anni di distanza. Non si pianifica perché ci si focalizza su “progetti a breve termine” (23% di chi non pianifica) e perché viene considerato “un esercizio che non formalizziamo” (17%), oppure perché “Le variazioni dei flussi di cassa rendono difficile farlo” (15%). Qual è il rapporto tra digitalizzazione e crescita? Per il 47% delle risorse italiane intervistate “crescita” significa seguire le proprie passioni (divisi in 34% “perseguire le proprie passioni”, 10% “divertirsi”, 12% “ritagliarsi spazio per altri aspetti della vita”), contro un 30% che pensa a “Guadagnare più soldi ogni anno”. Ma alla fine è lo stesso motivo per cui vengono fondate le aziende: il 28% dei founder hanno deciso di aprirsi un’attività per raggiungere “un miglior work-life balance” (28%), il 26% per avere “più sicurezza sul mio futuro” e il 24% perché “avevo bisogno di un lavoro”. Il digitale, invece, è inteso prevalentemente come “automazione” (53%) - andando oltre il semplice passaggio dalla carta al computer (32%) - delle operazioni routinarie.